Argentina, tre milagros e un'apparizione

di MANUELA CASSARA' e GIANNI VIVIANI *

 Non si tratta di mestiere, sarebbe presuntuoso e pretestuoso, ma di essere semplicemente molto curiosa. Certi amici milanesi pensano che io sia, come dicono loro, molto “romana”. Quindi impicciona, con scarso senso della privacy. Il che è abbastanza razzista, trovo. E abbastanza vero. Sia come sia, specie in viaggio, che poi è la mia dimensione preferita, esserlo viene utile, fa scoprire cose curiose, che a molti sfuggono.

Per esempio, in Argentina. Uno ci va per i posti: il Perito Moreno, il Canale di Beagle, la cascate di Iguazu,  il Fitroy, Ushuaia. E per l’atmosfera: il tango, la musica, la storia. Ed è giusto, e anche noi; ma stranamente, a parte un’indimenticabile traversata del canale di Beagle con mare Forza 8 di cui rimane poca traccia fotograficamente parlando, perché il fotografo non era in grado d’intendere moralmente e fisicamente,  il resto è archiviato, sepolto e sopito, nella Home Page della mia memoria: Viaggio in Argentina 2016.Aconcagua 6962 mt  GVjpeg(Aconcagua, 6962 metri                     foto di Gianni Viviani)

Fluttuano invece altri ricordi: incontri con il soprannaturale, con il mistico, con i milagros. Cose strane. Cose da Santi e Santeria.

 GAUCHITO GIL, il Santo Robin Hood.

Stavamo percorrendo la ruta 40, spettacolare e deserta, fino a quando sulla destra, in quella che aveva l’aria di una discarica, ho notato un certo numero di bandierine rosse che da lontano potevano sembrare un improbabile raduno della CGIL. La discarica, che non lo era, ma che ci assomigliava molto anche da vicino, era invece un altarino dedicato a Gauchito Gil, dove le offerte votive erano scarpe rotte, bottiglie vuote, cartacce, statuine di gesso.

Nato nella provincia di Mercedes, al secolo Antonio Mamerto Gil Núñez, Gauchito era morto a soli trentotto anni, giustiziato per sospetta diserzione, nel 1878, e subito assurto a figura di culto, in Argentina e Paraguay.


ARGENTINA, UN VIAGGIO FOTOGRAFICO

Di mestiere bracciante, era bello aitante, almeno stando alle statuine e alle icone: capelli lunghi, baffoni, sguardo penetrante, si diceva che fosse capace di ipnotizzare… Del genere fricchettone, con una propensione alla seduzione. Cosa che non gli portò bene. Innamoratosi della proprietaria del ranch dove lavorava, fu scoperto dal poliziotto locale, anche lui spasimante della bella Estrella, e quindi costretto a fuggire. Il che fu l’inizio delle sue disavventure e avventure. Dopo svariate traversie, con una reputazione già da eroe, venne reclutato dai Colorados per combattere contro i Blancos durante la Guerra Grande, la guerra civile Uruguaiana alla quale peraltro partecipò anche il nostro Garibaldi.

  Probabilmente la causa non lo interessava più di tanto e così disertò, divenne fuorilegge, fu braccato come traditore, ma riuscì comunque a costruirsi una reputazione da Robin Hood andino, per la sua propensione ad aiutare i più bisognosi. Una figura eroica, rafforzata da chi gli attribuiva poteri taumaturgici e, persino, la prerogativa di essere immune alle pallottole.  Cosa che non gli servirà, visto che morirà con la gola tagliata, dopo essere stato appeso per i piedi e torturato con il fuoco. Ma, proprio mentre il sergente agli ordini del Colonnello Velasquez stava per finirlo, Gauchito gli rivolse, più o meno,  queste parole:

"Adesso mi ucciderai ma stasera, tornato a Mercedes, oltre alla lettera con il mio condono scoprirai che tuo figlio sta morendo di una strana malattia. Se preghi e mi implori di salvarlo, ti prometto che vivrà. Se no, morirà”.

Se fosse stato il Garcia dei film di Zorro, il sergente si sarebbe fatto una bella risata sguaiata; questo si limitò a tagliargli, senza altri indugi, la gola. Tornato a casa, puntualmente, trovò la lettera e pure il figlio misteriosamente moribondo; superstizioso e impaurito, si mise allora a pregare il Gauchito che, essendo uno che non portava rancore, altrettanto puntualmente lo salvò.
Il Sergente, pentito, riesumò il corpo per darne degna sepoltura, in un santuario a forma di croce rossa, che subito divenne luogo di culto e pellegrinaggi. 

Gauchito GVjpeg(L'altare di Gauchito Gil        foto di Gianni Viviani) 

Oggi, in un' Argentina religiosamente cattolica che però non disdegna la Santeria e i culti animistici, c'è chi vuole Gauchito Santo. Subito. Ovviamente la Chiesa Cattolica non è dell'idea. Io, invece, mi sono sentita subito un po' seguace. Ho comprato una sua statuina e me la sono portata a casa.  Non perché creda ai suoi poteri, ma non ho mai saputo resistere al fascino di una vittima, combattente del sistema.

 DIFUNTA CORREA, ovvero l’allattamento  post mortem

Diretti all'Aconcagua, percorrendo la Routa 7 Internacional che collega Mendoza con Santiago del Cile, stavamo per superare un’altra apparente discarica, stavolta di bottiglie d’acqua minerale, piene d’acqua. Saranno state qualche centinaio, impilate per bene, una lunga piramide ordinata sotto un’affissione dedicata a una certa Difunta Correa. Anche loro circondate dalla solita apparente spazzatura che però spazzatura non è, trattandosi di poveri ex voto.

 Vuole la leggenda che la non ancora defunta Signora Correa sia morta nel 1840, mentre cercava di raggiungere e soccorrere il marito malato, reclutato e poi abbandonato moribondo dai Montoneras, gruppo partigiano in lotta durante la guerra civile. Il nome ci è familiare, essendo stato ri-adottato, leggermente modificato in Montoneros, negli anni 60/70 per identificare la guerriglia di sinistra contro il regime, nel secolo scorso. Torniamo a Deolinda, perché così si chiamava la defunta Difunta. Con il suo pargolino poppante in braccio, aveva seguito le tracce dei Montoneras inoltrandosi a piedi nel deserto intorno a San Juan. Senza acqua né provviste, la poverella non ce l’aveva fatta. Il suo corpo senza vita fu trovato, dopo giorni, da alcuni gauchos. Ma il piccoletto, ancora attaccato al suo seno, era vivo, vegeto e ben pasciuto, nutrito post mortem dal latte materno.

Difunta 2  GVjpeg(Gli omaggi alla Difunta Correa            foto di Gianni Viviani)

Anche in questo caso la chiesa cattolica si dissocia dal culto popolare, ma gaucho e camionisti sono gli artefici di questi altarini disseminati lungo le strade, arrivano da loro le bottiglie d’acqua lasciate per calmare l'eterna sete della fedele e generosa Deolinda. Dal 1940 il piccolo santuario di Vallecito, che peraltro si trova in una zona ad alta concentrazione di santuari, anche cattolici, si è trasformato in una vera e propria piccola città con 17 cappelle votive e una statua life-size della Difunta, sdraiata mentre allatta il suo piccoletto.

PUENTE DE LOS INCAS, un milagro e un’immolazione

Sulla via del ritorno dalla nostra escursione all'Aconcagua, tra le spettacolari montagne della Cordigliera delle Ande, nella provincia di Mendoza, a 2700 metri d’altitudine, Juan Daniel il nostro driver, questa volta è lui e non noi a chiederlo (tanto aveva capito di che stoffa strana eravamo fatti) si era fermato al Puente de Los Incas. Mentre ci indicava il sito, un ponte naturale ricoperto da sedimenti minerari color zafferano, sopra un torrente vivace, la sua voce si era abbassata e aveva assunto un tono reverenziale, si sporgeva per farci notare una costruzione solitaria con accanto un vasta pietraia scoscesa. “Quelle rovine sono tutto quello che resta di un albergo portato via da una slavina che l’ha distrutto interamente nel 1965, lasciando invece intatta la chiesetta, Capite? risparmiata per volere divino.E’ un vero milagro!

Del suddetto miracolo non fanno cenno né il cartellone in loco né il sito Los Penitentes, che dà solo un sobrio accenno alla frana e alla chiesetta. Finanziato da una compagnia americana, l’Hotel de Los Inca fu costruito nel 1925 come lussuosa struttura termale, per sfruttare quelle medicamentose acque minerali ricche di calcio, bicarbonato e diversi sali di sodio, arsenicali e solforosi, dalle proprietà curative e antistress, che sgorgavano con una temperatura anche di 38°. 

Le Terme a Puente GVjpeg(Puente de los Incas       foto di Gianni Viviani)

Frequentato dall’Argentina Bene durante il periodo peronista, i pazienti potevano usufruire di nove stanze attrezzate per le cure, in uno squadrato bunker con zero concessione allo charme, visibile sotto il ponte. Più che un’invitante e rilassante Spa del benessere, la struttura ha lo stesso fascino di una prigione dell’Inquisizione. Pare tuttavia che l'alta concentrazione di CO2 fosse un piccolo problemino collaterale, risolto con un’adeguata ventilazione, onde evitare che la cura diventasse troppo terminale.

Le acque sono così ricche di sedimenti da ricoprire in un mese qualsiasi oggetto con una spessa patina amarilla e ferugginosa.  Immagino perciò anche i polmoni. E questo è il momento di chiedere venia per non aver fotografato, a riprova, quanto messo in vendita dagli indigeni: bottiglie, lattine, statuette, carabattole varie, tutte come ricoperte da un vellutino color curcuma. 

ARGENTINA DEI MIRACOLI, UN FOTOSERVIZIO DI VIVIANI E CASSARA'

Se della chiesa non si parla, il Ponte de Los Incas, invece, ha le sue leggende, riportate su Wikipedia in Spagnolo. Quella che preferisco è Quechua. Prima dell'arrivo degli spagnoli, l'erede al trono dell'Impero Inca fu colpito da una grave e strana paralisi, e gli fu consigliato di recarsi in questa località dalle acque miracolose che sgorgavano da un torrente impetuoso. Affinché l'erede potesse raggiungerle, i servizievoli guerrieri Inca si abbracciarono per formare un ponte umano, che il re attraversò camminando sulle loro spalle, portando in braccio il figlioletto e raggiungendo così la sorgente e la cura. Quando il Re si voltò per ringraziare i suoi fedeli guerrieri, questi si erano immolati, pietrificandosi, per creare appunto il Ponte. Previdenti. Immagino fosse per garantire il ritorno a casa del re e del figlio guarito.

 SANTUARIO DE LA VERGINE DI LOURDES, la Madonna che si vede ma non c’è

Alta Gracia, Cordoba. Il nostro pellegrinaggio laico era stato alla casa del Che, che ad Alta Gracia, aveva passato la sua cagionevole adolescenza, per trovare sollievo da quell’asma che lo affliggeva fin da piccolo. Anche la casa era un santuario. C’era persino il libro Cuore sul comodino della sua spartana stanzetta. C’era ancora la sua bici, con la quale ha girato tutta l’Argentina, viaggio che lo aveva formato e motivato. C’era la sua vasca da bagno arrugginita e le foto di lui bambino. C’erano, ci saranno ancora, gli innumerevoli souvenir. Un po’ blasfemi, se me lo chiedete. Pensate a delle infradito con l’immagine del Che. Non vi vengono i brividi? Ma questa è un’altra storia. Torniamo invece all’ennesimo milagro, documentato al Santuario della Vergine, diventato  famoso, meta di pellegrinaggi, i muri perimetrali del giardino ormai coperti da migliaia di ex voto riconoscenti.Madonnajpg

(Il santuario della Vergine di Lourdes       foto di Gianni Viviani)

Il fotografo familiare, dotato di un forte senso dell’immagine ma non della notizia, ha fatto un unico scatto e di malavoglia, sbuffando di non poter andare più vicino e della poca luce. Va bene essere artisti e non reporter, ma di fronte al Sovrannaturale bisogna essere elastici. Comunque credete a me e a quanto sto per dirvi perché io, il milagro, l’ho visto con i miei occhi. Al centro dell'altare, in alto, in una teca nebbiosa, c’è una Madonnina bianco gesso che pare quasi un ologramma. Sembra la copia passata in varecchina della statuetta a tutto tondo colorata, poggiata direttamente sull'altare. Una spiega postata su una bacheca afferma come la Madonnina, quella similgesso, sia apparsa dal nulla quando, nel 2011, quella vera fu tolta per essere restaurata: una sostituzione per mano divina, per non privare i fedeli della loro Madonna preferita, mentre quest’ultima subiva il make-up di restauro.I fedeli GVjpeg(I fedeli    foto di Gianni Viviani)

Però, quando qualcuno, un san Tommaso incredulo,riesce ad avvicinarsi per guardare meglio dentro la nicchia, la Madonnina scompare. Prima c’era, ora non c’è più. La nicchia è vuota.

Quindi - mi dice la guida, che era un tipo preciso -“trattasi non tanto di Miracolo ma di un’Apparizione”.

La cosa un filino sospetta però, mi sia concesso, è che io, noi, dobbiamo andare sulla fiducia, perché un cancello con tanto di grosso lucchetto impedisce a chiunque di avvicinarsi all'altare e quindi di verificare l'inconsistenza della statua.

Ecco. Mi scuso con chi non lo è, ma io sono una sospettosa miscredente. E comunque pure la Chiesa sta cercando di vederci chiaro.


*MANUELA CASSARA’ (Roma 1949, giornalista, ha lavorato unicamente nella moda, scrivendo per settimanali di settore e mensili femminili, per poi dedicarsi al marketing, alla comunicazione e all’ immagine per alcuni importanti marchi. Giramondo fin da ragazza, ama raccontare le sue impressioni e ricordi agli amici e sui social. Sposata con Giovanni Viviani, sui viaggi si sono trovati. Ma in verità  anche sul resto) 

*GIANNI VIVIANI (Milano 1948, fotografo, nato e cresciuto professionalmente con le testate del Gruppo Condè Nast ha documentato con i suoi still life i prodotti di molte griffe del Made in Italy. Negli ultimi anni ha curato l’immagine per il marchio Fiorucci. Ha anche lavorato, come ritrattista, per l’Europeo, Vanity Fair e il Venerdì di Repubblica. La sua passione più recente sono le foto di viaggio)


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