Dal disegno automatico alle tele di recupero, ecco i premi Zucchelli
di REDAZIONE
Venerdì
7 maggio, presso Zu.Art. il giardino delle arti della Fondazione
Zucchelli a Bologna, apre "Open-Close", la mostra dei vincitori
del Concorso Zucchelli 2021 curato da Carmen Lorenzetti e che fa parte del circuito di ART CITY Bologna 2021,
promosso dal Comune di Bologna nell'ambito di Bologna Estate.
Dal 1963, la Fondazione Zucchelli sostiene le nuove generazioni assegnando, attraverso il Concorso omonimo, borse di studio agli allievi più meritevoli dell'Accademia di Belle Arti di Bologna. La collettiva presenta i lavori di sei giovani artisti vincitori, selezionati da una giuria composta da Lorenzo Balbi, direttore artistico del MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna - e dai docenti, critici d’arte e curatori Valerio Dehò e Carmen Lorenzetti.
Il vincitore del primo premio (Premio al talento) è Gioele Villani (Firenze,
1994) con
l’opera tree_gen/habitat/, con cui prosegue una ricerca sul codice
informatico come testo poetico attraverso l’invenzione di un linguaggio
generativo (Succosa) che disegna forme bizzarre evocanti
l’intrico vegetale di un sottobosco.
(Gioele Villani, tree_gen/habitat/, 2021 disegno automatico da Succosa con pennarelli su carta liscia, 29,7x42 cm)
Una menzione d' onore è stata attribuita alla proposta di Michele Di Pirro (Forlì,
1995) dal titolo "Opere di Nero Induzione", composta da
una tela di recupero completamente ricoperta di brandelli di carta termica, i
quali, sottoposti al calore, rilasciano un colore nero intenso. I segni di usura
sulla superficie della carta creano intensi contrasti di vuoti e pieni, che
vanno lentamente a uniformarsi a causa delle proprietà chimiche di questo
materiale.
(Michele Di Pirro, Opere di Nero Induzione, 2020, legno, tela, carta termica, 50x40 cm)
Il terzo premio è stato assegnato, ex aequo, a quattro partecipanti: Nikola Filipovic (Kotor, Montenegro, 1994) con "The theory of youth", tre stampe monocromatiche blu su fondo bianco che evocano situazioni in cui le persone non hanno il pieno controllo del proprio corpo e si trovano dunque in equilibrio precario, forse alla ricerca di una trasmigrante cultura identitaria;
(Nikola Filipovic, Theory of youth,
2020, stampa sublimatica su tessuto, 140x190 cm)
Mór Mihály Kovács (Budapest, 1998) con Hopscotch, un’opera che appare
introversa e in bilico tra figurazione e plasticità, dove la curvatura
definisce nettamente l’interno, caratterizzato da ruvido mosaico, e l’esterno,
liscio e neutro, quasi a indicare un “frammento archeologico” custodito nel
guscio della contemporaneità;
(Mór Mihály Kovács, Hopscotch, 2019, mosaico di pietra calcarea, marmo nero, C2FTE S2 elastorapid, struttura di ferro, 80x20x150 cm)
Alice Mazzei (Pontremoli, 1998) con Patìa, dipinto a olio in cui, con
l’alternarsi di luci e ombre, pieni e vuoti, voci e silenzi, la tensione dei
panneggi, rigidi e fluidi allo stesso tempo, rende manifesta la costante
ambivalenza sottesa alla dimensione delle forme;
(Alice Mazzei, Patìa, 2021, Olio su tela 40x40 cm)
Mehrnoosh Roshanaei (Teheran, 1988) con il video di animazione The Last Song, in cui ha ricreato in 3D i fiori di Franklinia alatamaha, una pianta che dall’inizio del XIX secolo è stata dichiarata scomparsa in natura, accompagnati dal canto d’amore di uccello ormai estinto.
(Mehrnoosh Roshanaei, The Last Song, 2021, 7:24 min)
La mostra tiene presente la pluralità di media con cui si esprimono, che va dalla pittura, alla scultura, all’installazione, alla fotografia fino al video, a testimonianza del dibattito che l’Accademia di Belle Arti di Bologna propone.
Ingresso gratuito, su prenotazione scrivendo entro il giorno precedente a eventi.fondazionezucchelli@gmail.com
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