Britain on screen - 3) London

testo e foto di MAURIZIO SORRENTINO*

Partenza per Londra alle 5.30. Dobbiamo riconsegnare l’auto all’aeroporto entro le 14.00. Con un po’ di stress, dovuto al rifornimento della vettura prima della riconsegna, riusciamo a restituire nei tempi. Per il trasporto in centro ci hanno chiesto di tutto, dalle 120£ del taxi alle 80£ di un privato, alle 51£ di un italiano che aspettava l’aereo dall’Italia, in ritardo, tanto per cambiare. Per 9£ a testa scegliamo il bus per Liverpool Street. Lì acquistiamo un costoso abbonamento settimanale per metro e bus e raggiungiamo la fermata vicina al nostro appartamento: Lancaster Gate.

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(Panorama di Londra)

Finalmente possiamo cucinare nell’appartamento uno spaghettino con pomodorini e cipolle dando fondo ai viveri che avevamo acquistato a Lake District e che abbiamo avuto il barbaro coraggio di scorrazzare per qualche migliaio di chilometri. Dopo cena Mujer scrive il diario e ride delle mie nevrosi di viaggio, mentre i ragazzi escono per un giro nei dintorni. Rientrano quasi subito, eccitatissimi perché nella hall hanno intravisto una vecchia conoscenza di viaggio, un ingegnere romano con la cui famiglia aveva trascorso qualche giorno a Flims, nei Grigioni, molti anni fa. Si sono messi a chiacchierare e ora ci chiedono di scendere per salutarli. Conveniamo candidamente che senza l’intervento dei ragazzi ci saremmo probabilmente incrociati senza riconoscerci: sono passati più di dieci anni. Poi pian piano i ricordi riaffiorano. Gli amici romani stanno seguendo un corso di lingua e ripartiranno tra qualche giorno. Noi siamo proiettati verso una settimana del turismo più trito e tradizionale, quello delle bandierine e del mordi e fuggi.

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(Trafalgar square)

La settimana vola. Per me è un turbine di emozioni, ricordi, riflessioni. I fotogrammi del vecchio libro delle medie, con quei quattro righi imparati a memoria per ciascuna attrazione o curiosità della capitale, si sovrappongono ai ricordi dell’adolescenza e del mio primo viaggio, alla fine degli anni settanta, nella Londra del mito, della musica, di qualsiasi cosa di nuovo e di antico si cercasse in quel mondo dai confini molto più stretti e dalle distanze paradossalmente molto più ampie.

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(Il Parlamento)

Con gli occhi dell’adulto, ora con un pizzico di delusione, ora con rinnovato entusiasmo, mi trovo a rivedere tanti posti: Trafalgar Square, la National Gallery, Piccadilly Circus, Hyde Park, Buckingham Palace, Downing Street, Westminster Abbey, St. Paul Cathedral, il British Museum, la Torre di Londra e il Tower Bridge, la City delle cinque, senza più ombrelli e bombette, piena di giovani che, ancora in cravatta, bevono una birra in piedi fuori dal pub per rilassarsi dopo il lavoro. 

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(Tower bridge)

A Londra, poi, c’è sempre qualcosa di nuovo o qualcosa che ti è sfuggito la prima volta: così si va per un giro sul London Eye, una visita alle cere di Madame Tussauds, un salto a King’s Cross per la foto dei ragazzi sul binario 9 e 3/4 da cui il maghetto suole partire per Hogwarts, una puntata al 221 di Baker Street sulle tracce di Sherlock Holmes, qualche sosta ai soliti insoliti pub, sempre nuovi e sempre tradizionali (ho cercato invano i mitici “Quadrophenia” e “The Great American Disaster” del primo viaggio ma evidentemente non ci sono più), un tuffo fuori dalle rotte turistiche, nella città più periferica e vera, a Clapham, per una cena vietnamita e per l’emozione di incontrare dopo una trentina d’anni Paolo, amico di liceo dalla gioventù un tantino avventurosa, che qui ha trovato lavoro per un po’.

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(King's cross)

Tra le nuove esperienze, almeno per me, c’è anche lo shopping da Harrods a cui Mujer e Benedetta ci costringono. Nell’enorme centro commerciale Vittorio e io ci separiamo e ci dedichiamo ai reparti di nostro interesse (per lo più articoli sportivi e bricolage). Ci diamo appuntamento a uno degli ingressi, e ovviamente noi ci arriviamo circa un quarto d’ora prima delle donne. Per cinque minuti l’addetto di Harrods che presidia l’ingresso, un omaccione di colore molto garbato e professionale, ci osserva in silenzio, probabilmente interrogandosi su cosa cavolo ci facciamo lì. Poi si decide a domandarci se abbiamo bisogno di qualcosa. Spiego che abbiamo appuntamento lì con moglie e figlia e che siamo un po’ in anticipo (in realtà sono loro in ritardo, ma io so essere un gentleman quando voglio). Lui ci chiede di dove siamo, come mai siamo a Londra e altre amenità. Poi, all’improvviso, senza che la chiacchierata possa giustificare una simile proposta, si rende disponibile a organizzare per noi il rientro in Italia con un volo privato. Istintivamente mi guardo il jeans sdrucito e il giubbino impermeabile rosso comprato qualche decina di anni fa e mi convinco che mi sta prendendo per il culo. Sempre per la storia del gentleman sorrido e lo informo che ho già una prenotazione per un volo low cost.

-         Ti sembro tanto ricco? – gli chiedo incuriosito.

Lui mi spiega che i veri ricchi si presentano sempre come persone normalissime.

-         Yes, you look very rich – conclude.


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(Harrods)

Sarebbe anche simpatico chiudere il racconto con questa specie di barzelletta. Sennonchè ne resterebbe fuori l’escursione a Greenwich, fatta il giorno prima della partenza, la qual cosa non mi pare corretta.

Senza contare la foto obbligatoria con un piede a est e l’altro a ovest del meridiano, troviamo di grande interesse la visita all’Osservatorio e alla casa del primo astronomo di Corte, il film nel planetario, i documenti relativi agli studi per la soluzione del problema della longitudine e dell’orario, così come il cantiere e il museo navale. A Greenwich è esposto anche il Cutty Sark, un clipper varato nel 1869, famoso per la sua velocità. Il nome (in italiano sarebbe “Sottoveste”) richiama la polena scamiciata che lo caratterizza. Non possiamo visitarlo perché in restauro. Mi consolo pensando che ho già visitato il “Vespucci”, peraltro nato nella mia città.

Rientriamo a casa il giorno dopo. L’ultima pagina del diario di Mujer me la ricorda mentre sfarfalla per casa caricando lavatrici e tentando operazioni di bonifica per espellere la colonia di formiche che si è insediata in nostra assenza.

Mi chiedo come mai per raccontare questo viaggio ho dovuto rivedere foto e rileggere le cronache di Mujer, mentre sono convinto che avrei potuto ripercorrere quello del 1979, del quale non conservo nemmeno una foto o un appunto, senza grandi difficoltà, magari col solo aiuto di una chiacchierata amarcord con il mio antico compagno di spedizione.

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(Greenwich)

Penso che a fissare i ricordi dev’essere stata la meraviglia. Torno con la mente alla partenza con Lino verso quella Londra visitata col naso per aria, con uno stupore quasi infantile, da primo viaggio in una grande capitale estera, con tanta incoscienza nel bagaglio e in tasca pochissimi soldi, che pure ci parevano abbastanza. Rifletto che a Londra negli occhi dei miei figli ho visto entusiasmo, curiosità, ma non lo stesso stupore. Erano giovanissimi ma avevano già viaggiato tanto, visto tanti posti, molti insieme a noi, ma già qualcuno da soli o in compagnia dei loro amici. Mi chiedo se aprendo loro tante porte, appagando desideri prima ancora che si formulassero in maniera chiara nel loro cuore, dando loro tante opportunità che noi non abbiamo avuto, o almeno non alla stessa età, non abbiamo tolto loro qualcosa, il gusto dell’attesa, quello del progetto, la soddisfazione della conquista.

La verità è che il mondo cambia e cercare pezzi della nostra vita in quella dei nostri figli non è giusto e non è logico. Ha ragione Gibran: possiamo dar loro il nostro amore ma non le nostre idee, dare una casa al loro corpo ma non alla loro anima, tentare di tenere il loro passo ma non di renderli simili a noi, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire, che noi non possiamo visitare nemmeno nei sogni, e la vita non torna indietro e non può fermarsi a ieri.

 (3 - FINE)


leggi la prima puntata
leggi la seconda puntata 


* MAURIZIO SORRENTINO (Piano di Sorrento, 1961; quando è sveglio è l'Area Manager Sud della Enifuel Retail; quando sogna si diverte a suonare la chitarra e a scrivere racconti e romanzi; quando vive viaggia)


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