Diario di bordo / 2 Suwarrow-Niue, ma come fanno i marinai?

di MARCO GAROFALO*

Ma come fanno i marinai? Davvero il cameratismo maschile: il “rutto libero”, i discorsi a volte un po’ da bar, dopo parecchi giorni di forzata anche se simpatica coabitazione, cominciano a mostrare la corda. Non la cima, in questo caso. Mi manca l’universo femminile nel senso di complessità e diversità dei pensieri, dei discorsi e del modo di essere proprio delle donne. Il cameratismo maschile alla lunga mostra i suoi limiti. In particolare mi manca Mati, mia adorata consorte, alla quale ho imposto microavventure scomode su piccolissime imbarcazioni, “bagnarole” nelle quali la sua classe innata si manifestava comunque pur nella scomodità della loro sportività. Ora sogno di belle uscite in gozzo insieme, in luoghi a-Mati. Sembra paradossale essere preso qui, nel mezzo del Pacifico sconfinato, dalla nostalgia del golfo Paradiso di Camogli, ma tant’è. 

Storm

Nella notte del 13 (numeri e scaramanzia), la visione di Polvere di stelle, con Sordi ed una superba Monica Vitti, viene interrotta bruscamente. Su di noi si abbatte una vera e propria tempesta o storm (definizione di tutti gli equipaggi con i quali ci si parla via radio e di cui si percepisce la crescente preoccupazione e tensione col passare delle ore notturne), un ventaccio con raffiche fino a 50 nodi. Brutti momenti anche perché non si può contare sul pilota automatico in queste condizioni. Grande prova dei timonieri Piero e Vittorio. Io al radar e in assistenza, dopo provvidenziale piatto di pasta, mi corico in cuccetta. Sotto coperta senza osteriggi aperti è un incubo di caldo umido ma la stanchezza è tale che si dorme comunque. Le onde fuori sono davvero impressionanti, non meno di 3-4 metri, ma nessuno ha voglia o tempo per misurarle.

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(Il comandante Piero e l'equipaggio a Suwarrow          foto di Marco Garofalo)

Non aver paura di un oceano in tempesta sarebbe incoscienza e noi infatti lo si teme e si provvede, con un buon spirito d’equipaggio. Cinture di sicurezza indossate e molta concentrazione. Una sola vela di prua, ridotta al minimo, e si corre a più di 8-9 nodi. Finalmente, di mattina, il vento finisce e si deve accendere il motore. Ma in Oceano gli Alisei non erano dolci e costanti? Vento maledetto, o troppo o niente! 

Ora in pozzetto si fanno riparazioni con Vasco Rossi amplificato. Sole e “soffego” come dicono a Trieste. Oggi, 14 maggio, bella giornata di navigazione, cous cous vegetariano e riparazione del gommone con mastice bicomponente. Tramonto spettacolare con pennacchio verde sopra il sole cadente. Si prospetta un soggiorno a Suwarrow di corsa, per evitare di dover entrare di sera: senza luce piena non si troverebbe la passe d’ingresso. Alle 18.55 mancano 112 miglia alla nostra prima meta, un atollo sperduto fuori da ogni rotta turistica o commerciale.

Suwarrow

La mattina del 15 arriviamo a Suwarrow e ormeggiamo su fondale di teste di coralli, intorno alle quali, quando di notte gira il vento, la catena dell’ancora si incattiva e tira con forte pericolo di strappare. Pericolo e intervento sotto pioggia battente. Sostituiamo l’ultimo tratto di catena con una bella cima elastica e ricordo che molti navigatori oceanici non usano la catena per gli ancoraggi ma solo cime. Meglio che si tagli la cima, che si sostituisca piuttosto che spaccare il musone di prua con la catena dell’ancora! Scendo a terra su una canoa non polinesiana ma di plastica, come quelle che si noleggiano a Camogli. Mezzo miglio contro la corrente ma “ce la fo”, come dicono i fiorentini. 

L’isola è piccola e selvaggia, sperduta, famosa forse solo perché Tom Neale, medico neozelandese amico di Moitessier, ci ha passato due periodi di 7 e 5 anni ciascuno, dal 1952 al 1971. Un libro descrive questo stile di vita che tuttavia stento a capire. Lo leggerò. Sembra che una baleniera fosse naufragata a Suwarrow (il nome forse proviene dal sottomarino russo Suvarrov) e che un marinaio avesse trovato un tesoro di vecchie monete. Certo, è un parco naturale meraviglioso e dove la natura ha una dimensione integrale. Si fa il bagno tra mante e squali piccoli e medi, quelli grandi stanno fuori del reef. Si sta sempre meglio nell’acqua calda oceanica, trasparentissima, che fuori. Oggi, 16 alle 16, gita ecologica con raccolta dei rifiuti di plastica e aperitivo alle 18 con equipaggi americani, svedesi, inglesi, uno francese e solo noi italiani. 

Uno yachtman arrogante ci chiede di Berlusconi e del Bunga Bunga, e io mi sento male. Da un ragazzo svizzero, con il quale parlo un misto di spagnolo e inglese basico, apprendo che si sta facendo un governo 5 Stelle-Lega e la nostalgia di casa passa subito. Le previsioni meteo per la prossima tappa, Niue, non sono rassicuranti. Domattina la flottiglia deciderà. Stamattina, via radio, ascoltiamo le previsioni che danno tempesta per il 18. Si deciderà di partire in flottiglia la mattina di venerdì 18 o il 19 dopo un’ultima valutazione sul meteo. Il Pacifico non fa onore al suo nome e le fregate (uccelli grandi, neri e dalle forme che ricordano i volatili preistorici) che ci sorvolano non mi piacciono.

Sogno assai strano

Stanotte ho sognato che navigavo su un magnifico veliero e a timonare era Matilde. L’aspetto strano era che il contesto della rotta era tutt’altro che marino: viaggiavamo in una periferia di città e poi su un’autostrada con gallerie simili a quelle della Serravalle. Io mi raccomandavo con la mia bella timoniera che stesse più al centro della corsia perché c’era poco fondale e la chiglia toccava e rendeva più lenta questa astrusa navigazione. comandante Ieero Suwarrow isole CookJPG

(Il comandante Piero a Suwarrow                    foto di Marco Garofalo)

La maggioranza della nostra flottiglia, composta di una dozzina di yacht, quasi tutti catamarani, qui a loro agio perché i loro scafi piatti sono più adatti ai bassi fondali, decide di partire sabato 19, per sicurezza. La giornata è balneare, con avvistamento e giochi acquatici con una grande manta, nuova riparazione del gommone e aiuto al ranger nel trasporto di fusti di benzina. Il ranger John ed altri aiutanti provvedono a mantenere in ordine questo piccolo atollo. 

Peter e Callisto

Sabato 19, ore 7, partenza per Niue. Sono 540 miglia di navigazione, circa 4 giorni. Navighiamo in flottiglia e in particolare con un altro Amel Super Maramu, Callisto, di un americano del Wisconsin di 70 anni e in splendida forma, che porta la barca da solo con la moglie. Ai nostri complimenti risponde che “l’età di un uomo è quella che le donne gli danno”. Saggia considerazione.

Usciamo alle 7 e prendiamo una sventolata di 40 nodi e solito scroscio di pioggia, mentre imbocchiamo il pertugio della passe tra i coralli. Anche stanotte ho fatto bei sogni che ricordo con precisione. Il sonno è profondo e riparatore della stanchezza fisica che spesso è grande. Oggi bella veleggiata con mare incrociato e inizialmente fastidioso per l’onda ripida. Per la seconda volta, un pesce troppo grosso strappa amo e lenza in nylon che sembravano adatti a catturare ogni mostro marino. Siamo ingaggiati in un duello serrato con altre 4 barche della flotta. Purtroppo siamo penalizzati dal non poter usare la randa di mezzana strappata e perdiamo posizioni. Nelle trasmissioni via radio un burlone comunica che sta cucinando “gulasch italiano”! Correggiamo e proponiamo il nostro menù serale, pasta e patate.

Parlando invece di etologia le popolazioni viste fin qui hanno subito l’oltraggio degli usi e costumi portati dai missionari e dai colonialisti francesi e inglesi. Ora si assiste a tentativi spesso mal riusciti di recuperare le danze tribali che furono vietate per eccesso di sensualità. Appena i turisti si allontanano, i ragazzi con mega radio amplificate sparano musicaccia ossessiva e pessima. In compenso, la religiosità è pesante quanto la stazza dei polinesiani: davvero esagerata. Le figure atletiche di uomini guerrieri e la dolce sensualità delle ragazze sono rimaste solo nei bei ricordi dei film, e le imprese degli ammutinati del Bounty sono state rimpiazzate da quelle infami dei loro eredi, finiti nelle cronache dell’isola di Pitcain per gravi molestie sessuali. Ho un deficit di comunicazione con il mio mondo affettivo che mi pesa assai e progressivamente. Vorrei sapere come procede il sogno polesiniano: un casale vicino a Busseto, in un mare di campi coltivati e culatello! Dalla Polinesia al Polesine. 

Finalmente a Niue avremo internet. Un uso più moderato delle connessioni le rende comunque più umane e ci fa solo bene. Poi altra navigazione senza campo ma per meno giorni. Prima di partire da Suwarrow ho fatto un appunto pittorico dell’Isola del tesoro (alcuni dicono) col mio mini set di colori ad acquarelli. Un memo per poi fare qualche cosa di più grande, spero non solo per dimensione. 

Oggi, domenica 20, ho dormito fino alle 9, dopo il turno 24-3 am. Risveglio agitato per un unico groppo di vento e pioggia che vede come complicazione la rottura del motorino dell’avvolgiranda. Penso sempre al motto marinaresco che recita che in barca “tutto quello che non c’è non si rompe”, invito a non esagerare con gli accessori. Lorenzo è teso e scocciato perché aveva prenotato il ritorno in aereo da Tonga il 24 e invece deve spostare il volo. Sono felice di aver prenotato solo l’andata, per la prima volta nella mia vita di viaggiatore. La mia lettura di Stevenson sui mari del Sud è stata interessante per la sua sensibilità nell’affrontare e descrivere mondi e culture così lontani. Nessuno spirito colonizzatore o di superiorità. Piuttosto comprensione, curiosità ed empatia (termine ormai abusato ma non quando scrisse lui) autentici. Dopo un intervento risolutivo di Lorenzo il radio trasmettitore riceve e soprattutto ci consente di conversare con tutta la flotta. Facciamo alcune considerazioni sulla precisione e semplicità della lingua inglese rispetto alla nostra più ricca ma spesso meno adatta alla tecnicalità delle comunicazioni.

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(Ocean bird nel tramonto polinesiano         foto di Marco Garofalo)               

Captain Piero 

Quando parla il nostro Comandante (l’unico a cavarsela con l’inglese come giustamente ci ha rimproverato in una sola ma memorabile reprimenda in dialetto tarantino con pugni e calci che solo per vera fortuna hanno evitato la rottura di uno specchio!) sembra un cantante confidenziale “ammmerricano” ed il suo linguaggio colorito ammalia tutti gli interlocutori collegati via radio. Di Piero, come comandante, non si può che dire un gran bene ed il racconto della sua storia professionale ci affascina. Mi permetto di dire che nessun avvocato del Nord avrebbe avuto la sua determinazione ed il coraggio di scegliere la sua strada di tutele legali dei diseredati, contro le vessazioni di uno Stato spesso iniquo. Ha studiato la giurisprudenza americana ed è diventato un Erin Brockovich italico. Ho navigato con molti skipper e amici armatori, sono stato spesso bene e li ho apprezzati perché condurre una barca ed avere la responsabilità di tutto è davvero un compito arduo. Piero è per me oggi il numero uno. Soprattutto per generosità e signorilità, e aggiungo che la prudenza è un’altra sua dote, apprezzata anche a posteriori avendo saputo al nostro rientro in Italia che una barca che navigava con noi è finita sulla barriera corallina. With compliments. 

In questa cronaca anche Enzo dovrebbe comparire sempre.  Un tuttofare indefesso, quasi sempre con un attrezzo in mano. Vittorio, buon timoniere con ottimi trascorsi sportivi sulle derive Laser, soprannominato “il bambino” perché con quasi due metri e 100 chili di stazza, mangia e dorme in misura fanciullesca, impressionante. La sua parlata agrigentina è graditissima e la sua calma a volte quasi irritante non viene compromessa neppure dal suo soffrire il mare soprattutto sotto coperta. Sono le 17 ed è in onda uno degli appuntamenti radio tra nomi di barche ormai famigliari: Libeccio, barca americana e con nome storpiatissimo dalla pronuncia anglosassone; Shepphard Moon, inglese, con a bordo un ragazzo di 23 anni al quale il padre ha regalato barca e giro del mondo; Callisto, con l’amico settantenne Peter, americano, già dentista nel Wyoming, solo con la sua seconda moglie ed ex segretaria; Bijou, con una coppia di bravi svedesi. Sembra che il vento che ci ha spinto a percorrere 180 miglia in 24 ore vada calando. Peccato. Abbiamo tutti una certa prescia di arrivare in una terra che ci permetta di collegarci con i nostri cari. Un tratto comune degli uomini dell’equipaggio è il forte senso di paternità. Molto attenti e affettuosi. Il mio essere patrigno e zio mi fa sentire un po’ meno uomo “compiuto”. Nulla di deprimente, comunque.

Niue

Stamane, dopo quattro giorni di navigazione, siamo finalmente arrivati a Niue, piccola isola quasi autonoma dalla Nuova Zelanda di Tonga. Quest’ultima notte solo a motore per assenza di vento. Ora finalmente connessi! Tutto bene, le navigazioni così lunghe e con pochi approdi sono stancanti. Turni di vigilanza notturni e diurni ogni tre ore. Concentrazione.

Sono il senior dell’equipaggio ma ormai mi sento del tutto a mio agio. Il mio metabolismo funziona a mille. Sono molto felice che Mati, sorelle, nipoti, e amici ci seguano sul sito. Le informazioni sono in tempo reale. La mancanza della vela di mezzana ci ha molto penalizzato dopo l’ottima partenza. Stasera, finalmente, vita di terraferma. Dopo tanto Oceano senza mal di mare, a terra mi prende un po’ di mal di terra! Gli organi interni del corpo e gli arti continuano a seguire il ritmo della barca ma la terra è ferma. 

suwarrow - NiueJPG

A Niue non c’è quasi pesce, neppure in un ristorante giapponese dove attendiamo di essere serviti inutilmente per più di due ore, storditi da bottiglie di buon vino bianco neozelandese. La pesca sull’isola è quasi solo per consumi famigliari privati ma stamane abbiamo socializzato con la proprietaria della lavanderia che ci sta organizzando la cena, sembra con pesce fresco. Ci offrono cocchi verdi, teneri e freschissimi in forma di crema squisita e poi da bere direttamente dalla noce. Il succo è una prelibatezza ed è frizzante! Noleggiamo un’auto e una moto per il comandante. Si guida a sinistra ma il traffico e le strade non ricordano Londra e me la cavo. Trovata bandiera locale per il Comandante, oggettini in palma intrecciata e strofinaccio da cucina in cotone 100% locale che porterò in Italia. Sono o non sono un uomo di casa? Umidità e caldo notevoli ma all’ombra di una bella e vecchia pianta si sta papale papale. 

Giro dell’isola su strada con buche voragini ma molto piacevole per la bella vegetazione lussureggiante, piccoli cottage semplici e curati, container e auto abbandonate e non smaltite, ma pulizia e ordine, data la dimensione piccola dell’isola che conta solo 1600 abitanti. Come usanza locale qui i propri cari li seppelliscono vicino alle case e non in grandi cimiteri, salvo che nel Tomb Point, che gode di una bella vista sull’oceano. Gustiamo un hamburger squisito,con ananas e verdure, in un baretto ricavato in un container rosso, gestito da una matura ed elegante ex figlia dei fiori, con molta cura dei particolari e musica West Cost. Bagno in grotta piscina naturale, bella ma poca cosa rispetto ad altre viste altrove. L’acqua è però di una trasparenza eccezionale. Si vede l’ancora a più di 30 metri di profondità! 

Serata “diplomatica” con rappresentanti ufficiali della Nuova Zelanda, presidente del più piccolo yacht club del mondo al quale mi sono iscritto ed ho iscritto anche l’amico Cinzio. La serata procede in modo piacevole con cena pop di solo pesce, finalmente! a casa della padrona della lavanderia, una settantenne fantastica e del suo secondo marito molto più giovane. I due “indigeni” parlano con semplicità del loro modo di vivere. Non danno nessun valore al denaro, dicono che il cibo non gli mancherà mai, e condividiamo il senso di comunità che abbiamo corroborato con una bella preghiera pre pasto, tenendoci tutti per mano a catena. Domani anticipiamo la partenza per Tonga causa perturbazione che sembra arrivare dalla Nuova Zelanda.

Siamo bloccati da due ore sotto la tettoia del centro della capitale Anofi, causa pioggia a scrosci violenti che avrà riempito d’acqua il gommone rendendo bagnatissimo il percorso fino alla barca alla boa. 


(2 - CONTINUA)

*MARCO GAROFALO (Inizia l’esperienza giornalistica nel 1975 come redattore e poi Direttore editoriale di Radio Canale 96 e di Radio Città, emittenti milanesi di informazione e organizzatrici di concerti a Milano - Bob Marley a San Siro il più noto. Poi per un quarto di secolo lavora a L’Eco della Stampa, leader nel media monitoring. Dal 1979 naviga su barche preferibilmente di legno, in quasi tutti i mari ma predilige il Mediterraneo. Appassionato di filosofia e di politica ma solo di quella che appassiona. Dipinge astrattamente ma non distrattamente. Sessantanovenne)

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