Le stragi di Filetto e Onna, e l'armadio della vergogna

di GABRIELLA DI LELLIO*  

La storia di Filetto comincia prima dell’incastellamento, esso è citato nei documenti a partire dal XII secolo. E’ opinione diffusa che il successivo castello di Filetto che partecipò alla fondazione dell’Aquila sorgesse nei pressi della chiesa di San Crisante. Fino al 1927 faceva parte del comune autonomo di Camarda. Oggi si tratta di un centro agricolo e non più pastorale, uno di quei villaggi che tentano cocciutamente, con il pendolarismo, di resistere allo spopolamento.

Il 7 giugno scorso il paese ha ricordato l’eccidio nazista che 77 anni fa si scatenò sulla popolazione inerme di Filetto con la complicità di fascisti locali. Durante l’occupazione nazista nel paese c’erano una piccola stazione radio- telefonica, un’infermeria e un magazzino viveri controllate dai tedeschi. A Filetto operava la banda partigiana “Di Vincenzo”. Il 7 giugno 1944 una decina di partigiani provenienti da monte Archetto - una piccola cima (1831m) nel mezzo della piana di Campo Imperatore nei pressi del Lago Racollo - assalì i soldati che stavano caricando il materiale radio in vista dell'imminente ritirata, ignorando la direttiva del Comitato di Liberazione Nazionale che invitava ad  ostacolare la ritirata tedesca ma senza agire nei centri abitati per non coinvolgere in alcun modo le popolazioni.

Il conflitto a fuoco si concluse con la morte di due soldati tedeschi e di tre partigiani. La squadra partigiana  guidata dal comandante Aldo Rasero aveva, inoltre, ricevuto dal giovane liceale Angelo Cupillari  un appello sottoscritto dagli abitanti del paese per scongiurare la rappresaglia. I tedeschi non furono colti di sorpresa perchè allertati dalle grida di alcune donne che tentarono di dissuadere i partigiani dall’attacco proprio mentre i tedeschi stavano andando via. L’allarme venne dato in pochi minuti e mentre i partigiani si dileguavano verso i monti da cui erano scesi una colonna di autocarri tedeschi risaliva la strada per il paese. Seguì la rappresaglia. Furono catturate una trentina di persone, tra cui alcuni minori, poi rilasciati. I prigionieri vennero posti su tre file e furono fucilati. Una decina di prigionieri delle ultime file riuscì a salvarsi gettandosi nelle radure retrostanti ma diciassette persone furono uccise, i cadaveri furono portati in due case che vennero date alle fiamme e il paese fu depredato. Angelo Cupillari fu accusato di essere in qualche modo il responsabile della strage e rischiò il linciaggio da parte di alcuni abitanti di Filetto in quanto, secondo alcuni racconti, ebbe lo scopo privato di voler impadronirsi di una macchina per scrivere che i tedeschi avevano svenduto ad un altro abitante di Filetto.


famiglia cristianajpg


Il brutto episodio è ricordato da un monumento all’ingresso del paese. Nel 1969 Der Spiegel rivelò che ad ordinare la strage fu il capitano Matthias Defregger, divenuto successivamente vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Monaco di Baviera e Frisinga.  

Nel tribunale dell’Aquila c’era un Armadio della Vergogna, un faldone con una quindicina di procedimenti penali “contro ignoti militari tedeschi”, rispuntato fuori a 77 anni dai fatti, trovato nell’Archivio di Stato aquilano. Lo rivela il giornalista Giustino Parisse in occasione delle celebrazioni dell’eccidio di Onna (AQ), nel quale  16 persone furono fucilate dai tedeschi l’11 giugno del 1944, quattro giorni dopo l’eccidio di Filetto: due  stragi attribuite finora allo stesso reparto dell’esercito tedesco. Nell’armadio sono custoditi oltre ai fascicoli relativi alla strage nazista di Onna  anche quelli sulla  morte di un carabiniere e di un forestale durante l’azione militare che portò alla liberazione di Benito Mussolini sul Gran Sasso il 12 settembre 1943, e quelli sull’uccisione di civili a Paganica (AQ) nel maggio 1944 e di un prigioniero inglese il 23 settembre 1943. Le indagini sulle stragi naziste furono chiuse dalla sezione istruttoria della Corte d’Appello dell’Aquila a fine maggio 1951 con la formula “non doversi procedere”. Da allora le carte sono state seppellite nell’archivio del Palazzo di Giustizia dell’Aquila. Dalla lettura degli atti emerge che la strage di Onna in realtà va attribuita a otto uomini, fra cui almeno 3 fiancheggiatori fascisti, della Gendarmeria tedesca di stanza all’Aquila. 

Elemento comune nelle stragi di Filetto e di Onna è che la morte non ha avuto motivazioni ideali. Si è abbattuta ciecamente, come una catastrofe naturale, su povera gente estranea ai motivi scatenanti la violenza e ignara di tutto quello che succedeva. Per questo motivo, nei due paesi non c’è orgoglio per l’avvenimento, vi è anzi spesso verso i partigiani che provocarono la reazione tedesca un rancore e una deplorazione pari a quella nutrita verso gli esecutori materiali della strage.

 

 *GABRIELLA DI LELLIO (Sono aquilana e sorella minore di nascita. Mi sento ottimamente a Roma e meno a L' Aquila dal terremoto del 2009. Ho insegnato lingua e letteratura inglese nel Liceo Scientifico della mia città. Sono maestra di sci perché amante della montagna e della neve. Mi piace la fotografia analogica in bianco e nero, che ho ripreso a fare dopo trent'anni e a cui intendo dedicare il mio tempo. Sono cresciuta nella FGCI e nel PCI fino alla “deriva occhettiana")