Usa, la Route 50 dove il silenzio è d’oro

di MARIO BOTTI CAFFONI*

C’era totale silenzio, il vento soffiava ma non lo sentivi. Lo immaginavi dai cespugli di salvia che in lontananza rotolavano all’infinito. Avevamo appena passato un cartello che diceva “Nevada State Line” e davanti a noi c’era lo spettacolo. Un nastro di strada lucido, morbido e infinito,  completamente deserto, di una bellezza desolante. Stavamo entrando in quella che, anni dopo, sarebbe stata denominata The Loneliest Road in America, il tratto di Route 50 che attraversa lo stato del Nevada dallo Utah alla California. 

La Route 50 è una strada che congiunge la costa est alla costa ovest degli Stati Uniti, partendo da Ocean City, Maryland fino a Sacramento, California, ma il tratto che attraversa il Nevada, circa 650 km, è un mondo a sé. Era il 1976 quando siamo capitati lì per puro caso, io e due miei compagni di viaggio occasionali, su una vecchia Plymouth Station Wagon lungo il nostro tragitto da Denver a Sacramento. Dopo una curva ci siamo guardati in faccia e senza dire una parola abbiamo accostato l’auto e siamo scesi, attoniti, lo sguardo trasognato e un po’ incredulo dei bambini al Luna Park. Di colpo eravamo in un film. Le ambientazioni di certi western o di più recenti film on-the-road che mi facevano sognare ad occhi aperti erano lì, tutte insieme: grandi cieli blu e montagne rocciose che dominano sabbie bianche del deserto. Un universo sconfinato. Ecco, c’ero piombato dentro, di colpo. 

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Siamo risaliti in macchina e siamo ripartiti con i finestrini abbassati e “The Pusher” degli Steppenwolf che urlava dal mangiacassette dettando il ritmo della guida, miglia e miglia a perdita d’occhio senza alcun segno di vita, eravamo gli unici al mondo. C’era voluta più di un’ora e mezza, forse anche due chi lo sa, prima di arrivare a un segno tangibile di vita. Un’ora e mezza senza incontrare assolutamente nessuno tranne, negli ultimi minuti, un’auto che si era palesata lontano nel retrovisore e che non aveva fatto a tempo a raggiungerci perché ormai eravamo arrivati a un centro abitato.

Ormai quasi città fantasma, Eureka, come tutte le altre cittadine minerarie lungo la Route 50, è stata fondata durante il boom minerario di poco successivo alla scoperta dell’oro in California, verso il 1870. In Nevada le miniere più grosse e importanti erano di argento e rame, l’oro ai tempi era poco, mentre oggi le miniere ne producono più del 5% di tutto quello estratto al mondo.  Avevamo viaggiato a ritroso nel tempo? Eravamo piombati nell’Ottocento? Entrando a Eureka, adagio, adagio come la macchina del killer che sta cercando la sua vittima, speravamo di veder spuntare uno sceriffo o comunque qualcuno con i suoi cowboy boots e una bella colt nel fodero ma eravamo rimasti delusi.

sticker-3787966_960_720jpg(foto di RJA1988 da Pixabay)

Nessuno in giro, però c‘era un meraviglioso chopper fermo davanti a “Jim and Lorraine – the good place to eat”. Dentro eravamo gli unici clienti e l’hamburger non aveva niente di speciale, però tutto sembrava tremendamente western e quindi diventò squisito. Poco più avanti, sull’altro lato della strada, l’Eureka Theatre, una bella e caratteristica costruzione del 1880 che sarebbe stata poi restaurata – di fatto ricostruita, ora funge da centro congressi e centro di arti culturali – nel 1993, data in cui la cittadina ha iniziato a riscoprire la sua ricca storia. in più un’altra decina o poco più di edifici bassi e una pompa di benzina. Tutto qui.

È passato molto tempo da quel viaggio, ma ricordo che non ci siamo fermati in altre cittadine. Abbiamo fatto un paio di stop per immergerci in quel silenzio, seduti a lato dei resti della vecchia ferrovia, affascinati dalla vastità di quanto ci circondava, a immaginarci il galoppo dei cavalli del Pony Express e fumarci una sigaretta con un tipo su un altro bellissimo chopper che si era fermato a socializzare un po’. A sera eravamo già in vista del lago Tahoe e la Route 50, la loneliest one, non c’era più. Un paio di curve e stava già assumendo un aspetto contemporaneo, si vedevano auto e perfino camion, davanti a noi la California. Tutta un’altra cosa.

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(Il "passaporto" della route 50)

Anni dopo, nel 1986, un giornalista di Life Magazine percorse questo tratto di strada e scrisse un articolo in cui denunciava la totale mancanza di interesse in questa zona completamente deserta che lui chiamava appunto “Loneliest Road in America”, ammonendo a non andarci assolutamente senza conoscere i principi base della sopravvivenza. Ovviamente la Route 50 cominciò a incuriosire e attrarre tutti gli amanti della libertà, delle strade senza catene di ristoranti o altre trappole per turisti, dove poter girare soli a contatto con la natura, e piano piano è arrivato un certo “traffico”. I funzionari del turismo del Nevada non si sono fatti scappare l’ottima occasione che si era venuta a creare e hanno ribaltato i lati negativi della Route in fattori di attrazione, dando alla strada un proprio marchio e creando persino la "Highway 50 Survival Guide”. Ah ‘sti americani! Si tratta di una guida ufficiale di sopravvivenza che si può ottenere su LoneliestRoad.us e che va “vidimata e convalidata” negli appositi uffici delle otto cittadine lungo la strada.

Una volta ottenute almeno cinque vidimazioni ufficiali della guida in altrettante cittadine, si può spedire la cartolina allegata, con i propri dati, alla Divisione Turismo del Nevada e ricevere un attestato ufficiale che si chiama “I Survived” (Sono sopravvissuto! Ce l’ho fatta!) firmato addirittura dal Governatore dello Stato.

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Sono passati più di quarant’anni da quel mio viaggio e la Route 50 è diventata una meta turistica molto frequentata. Gli americani di solito in queste cose ci sanno fare e credo che non ne abbiano rovinato il fascino con interventi turistici scomposti o troppo marcati. Oggi tutte le cittadine lungo la strada, Ely, Eureka, Austin, Fallon, Carson City offrono storie affascinanti con atmosfere old style tipo corsa all’oro. Così la strada più solitaria d'America è ora un lungo sentiero pieno di buoni motivi per una sosta. Si possono trovare luoghi per campeggio e picnic perfettamente attrezzati, cimiteri storici, edifici e vie rimaste “come una volta” e vecchie miniere da visitare oltre all’ immancabile Casino di Ely (siamo pur sempre in Nevada). Ma ci si può imbattere in qualche mandria di cavalli selvaggi o in un serpente a sonagli, specie se si decide di fare quattro passi a lato della strada. 

Max-nevada7jpg(Foto di Mario Botti Caffoni)

E soprattutto, ancora oggi, si possono fare 30 chilometri senza incontrare una sola auto, guidando a 70/80 miglia all’ora senza toccare i freni e senza paura di incontrare un’auto della polizia. Silenzio, solitudine, un tempo sospeso. La vera miniera d’oro.


*MARIO BOTTI CAFFONI (Milano 1951, è milanista ma non solo. Ha scritto “Guida all’altra America”, un libro su come viaggiare per gli States con quattro soldi. È chitarrista da sempre ma anche metalmeccanico in senso lato, pubblicitario e gattaro felice)


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