Guida turistica al Purgatorio / seconda parte 10) Verso la California

di PAOLO BIROLINI*

Venite via da quel sito archeologico, tutto sassi e dolori, ripercorrete la traversa all’indietro, tornate sulla Cupa e proseguite in salita, niente foto, limitatevi al pensiero pittoresco, sbirciate in qualche portone aperto. Quelli che lungo il Miglio d’Oro davano sul mare perfetto del Golfo, qui si affacciano su poche vite residue e sul ricordo di paludi infinite. Proseguite veloci prima che le paludi vi raggiungano.

Solo pochi metri e a sinistra, in continuità con le paludi, via Bonifica. Quella che si chiamava via Bonifica. Che è un blocco compatto dove hanno concentrato tutte le escrescenze di via Stadera. Migliaia e migliaia di persone stipate in un chilometro quadrato, dimentiche dei basoli e del tufo, in fuga dai basoli e dal tufo e dai pidocchi.

È da qui che si smette di dire. È da questa fuga dell’anima, dall’assenza dei morti, da questa morte a cambiali che comincia l’adolescenza del mondo, la scoperta dell’autonomia della musica, della capacità di cantare. Annotatevi i luoghi notevoli: una sala giochi con un juke-box e un tavolo da ping-pong, una sala giochi che vendeva sigarette e fumo, un bar d’angolo dal destino complicato, scantinati diffusi e per ogni scantinato un gruppo musicale: la California o Nashville o il Delta. La casa di una ragazza bionda dalle gambe ricurve, la casa di una ragazza castana dal seno eterno, la casa di una ragazza morta dalle labbra esangui.

Nel circolo di Carmelo scoprii i Pink Floyd, One of these days. Mi affrancai dallo stereo dell’amico mutante, mi inventai una batteria, una voce (che è rimasta la stessa), legai i miei tre libri a tre canzoni, ebbi successo al tavolo da ping-pong, divenni un poeta a metà tra il russo incomprensibile e suicida e Ian Anderson. Tra batteria e voce e punti di ritrovo feci e disfeci gruppi, frequentai le cantine, ballai con la ragazza dalle gambe ricurve, scrissi versi improbabili e cominciai a fumare, che è l’unica attività che ancora svolgo con precisione e dedizione, l’unica di successo.

Il circolo non c’è più e devo ancora risalire con voi la cupa fino al bosco, alla selva selvaggia, alla gita a Cerano, al tempio sconsacrato. Il circolo non c’è più, almeno credo, ma Dioniso ancora abita quelle pietre. Ancora lo sentite quel sussulto, i bassi ancora vibrano se restate in ascolto. Viene voglia di restare e riposare, di aspettare l’attimo in cui la ragazza dal seno immortale esce di casa per ghermirla con migliaia di parole insensate, di irretirla con un canto del Delta.

Viene voglia di fermarsi qualche secolo in quei primi ’70. Smettere di portarvi in giro. Dirvi che questo è il luogo, che questa carne fremente, queste ragazze/menadi, salveranno la strada, faranno la poesia, la canzone. Faranno quel che siete, ciò che siamo.

Magari ci ritorno e vivo, uno di questi giorni.

(FINE)

* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo fa il Dirigente d'azienda e mantiene quello furbo, che prova a fare il poeta) 

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