Alicudi, la montagna dentro il mare

 di STEFANO ELMI*

La signora Rosina inveisce contro lo schermo della televisione sintonizzata su Rete 4. Sono quasi le 21, ormai è già buio e la telenovela che va in onda sa già di autunno e brutto tempo. Un cameriere è stato sorpreso nel letto di un’ospite, la signora Rosina lascia di punto in bianco la nostra conversazione sui capperi e si lancia contro lo schermo come per verificare l’accaduto. Inveisce in dialetto per alcuni istanti, poi parte la pubblicità e ritorna da noi.

La sera prima eravamo circondati da un gruppo chiassoso di avventure nel mondo composto in prevalenza da donne con pochi e silenziosi maschi. Alcuni avevano chiesto quanto ci si impiegasse per salire sino alla vetta dell’isola,il monte Il filo dell’Arpa, 670 metri. “Allora io da qui da casa mia” iniziò Rosina “con uno zaino diciamo con circa due kg di roba dentro ci metto un’ora per arrivare alla montagna”, disse col fare di chi quel sentiero lastricato di pietre laviche lo aveva percorso migliaia di volte avanti e indietro.

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(acquerello di Martina Rosati)

E aveva ragione, ci è voluta quasi un ora a salire lassù alla montagna, peccato che per Montagna, con la M maiuscola, Rosina intendesse la frazione più alta dell’isola. In un paese montano potrebbe essere considerato l’alpeggio estivo dove portare gli animali al pascolo. E di montagna sa Alicudi, dove non esiste strada alcuna e ci si sposta solo a piedi, dove le merci vengono trasportate a dorso di mulo e le coste, al di là del piccolo porticciolo, sono praticamente inaccessibili. Non esistono insenature che possano fungere da riparo col cattivo tempo, né sono state costruite barriere per far attraccare il traghetto o l’aliscafo anche col mare grosso. Fino a non molti anni fa le navi si fermavano al largo e con il rollo (una piccola imbarcazione a remi) venivano trasportati a riva persone e merci.

Non stupisce che il paese sin dall’antichità si sia sviluppato in alto. Lassù c’era tutto, il mare era una cosa lontana. Su a la Montagna il paesaggio cambia drasticamente, tutto si fa pianeggiante e il sentiero di snoda fra i muretti a secco. Le felci hanno invaso quelli che dovevano essere i campi coltivati d’un tempo, ed erano moltissimi. I lati della montagna sono tutti terrazzati fin nell’angolo più impervio ed inaccessibile. Neanche un centimetro veniva lasciato incustodito. Poi il mondo è cambiato, le persone emigrate e quelle rimaste sono scese dalla montagna per lavorare col turismo ad una quota più vicina al mare.

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(foto di Stefano Elmi)

“Se cammini per tutto l’altipiano arriverai sulle scogliere inaccessibili ad ovest; se da lì ti sporgi, fai attenzione però, vedrai il relitto di un sommergibile affiorare dalle acque”; il signore taciturno della sera prima assieme al gruppo di signore di avventure nel mondo è più loquace se incontrato da solo e mi dà questa informazione curiosa. Arriviamo sin là e si vede questo sottomarino, probabilmente della seconda guerra mondiale, laggiù sul fondale a pochi metri di profondità.

Da questo lato dell’isola vivono solamente le capre. Stanno pascolando tranquillamente su degli strapiombi che dalla vetta dell’isola cadono direttamente in mare.

Nei cimiteri isolani moltissime sono le tombe dei bambini morti appena nati, con date che oscillano fra ‘800 ed inizi ‘900. Un monito su come doveva essere la vita da queste parti in quegli anni. Alcune assomigliano proprio a delle culle, così circondate da una piccola struttura di ferro battuto che nella sua semplicità ne amplifica il vuoto. 

“Niuzzo! Niuzzo vieni!” un piccolo gatto nero ci supera in salita con passo indolente come colui che non vuole rientrare a casa, ma vuole continuare a bighellonare. Poco dopo conosciamo Teresa Perre, sta tornando a casa con la spesa. E’ lei una delle persone che hanno fortemente voluto la scuola ad Alicudi: “Fino agli anni ’90 il provveditorato affittava una casa vacanze che regolarmente all’inizio dell’estate dovevamo lasciare per fare spazio ai turisti. Poi grazie anche al sindaco di Lipari d’allora, Michele Giacomoantonio è stata acquistata e ristrutturata quella che è l’attuale scuola. Una tipica casa eoliana che era di proprietà di una signora svizzera” dice la maestra, e prosegue:  “L’idea di dare una sede stabile alla scuola nasceva dalla necessità di dare continuità e memoria a questo importante percorso, specialmente nell’isola più remota delle Eolie. La presenza della scuola piano piano ha dato i suoi frutti. C’è voluto del tempo e tanto ancora ce ne vorrà, non si può pensare di cambiare una mentalità in così pochi anni. Devi capire, devi mediare sopratutto in una realtà fatta di micro-sistemi, che sono come un’isola nell’isola, per parlarci chiaro poche ma importanti famiglie che hanno da sempre indirizzato e orientato gli altri abitanti. La scelta della scuola col suo presidio permanente ha saputo negli anni dar voce a chi voce non aveva, ed ha fornito l’opportunità ai ragazzi di scegliere”.

Com’è fare l’insegnate in un luogo come Alicudi, chiedo quando Teresa è ormai vicina alla sua casa. “Alle volte pensavo di averli adottati, non c’è distacco qui, vivi tutto in maniera continuativa. Sei molto più di un insegnante”.

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(foto di Stefano Elmi)

La maestra Teresa Perre, forse l’unica che sia stata di ruolo ad Alicudi, oggi in pensione, si occupa ancora attivamente del piccolo museo fotografico istituito in una sala al fianco della scuola. Un luogo per creare una memoria appunto, e pare anche essere l’unico luogo pubblico dove poter socializzare in un’isola dove finita la stagione estiva il piccolo bar chiude e rimangono aperti solo due botteghe di generi alimentari e l’ambulatorio del dottore.

A fianco della scuola c’è anche una biblioteca intitolata a Franco Scaglia, giornalista Rai e vincitore del premio Campiello, che era di casa in quest’isola. La moglie Mascia Musy alla morte ha donato i suoi libri ed ha intitolato la stanza Fra cielo e mare. 

“I bambini arrivano da soli a scuola, a parte quelli dell’asilo ovviamente. Tutti conoscono pietra per pietra ogni angolo dell’isola” mi dice la maestra Beatrice Zullo di Milazzo che già da alcuni anni presta servizio presso la scuola “sono molto autonomi e indipendenti rispetto ai loro coetanei che vivono in città”.

Beatrice ogni mattina sale i suoi 357 scalini, la distanza che divide il porto dalla scuola. “Parto presto per arrivare in tempo. Quest’anno dovremmo averne circa 5 di alunni, divisi fra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria. Naturalmente abbiamo una pluriclasse”

Arrivo nei giorni prima dell’apertura di un anno che risulta essere decisamente particolare. E’ arrivato anche Basilio, il collaboratore scolastico, da Barcellona Pozzo di Gotto. Stanno organizzando le aule ed aspettando anche un’altra insegnante che arriverà con l’aliscafo delle dieci. 

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(acquerello di Martina Rosati)

Siamo a fine stagione, in giro solo tedeschi e svizzeri. Molti i possessori di seconde case. Un tipo alto, capello biondo e tunica turchese con cane a guinzaglio e smartphone nell’altra passa davanti alla scuola.  “Ciao” faccio io; “as-salaam alaykum” fa lui "wa alaykum as-salaam" rispondo io. Vengo squadrato. La comunità germanica è molto numerosa qui sull’isola, molti gli eccentrici. “Ah sarà stato girasole!” fa Basilio il collaboratore scolastico “Perché girasole?” chiedo incuriosito “Perché ha una testa così” risponde allargando le mani ai lati della testa.

C’è il medico di famiglia e la guardia medica. C’è un piccolo ufficio postale aperto solo il giovedì. Ci sono due botteghe di alimentari. Non ci sono né farmacia né edicola. C’è la chiesa ma è senza prete. Ma più di tutti è l’arrivo dell’aliscafo, se il mare lo permette, che scandisce la vita dell’isola. Circa una mezz’ora prima del suo approdo i muli vengono schierati a fianco delle barche da pesca tirate a secco sulla spiaggia, pronti per essere caricati. Chi vuole offrire un alloggio si avvicina discretamente. Insomma è la vita con i suoi maneggi, i suoi riti, le sue trattative che va avanti come sempre, non più sulla montagna ma giù al mare.


*STEFANO ELMI (Nato a Barga - Appennino Tosco-Emiliano -  il 4 Luglio del 1982. Ama scrivere e andare in bicicletta, fare trekking e sci-alpinismo. Il suo diario di bordo si chiama scritti maiali.com. Di recente, a seguito di un suo viaggio esplorativo in bicicletta fra Canada ed Alaska, ha scoperto che “In Alaska fa caldo”e ne è nato un libro edito da Ediciclo)

*MARTINA ROSATI (E' nata a Barga, Lucca, il 7 Febbraio 1984. Laureata in scienze dei beni culturali, ha collaborato con Andrea Salvetti come process cordinator per la produzione di opere d’arte ed oggetti di design limited edition e come responsabile dell’allestimento della mostra metalli vegetali presso la galleria Avant Scene di Parigi. Attualmente è allieva di C.R.E.T.E. (centro ricerche europeo terapia espressiva) e specializzanda presso l’Università di Pisa in storia dell’arte.


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