RECENSIONE / Belle Époque, quando la satira già dava morsi

di REDAZIONE

A scorrere le pagine della “Controstoria della Belle Époque”, illustratissimo, sorprendente e dovizioso viaggio di Dino Aloi negli sferzanti fogli umoristici e satirici soprattutto francesi a cavallo tra Otto e Novecento, viene da benedire quest’arte dell’indomito, libero sberleffo e la sua meravigliosa, indispensabile necessità, con quello sguardo da lontano e nello stesso tempo conficcato nel mondo, quel graffio di penna e matita che grida un dolore, addita l’ingiustizia, ribalta il senso comune. 



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(Leonetto Cappiello per Frou Frou)


Al cuore del viaggio di Aloi,  collezionista e studioso torinese, oltre che editore specializzato, c’è una rivista si può davvero dire seminale, cattiva il giusto e anche di più: “L’ Assiette au Beurre”, nata a Parigi (e dove se no?) nell’aprile 1901 per felice intuizione dell’editore Schwarz, ovvero Samuel Sigismond, una pietra miliare sulla strada che porta dritti all’oggi, a “Charlie Hebdo”. Ne avevate mai sentito parlare? E poi, quella testata così singolare, “Piatto da portata per il burro”, forse il piatto ghiotto che il potere meno trasparente non vuole condividere?

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(Una tavola di Gabriele Galantara)



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(Henri Gustave Jossot)



La Belle Époque, incastonata a Parigi nel nostro immaginario, vuol dire consolidamento dei ceti borghesi, mirabilie tecniche e ardite come la Tour Eiffel, grandi città illuminate e non avare di piaceri per il gourmand e il viveur, il galoppo di strade ferrate e una inedita parentesi senza carneficine in terra d’Europa. Poi c’è un’editoria di visionari coraggiosi che sulle contraddizioni della Bella Epoca, le sue accese pulsioni colonialiste gonfiate da un capitalismo di ventura spesso inscindibile da governi più che complici consustanziali, l’emergere prima lento poi esplosivo della questione sociale, accende un faro implacabile, profetico. Un esempio tra i primissimi? Nel 1883 su “La Caricature”, esce, a firma dello scrittore e disegnatore visionario Albert Robida, il fantaromanzo “La guerre au vingtiéme sigle" che racconta del conflitto tra l’Australia e il Mozambico, dove compaiono carri armati, sommergibili, gas chimici, tutto l’arsenale che darà pessima prova di sé trent’anni dopo. Un Jules Verne della satira.



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(Auguste Roubille)



Nella pace riservata all’Europa tra i due secoli, si sente clangore di sciabole, iniziano a rombare motori dell’ “Inutile strage” come venne definito il primo conflitto mondiale da Benedetto XV, quel cataclisma di Imperi a gambe all’aria che avrebbe ridisegnato il nostro continente e il mondo intero. Simbolismo e art nouveau, poesia e letteratura portano Parigi al centro del mondo. Il terreno è fertile, grande è la confusione sotto il cielo e la situazione, per gli spiriti inquieti, è eccellente. 

Quanto al disegno e all’illustrazione le rivoluzioni si susseguono una all’altra, nuove tecniche di stampa accompagnano dal bianco e nero al colore. Strana e magica, l’arte della satira, violenta contro la violenza, poco conciliante col “benpensare” e l’ovvietà e la quiete bovina degli arricchiti. Una forma di giornalismo non asservita o frivola (pensate a “Bel Ami” di Maupassant,) dove non ci sono balzachiane “Illusioni perdute” perché il mondo della modernità industriale e dell’ “arricchitevi” non fa più nascere illusioni. “L’assiette au beurre” è lì e fa il suo dovere, fin dall’esordio, si è detto, nel 1901. Il disegno a tutta copertina, di Théophile Steinlen, mostra una folla di operai, una scrivania con dietro un uomo che legge il giornale. La didascalia: “Fondi per lo sciopero. - E il cittadino-ministro non manda niente? - Sì, 3.000 soldati”.



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(Una copertina di Théophile-Alexandre Steinlen per l'Assiette)



“L’ Assiette” esce con cadenza settimanale e diventa un fenomeno editoriale che arriva a vendere 40.000 copie. Non ha voglia di parlare “al” potere, parla “del” potere, a cavallo tra anarchismo e socialismo e comunque senza riguardo alcuno per la gauche e i radicali e una speciale predilezione per la satira antivaticana. La parola lascia il passo al disegno (ed è una novità assoluta), ogni numero è monotematico, e spesso viene affidato a un solo autore. Attorno alla rivista ne girano più di duecento, artisti a tutto tondo, non semplici vignettisti, per una autentica internazionale della satira. 

Basti citare Jules Grandjouan Félix Valloton, František Kupka, i nostri Leonetto Cappiello (strepitoso autore di manifesti entrati nella storia), Gabriele Galantara (fondatore de “L’ Asino” con Guido Podrecca) e Ardengo Soffici, Xavier Gosé, Leal da Câmara. Tra mille tavole cui non fa difetto la qualità pittorica, emergono il graffio e il tratto moderno di Henri Jossot. Un implacabile disegno spiega al meglio la sua morale d’artista: su uno sfondo di palme, un soldato francese mostra orgoglioso a un graduato la sua ultima impresa, due bambini africani infilzati alla baionetta. L’ufficiale è entusiasta: “Due in un colpo! Splendido! Tu avrai la medaglia”. Dell’ “Assiette au Beurre" usciranno 593 numeri, fino all’ottobre del 1912. Una miniera di puro genio satirico, qui ottimamente scavata, che continua a parlarci, soprattutto in questi momenti scuri.


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("Controstoria della Belle Époque" di Dino Aloi       ed. Il Pennino     euro  30)


Ma la “Controstoria della Belle Époque” va oltre, conduce vivacemente passo a passo nei movimenti artistici tra i due secoli, suggerendo legami tra alto e basso, nascente illustrazione pubblicitaria, pittori “laureati” e tranches di costume. Insomma, 30 euro per 212 pagine da gustare. Edita “Il Pennino” (info@ilpenninodinoaloi.it).