Sonja Biserko: "Ucraina come la Bosnia, finirà strappata in due"

di ANNA DI LELLIO* 

(immagine d'apertura: "La nuova Russia secondo Putin", da Limes)


È da giorni che penso alla somiglianze infauste tra Putin, il presidente serbo Slobodan Milošević, morto nel 2006 in detenzione all’Aja e i governanti attuali della Serbia, diretti discendenti politici di Milošević. Molte sono le somiglianze anche tra l’aggressione della Russia contro l’Ucraina e le guerre che caratterizzarono il collasso della Jugoslavia. E ricordando che molto di quello che capisco su queste ultime le ho imparate da Sonja Biserko, ho pensato di sentire cosa ne pensa lei. Diplomatica jugoslava, Sonja lasciò il suo posto quando Milošević, salito al potere nella Lega dei Comunisti e divenuto presidente della Serbia sull’onda di un risveglio del nazionalismo serbo, precipitò il paese in una serie di guerre contro le repubbliche della federazione: prima la Slovenia, poi la Croazia e la Bosnia, e infine la provincia autonoma serba del Kosovo. Sono trent’anni che Sonja si è impegnata a difendere la democrazia e i diritti umani, fondando e dirigendo l’Helsinki Committee a Belgrado

Sonja risponde subito al telefono. È in convalescenza, a casa, un appartamento di Novo Beograd pieno di piante, libri e memorabilia di famiglia. Ne sono stata ospite molto spesso durante i miei soggiorni a Belgrado e ricordo bene una foto di suo padre, partigiano, a fianco di Tito. Sento l’abbaiare di un cane in casa. È Aši, non lo conosco, deve essere arrivato dopo la morte di Barack e Hillary. Sonja adora i cani, e li salva spesso dalle strade di Belgrado, poco amiche degli animali. Ma come sempre con lei, dopo i saluti si viene subito alla politica.

Ti ho chiamato perché se guardo la mappa della Republika Srpska in Bosnia e quella dell’avanzata delle truppe russe in Ucraina sono colpita da come siano simili: due mezzelune di territorio contiguo rispettivamente alla Serbia e alla Russia, pronte per l’annessione. Vorrei sapere cosa ne pensi. 

È la Dayton-izzazione dell’Ucraina, ecco cosa ne penso. [Negli accordi di pace di Dayton nel 1995, la Bosnia fu divisa in due parti: la Federazione, con Bosniaci e Croati, e la Republika Sprska, con Serbi]. La Russia vuole che l’Ucraina finisca come la Bosnia e l’occidente non può fare niente per fermarla. Pensa che all’inizio gli USA addirittura offrirono a Zelensky di scappare. Non avevano capito niente. Cosa vuole dire Dayton-izzazione? Che, come la Bosnia, l’Ucraina sarà divisa in due territori etnicamente omogenei, e resterà instabile nel lungo termine. Per lungo tempo, i confini di Ucraina e Russia saranno indefiniti. 

Guardando alle due mappe mi viene in mente che Mariupol, come Srebrenica, impedisce il collegamento tra due aree occupate. Fu per questo che Srebrenica dovette essere completamente svuotata di bosniaci. Sta succedendo lo stesso a Mariupol? O si fermeranno prima? Prima di Srebrenica ci furono innumerevoli riunioni per negoziare una tregua che non arrivò mai. 

Come si fa a credere a negoziati con la Russia? Mentono sempre. I Russi stanno temporeggiando, prendono tempo perché stanno riorganizzandosi e torneranno presto all’attacco. Com’è possibile che con tutte queste riunioni non c’è un momento nel quale siano d’accordo su qualcosa? Questa guerra è cominciata anni fa, quando la Russia ha annesso la Crimea e nessuno ha reagito. Fu l’inizio di uno scenario molto simile a quello della Serbia in Bosnia. Ma è probabile che Putin non si fermerà al Donbass. La sua ambizione è di occupare tutto il paese o tagliare l’Ucraina completamente fuori dagli sbocchi al mare per rendergli la vita impossibile.


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(Sonja Biserko)



Pensi che la Serbia resti alleata della Russia perché hanno così tanto in comune?

Certo sono molto simili. Perfino la mitologizzazione della storia come mito fondante della nazione è simile. Ma veniamo all’attualità. Putin ha creato il “Mondo Russo” a cui fa da specchio il “Mondo Serbo”. Il primo cominciò come un’idea nei primi anni del ventesimo secolo e poi divenne una Fondazione nel 2007. Il secondo fu fondato nel 2013. Entrambi si basano sull’idea che la nazione è divisa, dispersa in stati diversi, e va riunita prima culturalmente, poi eventualmente politicamente e territorialmente. L’idea è che la lingua e la cultura russa e serba siano importanti non solo per la nazione - dovunque si parla russo c’è la Russia e lo stesso vale per la Serbia - ma anche per la cultura globale; vanno difese e diffuse contro i valori corrotti e corruttori dell’occidente quali la democrazia, il pluralismo, e i diritti umani.

La Serbia già dal 1997 pensò a come integrare la Republika Srpska, la parte della Bosnia dove vivono solo Serbi, prima culturalmente poi politicamente. Dietro queste idee c’è la Chiesa Ortodossa, quella russa e quella serba. In Russia è tutto molto chiaro, l’ha detto il Patriarca Kirill: l’Ucraina, la Russia e la Bielorussia fanno parte della Santa Russia. Sia la Russia che la Serbia non accettano la realtà, cioè la perdita del potere che avevano una volta, e sono diventate un fattore di grande instabilità. Per la Russia, l’aggressione contro l’Ucraina non è la prima espressione di questa idea, la prima è la Georgia.

Quindi Russia e Serbia due paesi gemelli?

Non proprio. Alcune cose stanno cambiando. La Russia è penetrata molto nei Balcani dal 2012 ad oggi. È accaduto dopo che l’occidente ha cominciato a disinteressarsi dei Balcani a seguito della crisi finanziaria del 2008. Sia l’Unione Europea che gli USA hanno abbandonato i Balcani. In Serbia la Russia è molto presente oggi. Ricordiamoci che l’intera regione dipende da Mosca per l’energia, ma la Russia è anche presente culturalmente, per esempio con l’Istituto Russo-Balcanico. A Belgrado Aleksander Dugin è un filosofo di riferimento. Ci credi che hanno costruito una statua dello zar Nicola II di fronte al palazzo della Presidenza a Belgrado? 

Qui deve esserci lo zampino della Chiesa. I Romanov sono considerati martiri dalla Chiesa Ortodossa Serba, ricordo di aver visto una loro foto in un monastero. 

Certamente la Chiesa è leader in questo processo. Ma non è la sola. I giovani nelle scuole, nelle università, sono tutti pro Russi. Nei media, nel discorso pubblico, domina l’idea che la Serbia, come la Russia, è stata vittima dell’occidente, quindi i Serbi non vedono le altre vittime. Trent’anni fa non vedevano le sofferenze dei Bosniaci e degli Albanesi, oggi non vedono quelle degli Ucraini. I tabloid serbi all’inizio della guerra uscivano con questi titoli, “l’Ucraina attacca la Russia.” Ora si sono un po’ calmati. 

La Russia quindi grande protettore della Serbia?

Non si può dire neanche questo. Guarda cosa sta succedendo in Montenegro, dove attraverso partiti politici pro-serbi, come il Fronte Democratico, la Russia sta esercitando pressione sul Presidente del Parlamento per convocare le elezioni prima della fine della legislature, una sorta di showdown con Milo Djukanović e il suo partito, che hanno creato un Montenegro sovrano e parte della NATO. I Russi vogliono distruggere il Montenegro, dimostrare che non è un paese sostenibile, vogliono che revochi il riconoscimento del Kosovo, che lasci la NATO. La Quint (il gruppo di contatto Nato per i Balcani: USA, Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna) è dovuta intervenire. Amfilohije, primate della Chiesa Ortodossa serba in Montenegro, diceva che il Montenegro non è che un territorio, non è una nazione, ma uno staterello inventato dai comunisti. Solo la Serbia è uno stato. Lo stesso discorso lo troviamo in Ucraina, non una nazione, inventata da Lenin. 

E in Bosnia i Russi stanno esercitando pressione attraverso Milorad Dodik [Presidente della Republika Srpska] che è una vera minaccia per l’integrità della Bosnia. Il Presidente della Serbia Aleksandar Vučić sta avendo grosse difficoltà a controllare Dodik, e si sta chiedendo quanto sia leale a Belgrado. 


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(La Bosnia con la Republika Srpska) 


Cosa significa tutto questo per la stabilità dell’Europa?

Che Putin ha già aperto un altro fronte nei Balcani e l’Europa non se ne è accorta. Dačić (Presidente dell’Assemblea Nazionale della Serbia, durante la guerra portavoce del Partito Socialista che oggi è alleato ai nazionalisti del Partito Progressista) è il principale sostenitore della Russia, contro le sanzioni, per una posizione neutrale sulla guerra. Ho già parlato del Montenegro, nella Macedonia del Nord c’è un deep state, per non parlare del Kosovo, dove si cerca sempre di stabilizzare il paese. La Quint ha criticato il Primo Ministro del Kosovo Albin Kurti perché non avrebbe permesso ai Serbi del Kosovo di votare a casa per le elezioni della Serbia. Ma Kurti ha solo chiesto di poter discutere le condizioni di queste elezioni con la Serbia nel nome della reciprocità tra paesi. 

Le critiche sono sempre dettate dal realismo politico, dalla geopolitica, che non permettono di capire nulla. Siamo sommersi di testi di geopolitica e non capiamo nulla. Forse la NATO avrebbe potuto espandersi più lentamente, ma il problema non è quello. L’Ucraina si impegnò alla neutralità nel 1994. La Russia preparava questa guerra da anni, e oggi ha cambiato la narrativa. Il problema non è più la NATO ma la de-nazificazione dell’Ucraina. Il discorso è uguale a quello della Serbia trent’anni fa: si va in guerra con gli Sloveni perché sono domobranzi, con i Croati ustaša, con gli Albanesi ballista, tutti collaboratori dei nazisti. Il nazismo è associato a denominazioni etniche. Ma i Serbi, come i Russi, cosa difendono?

Secondo te come andrà a finire? 

Non saprei. Dell’Ucraina ho già parlato. La Russia, difficile dirlo. Ma nelle scorse settimane ho visto arrivare in Montenegro molti Ucraini e Russi, classi medie e intelligentsia, che affittavano case per un anno. Quel paese sta perdendo gran parte dell’élite e non è una buona notizia.

Sono trent’anni che vivo in una zona di guerra. Quando ero in diplomazia, ricordo che si discuteva di tre tipi di problemi: quelli dell’Europa, quelli globali, e quelli delle zone di guerra. Ora ne esiste uno solo:  la guerra. Ne ho viste tante di guerre, ma questa mi emoziona più delle altre, perché non c‘è una reazione adeguata da parte dell’occidente.

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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