Villa Medici lancia il suo Festival: "Cosa può fare il cinema?"

di REDAZIONE


A Villa Medici, l'Accademia di Francia a Roma,  dal 15 al 19 settembre va in scena la prima edizione del Festival di Film: il fulcro saranno quattordici "pellicole" in prima assoluta in Italia e/o nel mondo. Il Festival mescolerà generi e mondi – dai registi "laureati" agli autodidatti - sotto l'headline-domanda: “Cosa può fare il cinema?”. Vale a dire: come si può rappresentare la contemporaneità attraverso immagini e suoni?

Fra i titoli "di cartello" in programma, così come descritti dagli organizzatori: il primo lungometraggio ghanese autoprodotto, "Amansa Tiafi" di Kofi Ofosu-Yeboah, mix di Blaxploitation, “woman revenge movie” e satira politica al limite tra il pamphlet e la commedia all’italiana;  "Between the Heavens and Me" del  cileno Alfredo Jaar, che registra la paura del mondo nell’isolamento del lock-down; il nuovo film di Michelangelo Frammartino, che con "Il Buco" propone una  allegoria archeologica sulla violenza operata sulla terra dalla modernità;  "Inside the Red Brick Wall", del collettivo anonimo di registi indipendenti Hong Kong Filmmakers, resoconto della repressione da parte della polizia delle rivolte di Hong Kong;  "El Gran Movimiento", secondo lungometraggio del boliviano Kiro Russo, che filma La Paz e il sottoproletariato dei minatori nella chiave del realismo magico; il cortometraggio di Grace Passô, drammaturga e attrice brasiliana, "República", che raffigura l’incubo brasiliano.



 



E ancora: "Petit ami parfait," in cui il duo Kaori Kinoshita e Alain Della Negra prosegue una sua indagine su personaggi le cui vite e azioni si fondono con un mondo interamente digitale;  "Graveyard Connexion", in cui il francese Jonathan Pêpe offre una riflessione sulla morte nel XXI secolo; il britannico Ed Fornieles, con "Associations", preenta un monologo attraverso un travolgente flusso ininterrotto di immagini.

Si continua con le giovani artiste Madison Bycroft e Amie Barouh, che lavorano invece agli antipodi della messa in scena performativa: un dispositivo teatrale che interroga la nozione di genere, per la prima, l’immersione senza compromessi nel mondo dei Rom a Parigi, per la seconda. Con "Lèv la tèt dann fénwar", la regista Érika Étangsalé intreccia, in 16mm e in Super8, a colori e in bianco e nero, la mitologia della Riunione e la politica migratoria del governo francese negli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso. Pascale Bodet, con "Vas-tu renoncer?" propone una fantasia burlesca e struggente attraverso i personaggi del pittore Édouard e del poeta Charles.

 Infine, per la prima volta in Italia, sarà presentato "The Works and Days", un film-sintesi girato in cinque stagioni e della durata di otto ore, vincitore della sezione Encounters alla Berlinale, secondo lungometraggio del duo composto dal fotografo svedese Anders Edström e dal regista americano Curtis W. Winter: una meditazione su come il tempo limitato di una vita e il tempo ciclico della vita coesistono per gli esseri umani e per i loro fantasmi.

(fonte: ufficio stampa Villa Medici)