Anna Brodsky: "Il coraggio degli ucraini, il panico di Mosca. Rublo carta straccia come ai tempi dell'Urss"

di ANNA DI LELLIO*

Anna Krotkinia Brodsky dirige il  Dipartimento di Studi Slavi alla Washington & Lee University, in Virginia.   L’ho sempre incontrata alle cene organizzate da una comune amica quando abitavo a New York, e da lei ho ascoltato storie avventurose sulla guerra dei separatisti Ucraini nell’est del paese. 

Anna è un’accademica, ma nel 2014 ha iniziato a collaborare con il giornale russo Nezavisimaya Gazeta (indipendente) fino all’anno scorso, quando la sezione cultura del giornale è stata chiusa. Da allora scrive per Zerkalo Nedeli (Weekly Mirror), uno dei maggiori giornali ucraini. Ha viaggiato spesso nel paese per seguire la situazione al confine orientale e ha scritto sui profughi ucraini ma anche sulla corruzione.  Ora, come tutti, segue da lontano la situazione. La raggiungo per telefono due giorni dopo che ha rilasciato un’intervista alla televisione nazionale ucraina. 


Riescono ancora a fare interviste alla televisione, in Ucraina?

"Si, e sembrava tutto stranamente normale. Mi hanno chiesto come è l’umore degli Americani e come si sta comportando l’amministrazione Biden, le solite domande di sempre rivolte alla corrispondente da New York. Ma la cosa insolita era l’ambientazione. In genere si collegano da uno studio televisivo  vistoso e io sono su Skype, l’altro giorno eravamo tutti su Zoom, io, i giornalisti, gli esperti militari. Poi abbiamo saputo in diretta che la torre della televisione era stata bombardata".

Che notizie hai direttamente dall’Ucraina?

"È un incubo. Un amico mi ha detto che non ha chiuso occhio da quando è cominciata la guerra. Quando suonano le sirene va nello scantinato con la madre ultraottantenne che lo segue zoppicando. La famiglie sono separate, come quella di un altro amico, divorziato, la cui ex-moglie vive con la figlia dal lato opposto della città. Si parlano per telefono. Lui anche se volesse non si può muovere perché ha una madre anziana. Per chi vuole andar via sta diventando sempre più difficile, i treni sono rari e troppo affollati. E gli anziani ci pensano due volte prima di prenderne uno".

Però sappiamo che la gente sta anche reagendo con grande coraggio.

"Certo. I miei amici più giovani mi hanno mandato foto della loro collezione di Molotov fatte in casa. Hanno sui trent’anni e si sono presentati volontari alle forze di difesa territoriale. Ma anche un altro amico di mezza età, uno storico dell’arte che non ha niente a vedere con la guerra, si è unito a loro. La resistenza è straordinaria e si esprime in modi diversi. Per esempio, il governo ha incoraggiato tutti a non lasciare a casa gli animali domestici e quindi per i rifugi improvvisati, dagli scantinati alla metropolitana, girano cani e gatti. Sono di un aiuto tremendo per la gente, soprattutto i bambini e gli anziani. Aiutano a minimizzare il trauma. Certo mi chiedo come facciano a tenere gli spazi puliti, senza lettiere".


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E dalla Russia, che notizie ricevi?

"A Mosca mi dicono che c’è il panico. Il treno che porta in Finlandia è pieno zeppo, lunghe file alla frontiera per salirci. Un’amica è arrivata ieri a New York da Mosca, lei ha la cittadinanza americana ed era in visita in Russia proprio in questi giorni. Ha preso l’ultimo aereo. Mi ha detto che l’atmosfera all’aereoporto era cupa, lunghe file anche lì di gente con animali domestici. Chiaramente non partivano per una vacanza, ma per un tempo molto più lungo, forse per non tornare. 

I miei amici di Mosca sono progressisti, quindi fanno testo solo relativamente, ma ti assicuro che la situazione è talmente drammatica che nessuno è contento. Una fonte che non posso nominare mi ha detto che il clima tra i ricchi è cupissimo e ora qualcuno dice anche: “Vogliamo la pace!”. Sostengono che Putin non ha calcolato bene le sue mosse, che si è illuso di poter vincere velocemente la guerra in Ucraina  e il  confronto politico con l’Occidente.

All’inizio si è detto: 'sanctions/schmantions!' (qui Brodsky usa un gioco di parole mutuato dallo Yiddish, ndr. Il senso è: "Ma quali sanzioni, ma mi faccia il il piacere..." ) a noi cosa importa? Le sanzioni non sono una novità, nel passato hanno anche aiutato l’economia, hanno incoraggiato la diversificazione, ora anche i russi sanno fare il formaggio. Ma nessuno ha pensato che il blocco della banca centrale avrebbe impedito a Putin di sostenere il rublo. Oggi il rublo è carta straccia, come ai tempi dell’Unione Sovietica. A Mosca non lo cambiano con il dollaro al mercato ufficiale, e per avere un dollaro devi sborsare 250 rubli. Siamo di nuovo in Unione Sovietica".

A me ha colpito molto come parla Putin, mi ha colpito il suo linguaggio violento e sessualizzato.

"C’è da distinguere. Le rime che Putin ha citato parlando agli ucraini, che alludevano allo stupro di una donna morta, 'che ti piaccia o no, sopporta bellezza!' in Russia le conoscono anche i bambini e tutti le intendono in modo metaforico. Ma la metafora è violenta, esprime volontà di dominio violento. La società russa è crudele. E quello è un linguaggio da mafioso".

"Parlavo prima di ritorno all’Unione Sovietica. La logica oggi è la stessa di Stalin. Il terrore è il solo strumento che i russi sanno usare per farsi rispettare. Il terrore è ovunque. Il nonnismo è così violento nell’esercito che ci sono state migliaia di vittime tra le nuove reclute negli ultimi vent’anni. Perché non è stato mai condannato o fermato? Perché l’esercito come la società funziona sul terrore. Quelli che scampano al nonnismo l’anno dopo torturano le nuove reclute e così via".

Data la retorica ufficiale e il clima di violenza istituzionalizzato nell’esercito, è possibile che ci saranno violenze sessuali sui civili in Ucraina? 

"Già ci sono state le violenze sessuali nelle province separatiste sotto loro controllo. Lo ha rivelato il giornalista Stanislav Aseev, detenuto a Donjetsk per due anni per aver scritto articoli sulla vita quotidiana in quella regione. Tutti i prigionieri dei russi sono stati torturati e stuprati, uomini e donne. Lui l’ha scampata alla fine grazie ad uno scambio di prigionieri".


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(La banconota da duemila rubli)

È una situazione molto difficile, in cui si deve cercare di non perdere completamente la bussola. Qui in Italia c’è stato anche il tentativo assurdo di boicottare Dostoevsky.  Che ne pensi, come docente di letteratura russa?

"Ah, Dostoevsky! Quando lo lessi da ragazzina a Mosca, non a scuola perchè i sovietici non lo facevano insegnare, troppo anti-comunista, pensai fosse brillante. Soprattutto I Demoni. Toccava direttamente questioni cruciali per noi, come il rifiuto dei compromessi spirituali imposti dalla rivoluzione e il rifiuto della violenza come fondazione della società. 

L’ho riletto e studiato dopo. È orribile, un proto-nazionalista russo antisemita, che odiava i polacchi ma soprattutto i cattolici, che non considerava neanche cristiani. Era un ultra ortodosso che credeva nell’unicità del popolo russo in quanto ortodosso e quindi possessore di una verità trascendentale".

 Da russa, come ti senti in questo momento?

 "Sono cresciuta nell’Unione Sovietica, un posto soffocante, cupo e soprattutto per me, giovane donna quando partii per gli USA, noioso. Mi sono laureata in storia dell’arte e ho visto Tintoretto solo in bianco e nero. Anche all’Ermitage si faceva fatica a vedere i colori, perché l’illuminazione non funzionava. E ora, dopo tanto tempo, la Russia si ritrova al punto di partenza, dentro una nuvola di bugie. Sono circondati di bugie e devono sempre dire di sì, vivono in una società dove la dignità umana continua a diminuire ogni giorni di più".

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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