Brocken, il trenino di Valpurga fra le nebbie e Mefistofele

di PAOLO SOLDINI*

Salite sul vagone di un treno come quelli che gli indiani (o i banditi) assaltano nei vecchi film western, con le panche di legno e la locomotiva che sbuffa vapore. Se siete ben coperti e non vi dà fastidio il fumo potete pure sistemarvi sulla piattaforma esterna, immaginando di avere un fucile in mano per difendere i vostri compagni di viaggio dai cattivi che inseguono il treno a cavallo. Solo che non siete nel Far West, ma in Europa e state salendo in cima alla più centrale montagna delle montagne al centro dell’Europa centrale: il Brocken, un monte che più tedesco non si può.

Tanto tedesco che qui è ambientata una delle scene più inquietanti del Faust. Mefistofele cede alle insistenze del Dottore e lo porta quassù nella notte di santa Valpurga, tra il 30 aprile e il primo maggio, quando in questi boschi si danno appuntamento le streghe per i loro riti misteriosi e cruenti. Faust vuole capire l’essenza del Male, ma il diavolaccio gli mette alle costole una strega più bella e lasciva delle altre e la filosofia è presto messa da parte. Heinrich Heine, invece, nel suo “Harzreise” (viaggio nello Harz) racconta un Brocken assai più sereno: niente streghe né diavoli ma un’allegra compagnia di giovanotti che attraversa le montagne da Gottinga a Ilsenburg per conoscere il paese e i suoi abitanti. Un atto d’amore dell’ebreo tedesco per la patria che gli fu, invece, molto ingrata. In cima alla montagna c’è una statua che ricorda il passaggio.

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(foto Pixabay)

Non è necessario che vi prepariate al viaggio scomodando Goethe, Heine e tutti i romantici che si sono cimentati col fascino esoterico dei luoghi. Se volete un consiglio, evitate anche l’appuntamento con le streghe. La Walpurgisnacht, Valborg nei paesi scandinavi, è una tradizione antichissima diffusa dall’Isarco a Capo Nord, un rito pagano germanico del risveglio della natura malamente cristianizzato, ma da quando alle streghe non crede più nessuno (l’ultima in Germania fu bruciata viva nel diciassettesimo secolo) la tradizione si è imbastardita e commercializzata, un po’ come quella celtica di Halloween. Arrivando quassù per la notte tra il 30 aprile e il primo maggio potreste trovare qualche tristanzuola rappresentazione di sabba messa su dall’ufficio del turismo, cenoni negli alberghi della zona, gadget nei negozi e stanche devozioni di comitive tardofemministe. Suggestioni, zero.

No. Al Brocken, se potete, andateci d’inverno. Ben coperti, giacché la montagna, per quanto sia bassina, 1141 metri, è uno dei posti più freddi della Germania. Piovoso d’estate, innevato da fine ottobre ad aprile (almeno finché gli inverni sono stati inverni, prima del global warming), perennemente insidiato dalla nebbia. Un clima infido - dovuto al fatto che verso est fino agli Urali non ci sono montagne così alte da parare i venti della steppa e alla particolare disposizione delle valli sottostanti - che può infliggervi improvvise bufere di vento e di neve, ma regalarvi anche l’emozione di sbucare, con quel trenino, dalla nebbia della valle al sole abbacinante della vetta, incantata nel gelo e sospesa su un mare di nubi.  E se siete fortunati potreste anche vedere il celebre fantasma del Brocken: l’ombra di un gigante che si staglia sulla nebbia della valle, assume, in modo inquietante, le vostre fattezze e compie i vostri stessi gesti. Si tratta di un fenomeno di rifrazione sulle particelle d’acqua della nebbia, come quando volando vedete l’ombra dell’aereo sulle nuvole sottostanti. Ma, insomma, fa impressione comunque.

D’inverno, dunque. E, se avete un figlio bambino, una figlia o dei nipotini, possibilmente portate anche loro. Perché potranno fare un’esperienza indimenticabile: la salita su quel buffo trenino e poi una lunga, lunghissima discesa con lo slittino dalla cima del monte fino al paese di Schierke, a fondo valle: circa 700 metri di dislivello. C’è solo un problema: sulla pista per le slitte non si può scendere con gli sci, per cui voi dovrete farvela a piedi.

L’ho fatto, tantissimi anni fa, con mio figlio ed è un ricordo bellissimo che condividiamo, insieme con una memorabile sciata di fondo lungo un sentiero al confine con la Cechia sui Monti Metalliferi della Sassonia.

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(foto Pixabay)

A proposito di confini. Il Brocken è un monte di confine. Sorge alla frontiera tra la Bassa Sassonia e la Sassonia-Anhalt. Chiunque abbia un po’ di confidenza con la storia tedesca, sa che cosa voglia dire questo: finché la Germania è stata divisa il monte e tutta la regione dalla parte dell’est apparteneva alla DDR (era il punto più ad ovest del suo territorio) ed era assolutamente proibito raggiungerlo. Sulla cima era stata costruita una stazione di ascolto dalla quale si cercava di intercettare le conversazioni telefoniche dall’altra parte, la stessa cosa che avevano fatto gli americani sul Teufelsberg a Berlino ovest, e spiare i movimenti delle truppe della NATO.

Quando cadde il Muro, il Brocken fu riscoperto e gli abitanti della regione pensarono che presto il prezzo dell’isolamento di trenta e più anni sarebbe stato ripagato con gli interessi. Lo Harz è pur sempre la catena montuosa d’un certo rilievo più vicina a Berlino, ben più delle Alpi con le loro stazioni sciistiche, ed è facilmente raggiungibile da Hannover e dalle altre città della Bassa Sassonia: zone ricche e popolose. Purtroppo non funzionò. Ricordo la tristezza delle persone che intervistai quando, nell’autunno del ’91, nel giro delle zone della ex DDR che facevo per raccontare le trasformazioni post-unità, toccò a quelle parti. Il boom turistico non c’era stato e l’unico segnale positivo era stato la riattivazione della Brockenbahn, il trenino. Un pastore evangelico provò a spiegare le ragioni del fallimento. I ricchi di Berlino hanno i soldi per andarsene sulle Alpi a sciare e i poveri di qua hanno altro a cui pensare. Se tornasse Heine con i suoi amici scapperebbe perché non ci sono buoni ristoranti e gli alberghi sono troppo modesti. Tornando verso Berlino mi fermai a mangiare in una pizzeria “Bella Napoli”. Il padrone era algerino, la cameriera ucraina e la scelta sul menù era tra una Salamipizza con chips e una Tropical con l’ananas. Così, pensai, non andranno lontano.

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(foto Pixabay)

Sono passati quasi trent’anni e forse qualcosa è cambiato. Speriamo. Resta un fatto: la lunga e faticosissima corsa dietro lo slittino di mio figlio è uno dei ricordi più belli che conservo della mia vita in Germania. La sera, verso le 11, uscii dall’albergo di Schierke per fare due passi. C’erano parecchi gradi sotto zero, ma senza un filo di nebbia. Le stelle come quella notte non le ho mai più viste.

*PAOLO SOLDINI (E' stato corrispondente a Bruxelles e a Berlino per l’Unità, capoufficio stampa del Comune di Roma e vicedirettore del Riformista. Ha raccontato la caduta del Muro di Berlino su cui ha scritto un libro - “Quando il Muro cadde anche in Italia” -, edito da strisciarossa, sito del quale è tra i fondatori. Collabora con la trasmissione di Rai Radio Tre Wikiradio)

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