Capitale italiana della cultura - PROCIDA / L'isola dei Misteri

foto e testo di TINA PANE*

Per Procida il Venerdì Santo è un giorno speciale. Da quasi quattro secoli infatti, nel giorno della passione e della morte di Cristo, l’isola - ma proprio tutta l’isola - si unisce intorno al rito dei Misteri, una processione che inizia all’alba con partenza dalla Terra Murata e finisce verso mezzogiorno alla Marina Grande. 

la candidatura:    PROCIDA

I Misteri sono carri allegorici che raccontano scene ed episodi ispirati all’Antico e soprattutto al nuovo Testamento, realizzati con materiali poveri (come cartapesta, gesso, legno, stoffa) su assi di legno che possono arrivare fino a 7/8 metri di lunghezza. Ogni anno vengono costruiti ex novo anche cinquanta o sessanta Misteri, a partire da quelli piccoli e leggeri che montano un’arca di Noè fatta con sagome di cartone (realizzati e portati dai bambini della materna e delle elementari) fino a quelli enormi, grandiosi e scenografici che sfoggiano statue a grandezza naturale, drappi, quadri e ogni ben di dio di cibo: pesce, frutta, pani di tutte le forme, carni e verdure intagliate artisticamente.

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(Gli angioletti)

Il rito dei Misteri risale alla fine del Seicento ed è di derivazione spagnola. Ancora oggi la sua organizzazione è affidata alla Confraternita dei Turchini, istituita a suo tempo dai Gesuiti, che monopolizza anche visivamente (mantellina azzurra su saio e cappuccio bianchi) tutto lo svolgimento della manifestazione. Sono infatti così vestiti i confratelli (solo maschi e di tutte le età) che portano a braccia i Misteri, quelli che trascinano le catene, quelli che sorreggono in braccio gli Angioletti (bambini intorno ai due anni vestiti con antichi abiti neri ricamati in oro), quelli che suonano la tromba e il tamburo e anche i figli dei confratelli che già in tenera età vengono coinvolti per tutto il tragitto della processione, spronati nei momenti di stanchezza con mille promesse. 

Il percorso della processione tocca alcuni dei posti più belli dell’isola, a cominciare da quella Terra Murata dove anticamente la popolazione si asserragliava per difendersi dagli attacchi dei Saraceni intorno e dentro a Palazzo D’Avalos, ex carcere borbonico, ex penitenziario e prossimo hub culturale.

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(La folla)

I Misteri scendono lentamente e con continue soste fino alla Marina, seguiti dalla statua lignea del Cristo Morto, da quella della Madonna Addolorata, dalla banda e naturalmente dalle autorità. Tutt’intorno sui marciapiede, ai balconi e in piedi su panchine e muretti si assiepa una folla di procidani e forestieri. Si commenta la realizzazione dei Misteri, si fanno i paragoni con quelli dell’anno precedente, si riconoscono e salutano amici e parenti protagonisti della processione.

Il corteo del Venerdì Santo è il momento di maggiore identificazione e coesione della comunità isolana, coinvolgendo con ruoli diversi quasi tutta la popolazione, buona parte della quale anche in maniera molto attiva, se si tiene conto che l’ideazione e la costruzione dei Misteri è un lavoro che dura tutto l’anno. All’osservatore estraneo a questa comunità non sfugge l’autenticità del rito, l’abnegazione dei suoi protagonisti, il mix di fede, devozione e tradizione che regge l’intera impresa.

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(Un Mistero spiaggiato alla Marina)

Tutta la manifestazione, scandita dai suoni ricorrenti della tromba e dei tamburi, dal rumore stridente delle catene sul selciato, dai mormorii e dalle preghiere degli astanti, è intrisa di una drammaticità molto teatrale. La tensione che inizia con la veglia del Cristo all’alba si scioglie poi quando i Misteri spiaggiano giù alla Marina. Lì, i confratelli si spogliano del saio e si siedono distrutti sul bordo delle tavole dei Misteri, i ragazzi sbocconcellano pezzetti di pane e frutti rubati alla messinscena e i bambini finalmente possono dormire sui passeggini appositamente portati per accoglierli.

In questo momento finale di verità e stanchezza sta forse la parte più autentica della manifestazione, un dietro le quinte che avviene a cielo aperto, davanti a tutti e spesso sotto la luce straordinaria delle prime giornate primaverili. Luce che benedice la riuscita della manifestazione ed è inevitabilmente foriera di buoni auspici per la Pasqua e la comunità. 

Dopo l’interruzione per Covid del 2020, l'isola spera nella prossima edizione.


* TINA PANE (Napoli, 1962. Una laurea, un tesserino da pubblicista e un esodo incentivato da un lavoro per caso durato 30 anni. Ora libera: di camminare, fotografare, programmare viaggi anche brevissimi e vicini, scrivere di cose belle e di memorie)

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