Si può punire Putin? I (labili) poteri dell'Onu

di ANNA DI LELLIO*

(foto da pixabay)


 Il direttore di Human Rights Watch, Kenneth Roth, ha appena pubblicato un commento su The Guardian per segnalare come la Russia, e non è una novità, stia grossolanamente violando in Ucraina quella che si chiama la legge umanitaria internazionale.  Questa legge non ha niente a che fare con gli aiuti umanitari. Si chiama così, ma gli eserciti la conoscono con il nome più marziale di legge della guerra. Si tratta delle Convenzioni e dei Protocolli di Ginevra e di altri trattati che dirimono il comportamento dei belligeranti in un conflitto. Un unico principio è alla base di tutto: le parti in un conflitto armato sono obbligate a distinguere tra civili e combattenti e a prendere precauzioni per proteggere i civili e altri non combattenti, cioè i soldati hors de combat, smobilitati, feriti, o prigionieri. 



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Roth ci ricorda che la Russia non fa che violare la legge della guerra da un bel po'.  Con il  suo alleato Assad, Putin ha bombardato a tappeto zone della Syria dal 2015 al 2016. A est di Aleppo ha fatto terra bruciata dell’opposizione ad Assad con un assedio senza quartiere che ha usato bombe incendiarie e cluster, quelle che continuano a uccidere nel tempo perché diffondono frammenti che esplodono con ritardo. 


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Le stesse tattiche criminali Putin le ha impiegate in Syria nell’area orientale di Ghouta e Idlib. Anche i bambini sanno che non si spara sulla Croce Rossa. Ma Putin ha preso di mira ospedali e scuole, tanto per chiarire che avrebbe reso la vita così impossibile ai civili che questi se ne sarebbero andati.

In Syria la Russia ha usato l’aviazione. La guerra in Ucraina somiglia di più a quella in Chechnya, tra il 1999 e il 2000, dove la capitale Grozny fu devastata e i russi commisero massacri e torture nella loro opera di “pulizia” del terreno. In Ucraina ci sono già segnali che Putin farà lo stesso. Già sappiamo che ha usato bombe cluster, che un trattato internazionale bandisce dal 2010, quando entrò in vigore. Nè la Russia nè l’Ucraina hanno firmato il trattato, ma sono comunque soggette al divieto di tattiche letali indiscriminate sotto la legge della guerra. 

Mentre scriviamo, Putin sta bombardando città e zone residenziali dove non esistono obiettivi militari e si prepara ad assediare sia Kiev che Kharkhiv. Gli assedi non sono illegali, ma possono comportare conseguenze per i civili che violano la legge della guerra. In Syria, la pressione internazionale ha portato ad un alt dei crimini di Putin nel 2020. Non sembra che questo miracolo possa ripetersi ora in Ucraina. 


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Oggi la condanna internazionle è quasi unanime anche se al momento sembra inefficace. In parte lo è. L’unico organo internazionale che potrebbe condannare l’aggressione all’Ucraina con qualche conseguenza per la Russia è il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che è il solo ad avere un potere esecutivo. Ma la Russia ne è membro permanente con potere di veto, come gli altri grandi: USA, Cina, Francia e Gran Bretagna. Per di più, paradossalmente, la Russia è attualmente presidente a rotazione del Consiglio. Il 25 febbraio ha prevedibilmente opposto il suo veto alla mozione presentata da USA e Albania che condannava l’aggressione, con la Cina, l’India e gli Emirati Arabi che si sono astenuti. Tutti gli altri membri hanno votato a favore.

Non potendo superare il veto della Russia, gli altri membri del Consiglio hanno approvato la convocazione di una sessione straordinaria di emergenza dell’Assemblea Generale per discutere una mozione di condanna. Hanno potuto farlo grazie alla risoluzione “Uniting for Peace” del 1950, che risale ai tempi della guerra fredda, quando al Consiglio di Sicurezza non si poteva approvare nulla per via del fuoco incrociato dei veti. È una risoluzione procedurale, che non prevede l’uso del veto. 

L' Assemblea Generale si è riunita il 28 febbraio e ha approvato una risoluzione a grande maggioranza: 141 paesi hanno votato a favore, 35 si sono astenuti e solo 5 hanno votato contro: oltre a Russia, Syria, e Bielorussia, la Corea del Nord e l' Eritrea. La risoluzione chiede l’immediata cessazione della guerra, il rispetto degli accordi di Minsk, e il rispetto della legge umanitaria internazionale. L’ Assemblea non ha potere esecutivo, e le sue decisioni hanno solo valore di raccomandazione. L’isolamento della Russia è però palpabile. 

La Russia sarà molto probabilmente isolata ma non punita anche nell’altro organismo dell’ONU, la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), che arbitra le controversie tra gli stati. Il 27 febbraio l’Ucraina ha chiesto alla Corte di esprimere un giudizio sulle accuse di genocidio nelle province del Luhansk e Donestk mosse dalle Russia a giustificazione della sua guerra di aggressione. La Corte dovrà stabilire se queste accuse sono legittime e se invece il genocidio è, al contrario, un genocidio di ucraini commesso dai russi. Secondo l’articolo 94 della Carta dell’ONU uno stato membro deve conformarsi alle decisioni  prese dalla Corte ma se, come molto probabile, la Russia decide di non rispettare la sentenza che la riguarderà, non esiste nessun organo istituzionale che ne garantisca l’applicazione.

 

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La comunità internazionale è dunque impotente di fronte all’aggressione della Russia, a parte l’intervento diretto nel conflitto? Finora sembrerebbe di si, ma esiste in prospettiva una possibilità di giustizia. La Corte Criminale Internazionale (ICC), questo sì, organismo esecutivo, ha annunciato il 28 febbraio attraverso il suo procuratore capo un’inchiesta sui crimini di guerra   e contro l’umanità commessi dalla Russia in Ucraina. Il 2 marzo 39 paesi hanno a loro volta chiesto all’ICC di aprire un’investigazione, un evento mai accaduto nella storia della Corte.  L’inchiesta è retrodatata al 2013 per coprire anche i crimini commessi dalla Russia nella guerra separatista di otto anni fa. 

Attraverso la Corte, Putin e la sua leadership militare potranno essere indiziati e portati davanti alla giustizia. È una prospettiva ancora lontana, e possiamo anche prevedere che la minaccia di un processo non avrà potere deterrente. In ogni caso, mentre le prove dei crimini si accumulano nelle immagini prese dai telefonini e le Tv di tutto il mondo, il caso contro Putin si rafforza. E poichè la Corte dal 2018 potrà anche trattare il crimine di guerra come atto di aggressione, i capi di imputazione contro di lui saranno sostanziali. 

Kenneth Roth conclude il suo commento con un appello a creare non solo meccanismi per monitorare i crimini di Putin in Ucraina, ma anche in Russia, dove la popolazione soffre un regime liberticida e oppressivo. Su questo siamo completamente d’accordo.


*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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