Ghiaccio, quel lusso freddo alla corte di Saladino

di ALBERTO GRANDI*

(immagini da pixabay)


Il 12 maggio del 1833 il brigantino Tuscany, con a bordo 180 tonnellate di ghiaccio, salpò dal porto di Boston con destinazione Calcutta. Quasi tutti erano convinti che alla fine del viaggio sarebbe rimasto solo qualche misero cubetto: insomma sembrava di assistere all’inizio della preparazione del mojito più costoso della storia… E invece ebbe ragione il pazzo visionario che aveva organizzato quell’incredibile viaggio, Frederic Tudor, quello che a Boston sarebbe ben presto diventato famoso come “The ice king”; a Calcutta, dopo quattro mesi di navigazione attraversando i tropici e l’equatore in piena estate, arrivarono ben 120 tonnellate di ghiaccio.

Da quel momento, il mercato del freddo fu probabilmente il primo e più spettacolare esempio di globalizzazione economica che il mondo abbia mai conosciuto. Ma la cosa curiosa è che in un settore dominato ovviamente dai grandi produttori di ghiaccio naturale, come gli Stati Uniti, la Scandinavia e la Russia, un Paese mediterraneo come l’Italia sia riuscito a giocare un ruolo da protagonista almeno fino alla Prima Guerra Mondiale. E non si pensi che i giacimenti fossero solo i grandi ghiacciai alpini, in realtà gran parte del ghiaccio esportato dall’Italia nel corso del XIX secolo proveniva dall’assolata Sicilia. La neve raccolta d’inverno sulle pendici dell’Etna o sulle Madonie veniva pressata in buche, dette proprio “neviere”, per poi essere estratta, caricata su navi e venduta d’estate in tutto il Mediterraneo.


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Del resto, il ghiaccio e la neve erano prodotti di prima necessità e al tempo stesso beni di lusso che in pochi potevano permettersi. Oggi noi diamo tutto per scontato, dal momento che ci basta aprire il frigorifero di casa per avere bevande fresche o per conservare a lungo cibi deperibili, ma questa straordinaria invenzione che praticamente cambierà la vita di tutte le famiglie, arriverà solo negli anni ’20 del XX secolo e in Italia negli anni ’50 e ’60, col boom economico. Fino a quel momento, procurarsi il freddo fu un’impresa tecnica e organizzativa di non poco conto. Basti pensare che nel 1501 Leonardo da Vinci progetta la macchina volante con l’intento principale di portare “neve d’estate ne’ lochi caldi, tolta dall’alte cime de’ monti”.

Questa epopea iniziò probabilmente in Mesopotamia (e dove, se no?) circa 4.000 anni fa, quando le prime fonti scritte attestano trasporti di neve verso le favolose città assire e babilonesi. L’uso prevalente, a quei tempi, era quello di diluire il vino con la neve per raffreddarlo e allungarlo. Questo uso rimase molto in voga anche nel mondo greco e romano, dove esistevano dei vasi particolari detti psykter realizzati proprio per questo scopo. Ma i romani divennero grandi consumatori di neve e ghiaccio anche per raffreddare l’acqua dei frigidarium nelle terme. Con le invasioni barbariche, questi consumi sparirono del tutto in Occidente, mentre si mantennero a Oriente.


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Un episodio che dimostra chiaramente questa enorme differenza che si è venuta a creare nel corso del medioevo, avviene al termine della famosa battaglia di Hattin, il 4 Luglio 1187. Il re cristiano di Gerusalemme, Guido di Lusignano, viene condotto nella tenda del Saladino che lo ha appena sconfitto. Guido è stravolto dalla fatica e assetato, terribilmente assetato, perché, come tutti i suoi soldati, non beve da due giorni e quando si trova davanti il Saladino, quasi si augura che la cosa si risolva alla svelta: un colpo di spada sul collo e la testa che rotola ai piedi del suo terribile nemico. Ma quello, non solo non lo fa decapitare, ma addirittura gli offre da bere: acqua freschissima, anzi proprio fredda. Guido, non capisce, probabilmente pensa che sia una specie di allucinazione dovuta al sole rovente e alla stanchezza, ma poi vede che il Saladino estrae l’acqua e la frutta che gli porge da una cassa piena di ghiaccio; non è un’allucinazione, è una palese ostentazione di potenza ed efficienza da parte del comandante dell’esercito musulmano.

Proprio grazie ai contatti con il mondo arabo durante le crociate, i consumi di neve e ghiaccio ripresero anche in Occidente, fino a diventare una vera e propria mania nel corso del ‘500 e ‘600. Sorbetti e granite, soprattutto in Italia, divennero lussi ai quali l’aristocrazia non riusciva più a rinunciare, così come l’uso antico di raffreddare il vino mettendovi del ghiaccio tornò di moda soprattutto tra i cardinali della curia romana, come ci testimonia il poeta maccheronico Teofilo Folengo. A questi usi legati al lusso si aggiunsero ben presto le sempre più pressanti necessità di una popolazione in crescita e soprattutto di città in rapida espansione, quindi la conservazione alimentare divenne una esigenza sempre più impellente, per cui il ghiaccio da semplice lusso si trasformò sempre di più in un bene di prima necessità, con volumi commerciali enormi.


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Ovviamente tutto questo spinse la ricerca scientifica a cercare di ottenere il freddo artificialmente, per evitare che, come spesso accadeva, un inverno mite o poco nevoso potesse creare una crisi nell’offerta di ghiaccio. A partire dal 1860 circa ingegneri americani, francesi, inglesi e tedeschi brevettarono molte macchine per produrre il ghiaccio, che sono le progenitrici dei nostri attuali frigoriferi.

 

*ALBERTO GRANDI (Mantova, 1967. Insegna storia economica e storia dell'alimentazione all'Università di Parma. Tendenzialmente si occupa di vicende avvenute prima della rivoluzione industriale, forse anche per questo si innervosisce quando vengono attribuite origini antiche a piatti e a prodotti moderni... Ha pubblicato circa 50 tra monografie e saggi in Italia e all'estero. È autore, tra gli altri, di "Denominazione di origine inventata" e di "Parla mentre mangi", editi da Mondadori. Recentemente ha anche creato un podcast, che si intitola anch’esso “Doi, Denominazione di Origine inventata”, stabilmente nelle prime cinque posizioni tra i podcast più seguiti in Italia.)


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