BIBLIOTECA IN SELLA - L'Italia, e Buzzati al Giro

di STEFANO ELMI*

Arrivi di tappa, non pervenuti. Classifica generale, non pervenuta. Strategie delle squadre che si contendono la vittoria finale a Milano, tanto meno. Manca poco che io non ricordi nemmeno chi ha vinto quel giro d’Italia, alla fine devo fare una misera ricerca su Wikipedia. Che vergogna!

Dino Buzzati attrae sin dalle sue prime righe come un magnete. Narra tutto quello che non si vede e che non si trova nelle noiosissime classifiche e statistiche. Narra tutto quello che non ti aspetteresti da una cronaca di un grande giro ciclistico a tappe.

La cronaca inizia da una nave che salpa di notte da Genova con un gruppo di corridori di seconda fascia diretti al porto di Napoli. Qui, alla mattina, una ciurma variegata “…giovanotti in cattivo e medio arnese, un vecchietto ben vestito, una decina di scugnizzi vestiti bene…” attende trepidante i ciclisti, ma quelli col nome, quelli di razza. Chi scende invece sono solamente gregari o buoni corridori, ma appunto nessun campione conclamato. Incassata la delusione “…il vecchietto se ne va deluso roteando sdegnosamente il bastoncello…”

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(Fausto Coppi)

Il gruppo dei ciclisti in tenuta sportiva inforca la bicicletta e va ad allenarsi lungo la costiera amalfitana in attesa della seconda nave. Già, perché il viaggio non è terminato. La destinazione finale è Palermo, dove i grandi campioni arriveranno in treno per evitare il mal di mare. Da qui parte il Giro d’Italia del 1949. 

Ho scoperto il libro per puro caso con uno di quegli stupidi algoritmi che curiosano nelle nostre vite. L’ho letto su Kindle, scusate, un’altra vergogna. Ma avevo un’esigenza, quella di far rimanere leggero il mio bagaglio mentre mi trovavo a pedalare nello Yukon per alcune mie esplorazioni personali. Anche se a dire la verità feci un tentativo per trovare una copia da un tipico libraio dello Yukon. “Buongiorno, probabilmente non lo avrete, ma sto cercando Dino Buzzati al Giro d’Italia.” 

“Ragazzo lo sai dove sei?”

“Sì” risposi entusiasta “in una libreria!”

“No! Sei nello Yukon, you motherfucker!”

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Non era passato neanche un minuto e la mia ricerca terminò.

Una sera l’ho letto fino all’una di notte seduto su di una panchina di fronte al grande fiume alla luce non del molto poco romantico Kindle ma del sole, che quella sera non aveva voglia di scendere laggiù ad ovest dietro le foreste.

Se il sottotitolo del libro potrebbe risultare fuorviante - “raccolta degli articoli…” - di giornalismo nella più comune delle accezioni non vi è praticamente traccia. E’ invece letteratura e di quella buona per giunta. 

Attraverso le cronache di Buzzati, in su e giù per lo stivale, si ha uno spaccato degli anni '40 di questo paese come neanche un manuale di storia contemporanea o sociologia di un qualche scienziato in materia sarebbe in grado di descrivere meglio. Andrebbe introdotto in qualche corso di storia oppure nelle scuole. Se non vi piace il ciclismo non preoccupatevene, non è fondamentale, ma se vi piace allora tanto meglio. 

“…Noi dall’auto vedemmo qualcosa, rotte e precipitose immagini di questa Italia essenziale e plastica […] l’Italia delle osterie e delle fisarmoniche, dei grandiosi palazzi nobiliari trasformati in fienili e stalle […] Noi ne vedemmo qualche pezzetto, quasi di frodo. Loro, i ciclisti, niente.”

Un giorno, con le dovutissime differenze, mi sentii un po’ come il vecchio leone Bartali alla rincorsa del giovane airone Coppi, mentre fuggivo da un temporale che alla fine mi travolse con tutto il suo impeto. Alla sera prima ero arrivato al capitolo della mitica tappa Cuneo-Pinerolo, e credo che mi addormentai nella tenda con quelle scene epiche ben imprese nella mente. 

“… Era lurido di fango, la faccia grigia di terra e immota nello sforzo. Pedalava, pedalava come se qualcosa di orrendo gli corresse dietro e lui sapesse che a lasciarsi prendere ogni speranza era perduta. Il tempo, null’altro che il tempo irreparabile gli correva dietro. Ed era uno spettacolo quell’uomo solo nella selvaggia gola in lotta disperata contro gli anni…” 

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(Dino Buzzati)

E’ un mondo fatto di gregari, di meccanici, di persone a bordo strada in una gara che fatica a decollare mentre gli assi aspettano le grandi montagne per decidersi a darsi battaglia. Un mondo in cui Buzzati non fatica a ritrovarsi, nonostante sia al suo primo Giro, ed è preso in giro dalle storie di chi ne ha viste molte più di lui in quell’ambiente. E con questo suo distacco, allo stesso tempo partecipato, riporta dettagli apparentemente insignificanti su quello che accade e il tutto si trasforma in cronache mai banali. Il risultato è un ritratto personale che fissa momenti importanti nella carriera dei protagonisti e di questo paese. 

Come quando alla vigilia della cronometro di Torino, quando ormai le montagne sono alle spalle ed il Giro è saldamente nelle mani di Fausto Coppi, Gino Bartali assalito dalla folla esultante alla partenza, trova rifugio nella vicina macchina di Buzzati: “…Voi, con l’auto, dietro a chi andate? Dietro a Coppi, no?” Per un istante si avvertì nella sua voce un fondo di amarezza. “Eh, tutti andranno dietro a Coppi, oggi. Lui va. Io non so più andare!” […] Poi si udì dalla linea di partenza una voce che lo chiamava. Bartali si aggiustò i mezzi-guanti di cinghiale, scese di macchina, si avviò alla bicicletta proprio come chi va al lavoro…”


*STEFANO ELMI (Nato a Barga - Appennino Tosco-Emiliano -  il 4 Luglio del 1982. Ama scrivere e andare in bicicletta, fare trekking e sci-alpinismo. Il suo diario di bordo si chiama scrittimaiali.com.  Di recente, a seguito di un suo viaggio esplorativo in bicicletta fra Canada ed Alaska, ha scoperto che “In Alaska fa caldo” e ne è nato un libro edito da Ediciclo)


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