Dalla Lombardia al Cile, quando i terremoti sono contro le ideologie

di GIORGIO OLDRINI*

Mentre ancora trema la terra sotto le nostre sedie milanesi in questo 18 dicembre, ricordo due terremoti che in America Latina hanno avuto conseguenze importanti.

Il sisma più forte di sempre è avvenuto a Valdivia, in Cile, il 22 maggio del 1960. Ben 9.3 gradi della scala Richter, con scosse di assestamento di 8.6 e 8.1, ma relativamente pochi morti, “solo” 5 mila, come dicono i cileni. Per i quali il terremoto per antonomasia è invece quello che ha sconvolto le città di Chillàn e di Concepciòn la sera del 24 gennaio 1939, a sud di Santiago. Quella volta si raggiunse il grado 8.3 della scala Richter. Non si è mai saputo con precisione quanti morti abbia causato, forse 30 mila. Ma il sindaco di Chillàn disse che seppellivano i cadaveri in fosse comuni, a centinaia ogni volta e senza identificarli. Crollarono le due città, case e scuole, le Cattedrali dei due luoghi, saltò immediatamente la corrente elettrica e l’acquedotto. Crollò il cinema di Chillàn seppellendo gli spettatori che assistevano alla proiezione. Si salvò solo una ragazza che era andata ad assistere al film con un corteggiatore e fuggì ad un certo punto perché il ragazzo faceva avances piuttosto pesanti. Lei salvata dal pudore, lui morto forse per maledizione virginale.


Il presidente della Repubblica Pedro Aguirre Cerda, eletto dalle sinistre, si recò immediatamente sul luogo e per aiutare la ricostruzione diede vita alla Corfo, una sorta di Iri cilena che negli anni successivi fu il motore dello sviluppo nazionale.

Il Presidente del Messico Lazaro Cardenas stanziò le risorse per ricostruire una scuola a Chillàn, la “Republica de Mexico” e inviò due dei grandi pittori muralisti perché dipingessero l’entrata e la Biblioteca. A Xavier Guerrero toccò il compito di illustrare l’ingresso con “Dal Messico al Chile”. Siqueiros invece si dedicò alla Biblioteca con “Morte all’invasore”, una storia dell’America Latina vista dalla parte di coloro che nelle varie epoche hanno resistito a colonizzatori, imperialisti, dittatori.

Opera straordinaria che nemmeno il dittatore Pinochet ha avuto il coraggio di abbattere e che in questi anni è stata dichiarata Patrimonio dell’umanità. In realtà Siqueiros venne allontanato dal Messico per un accordo tra Lazaro Cardenas e Pablo Neruda, che era in quel tempo ambasciatore cileno in Messico. Il pittore infatti era un comunista convinto e quando Lev Trotsky era arrivato esule a Città del Messico Siqueiros aveva tentato di ammazzarlo sparando una raffica di mitra che lo mancò. Venne condannato, passò qualche tempo in carcere, poi venne rilasciato, ma mandato in Cile a dipingere la Biblioteca della scuola e a stare lontano dai guai. Quando poi Trotsky venne davvero ucciso, qualcuno domandò a Siqueiros: “C’entri con questa morte?” Lui rispose: “Purtroppo no”.

L’altro terremoto latinoamericano con conseguenze importanti è stato quello di Managua, capitale del Nicaragua, del 23 dicembre 1972. Qui i gradi della scala Richter furono “solo” 6.2, ma l’effetto devastante soprattutto sul centro della città. I morti furono forse 20 mila, ma le distruzioni ingentissime. Tra l’altro crollarono alcune caserme dei Vigili del fuoco, si interruppe l’acquedotto e dunque nessuno riusciva a far fronte agli incendi che si svilupparono subito in ogni parte. Il fatto strano fu che un giorno prima l’ing. Carlos Santos Berroteràn si era presentato alla redazione del giornale La Prensa e al direttore Pedro Joaquin Chamorro aveva chiesto di pubblicare la notizia che, dato che quell’anno la mancanza di piogge era stata inusuale, si aspettava un forte terremoto. Spiegò che lo stesso era avvenuto 40 anni prima, secca e sisma. Chamorro prese tempo, ma poche ore dopo il terremoto effettivamente rase al suolo Managua.




Il dittatore Anastasio Somoza chiese aiuto al mondo e cominciarono ad arrivare soldi ed aerei con merci, ma si capì presto che molti di questi sostegni finivano nelle tasche di Somoza e dei suoi. Lo aveva capito subito Roberto Clemente, un famoso giocatore di baseball di Porto Rico che aveva giocato qualche settimana prima in Nicaragua. Aveva raccolto aiuti rapidamente e per sicurezza era salito sul Dc 7 che doveva portarli a Managua, ma per il troppo carico l’aereo precipitò e nell’incidente morì anche il generoso “pelotero”.

Ma proprio la constatazione che gli aiuti finivano nelle tasche di Somoza fece sì che gran parte della borghesia nicaraguense, guidata da Chamorro e da La Prensa, si alleasse con il Fronte Sandinista, che da anni aveva scelto la via della guerriglia armata. Alla fine il dittatore fece assassinare Chamorro, ma fu la sua fine e nel giro di qualche anno fu cacciato.

Finisco con una notazione personale. Nei primi anni ’70 ero il responsabile dell’Università per la Fgci di Milano. Avevamo una cellula forte ad architettura e i compagni studenti teorizzarono in un documento che il centro delle città deve essere abbattuto, perché comunque borghese.  Quando arrivai a Managua e attraversai il centro che era un deserto tagliato per il lungo da una enorme faglia pensai che quella era la città ideale della cellula di architettura della Fgci milanese della mia gioventù. Ma capii che senza il centro della città tutto è troppo lontano da tutto. Anche i terremoti, a volte, sono contro le ideologie.

*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)

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