Albania, quattro religioni in amicizia dopo l'ateismo di regime

di LUISA PECE

La religione degli albanesi è l’albanesità” (Pashko Vasa, 1825-1892)

L’Albania è un grande paese di piccole dimensioni, con meno di tre milioni di abitanti. E vi convivono pacificamente quattro religioni: islam, cattolicesimo romano, cattolicesimo ortodosso, bektashi, oltre ad altri culti e confessioni di modesta entità. I Bektashi costituiscono un ordine mistico ispirato al sufismo, presente quasi esclusivamente in Albania e altri paesi balcanici: praticano un culto religioso estremamente tollerante, senza particolari restrizioni per i fedeli, uomini e donne. Non esiste una religione ufficiale e in generale l’appartenenza religiosa non è un elemento importante nella quotidianità e nei rapporti interpersonali. 

A proposito della pacifica convivenza di vari culti mi piace ricordare un piccolo aneddoto. Il giorno dopo il tremendo terremoto del 26 novembre 2019, andammo in quattro a pregare assieme nella cattedrale cattolica. L’unica cattolica ero io… E a Tirana esiste anche un Monumento all’amicizia.

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(Il monumento all'Amicizia, a Tirana)


I luoghi di culto più importanti della capitale albanese sono la Katedralja Katolike Shën Pali, intitolata a San Paolo, con all’interno un grande mosaico raffigurante Madre Teresa e all’esterno una statua della stessa Santa, molto amata; la moschea grande Xhamia e Et’hem Beut, che prende il nome dal poeta Et’hem Pasha, con incantevoli affreschi sia all’esterno che all’interno; a poca distanza sorge la cattedrale ortodossa Kryekisha Ngjallia e Kristhtit, intitolata alla Resurrezione, consacrata nel 2014, con una modernissima torre campanaria. Infine, leggermente in collina, si trova la bella teqqe (tempio) dei Bektashi, con i tre piccoli edifici che accolgono le tombe dei suoi baba.


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(Tirana, la Katedralja Katolike Shën Pali)


La comunità ebraica è quasi inesistente, nonostante gli ebrei fossero in passato ben presenti sul territorio, con imponenti sinagoghe a Saranda e Valona, ora mere aree archeologiche. Molti ebrei furono nascosti e salvati dagli albanesi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Tirana, oltre agli Atenei pubblici, ospita varie Università private, tra cui almeno tre pienamente confessionali (dove peraltro possono iscriversi studenti e studentesse di qualsiasi appartenenza religiosa): l’Università Beder, fondata nel 2011 dalla Comunità Musulmana d’Albania; la frequentatissima Università Cattolica di Nostra Signora del Buon Consiglio, nata nel 2004, con docenti italiani e albanesi; la Logos, fondata nel 2008 dalla comunità Ortodossa d’Albania. Per lo più gli studenti di queste università accedono grazie a borse di studio finanziate appunto dalle comunità religiose.


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(Tirana, la moschea Xhamia e Et’hem Beut)


Alla Beder ho incontrato il professor Genti Kruja, Segretario Generale del Consiglio interreligioso d’Albania e capo del Dipartimento di Studi Islamici. Durante la nostra piacevole conversazione ho potuto saperne un po’ di più sulla convivenza/tolleranza/storia religiosa in Albania. Prima di tutto le percentuali, secondo il censimento di una decina di anni fa: musulmani 57%, cattolici 10%, Ortodossi 7%, Bektashi 2,5%, evangelici 0,5%, atei 2-5, il resto non ha dichiarato preferenze religiose.



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(Tirana, la cattedrale ortodossa Kryekisha Ngjallia e Kristhtit )


Due volte l’anno si tiene un simposio interreligioso cui partecipano i massimi esponenti dei vari culti. Anche Papa Francesco vi è stato ospite nel 2014. E nel 2015 Tirana ospitò l’Incontro di Preghiera per la Pace (Peace is Always Possible), cui presero parte centinaia di leader religiosi da tutto il mondo.

Nel 1967 il regime di Enver Hoxha impose l’ateismo di Stato – unico stato ateo per legge nel mondo. Non si potevano praticare riti religiosi e chi lo faceva di nascosto rischiava fino alla fucilazione, erano state chiuse le madrasse e tutte le altre scuole confessionali, non si potevano pubblicare scritti che avessero a che fare con la religione, venne distrutta la chiesa ortodossa di Durazzo, poi circa altre 2000 tra chiese e moschee furono abbattute o destinate ad altri usi civili o militari, lo spionaggio contro sacerdoti, imam, leader religiosi in generale entrò a far parte della vita quotidiana, insieme con le persecuzioni degli stessi. Naturalmente, il regime se ne faceva vanto, sottolineando la “partecipazione” di tanti giovani a questi tragici eventi, propagandandone la popolarità e dichiarando che alla gente tutto ciò piaceva.


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(Tirana, il tempio con le tombe dei baba bektashi)


A Scutari venne addirittura istituito un Museo dell’Ateismo, che conteneva caricature di preti e di imam. Peraltro Scutari fu anche la città in cui si tennero le prime due cerimonie religiose (cattolica e musulmana) dopo la caduta del regime.

Sicuramente negli anni c’è stato un risveglio religioso, come dimostrano le tante candele gialle, sottili e fumanti, accese nei vari luoghi di culto, oppure i lunghi rituali funerari officiati da un prete cattolico o ortodosso o da un imam, ma non ho mai avuto la sensazione che, in linea di massima, sia una parte rilevante della quotidianità della gente comune.


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Anche Ismail Kadare, il grande  scrittore di Argirocastro, sottolinea come la religione non rappresenti un’arma di divisione tra le persone: “Gli albanesi prima di sposarsi non chiedono la fede religiosa del coniuge, ma la domandano solo dopo il matrimonio”…

 

*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)


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