Bologna, una piccola storia nobile in via Angelelli

di GIGI SPINA*

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Uscendo fuori Porta Santo Stefano, a Bologna, si incontra sulla destra, dopo tre semafori di via Murri, via Siepelunga, che porta a Monte Donato. La prima e la seconda traversa a sinistra di via Siepelunga immettono nel mondo della lirica: rispettivamente via Enrico Caruso (1873-1921) e via Adelaide Borghi Mamo (1829-1901).


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A collegarle, a comporre quasi un perfetto quadrato con la direttrice principale che sale verso i colli, ancora una voce tenorile, via Alessandro Bonci (1870-1940).


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Però, quasi all’inizio di via Caruso, sulla sinistra, in rapido collegamento con via Murri, la lirica tace, per far posto a un grecista dell’Università di Bologna, Massimiliano Angelelli (1775-1853, dato del Dizionario Biografico degli Italiani, ma la targa toponomastica porta 1776).

 

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 Non che il redattore di foglieviaggi che sta scrivendo, e che abita da quelle parti, veda lo stradario come un segno del fato, fra la musica classica (sua madre era diplomata al Conservatorio di Napoli in pianoforte e gli studi musicali proseguono nella sua famiglia), e l’omaggio alla lingua greca che ha insegnato per anni. Anche perché fino a un anno fa, se volevo raggiungere via Murri attraverso via Angelelli, per andare ancora più oltre Bologna lungo la via Emilia, incontravo dopo pochi metri un ostacolo voluto da qualche divinità maligna: una breve scalinata, che rendeva l’uso di una bicicletta, di un passeggino o di una carrozzina abbastanza faticoso. Per una persona disabile, meglio dirlo subito, quelle scale erano un ostacolo insormontabile.

Si ricorreva, per chi poteva, ad altro itinerario, o ad acrobazie e sollevamento pesi per chi voleva sfidare la sorte. Immagino ci sia stato chi avrebbe voluto utilizzare quella strada più breve per raggiungere via Murri e non ha mai potuto. 

Ma meno di un anno fa è apparso un piccolo cantiere, sono cominciati dei lavori, si è capito che le scale sarebbero state ridotte di larghezza per far posto a una pista facilmente percorribile in entrambe le direzioni: finalmente una soluzione civile alle difficoltà di una vita.

Oggi, dopo un po’ di stop-and-go dei lavori, il percorso è funzionante, e anche gradevole alla vista, anche se una seconda mano di vernice alla ringhiera della prima discesa non guasterebbe.

 

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Mi chiedo quanti/e abbiano finalmente gioito e quanti/e abbiano continuato a ricordare le tante sofferenze degli anni passati.

Allora, ho pensato - visto che comunque si tratta di una soluzione saggia finalmente arrivata - che ci vorrebbe una lapide o un cartello informativo a ricordare chi ha fatto la proposta (il consiglio di quartiere, un comitato?), chi l’ha portata avanti, quanto tempo è passato dalla proposta alla fine dei lavori, e magari si potrebbe dare un nome anche alla rampa e alla scalinata, unendo così alla musica e alla grecità anche le tecniche della viabilità a portata di tutti e tutte. Un nome simbolico, magari mitico, tipo Prometeo, solo per ricordare, a problema risolto, che forse sarebbe stato tanto bello pensarci prima o metterci di meno e che questo impegno dovrebbe rimanere per opere future.

Nessun trionfalismo, quindi, ma solo la sincera soddisfazione per avercela fatta e per far meglio la prossima volta.


 

*GIGI SPINA (Salerno, 1946, è stato professore di Filologia Classica alla università Federico II di Napoli. Pratica jazz e tennis. Gli piace pensare e scrivere, mescolando passato e presente)   


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