Più libri più liberi - Day 3) Librerie, manuale di sopravvivenza

di LUIGI EPOMICENO*

Non ho numeri sulle affluenze dei primi due giorni di "Più libri più liberi". Dire “tanta gente” serve a poco se riferite a una struttura su più piani. Credo di aver letto che la Nuvola può ospitare fino a 8.500 persone. Forse nell’ora di punta tra sabato e domenica c’erano tutte. Con una rotazione di 2 volte (una visita completa con partecipazione a 1-2 presentazioni richiede almeno 4-5 ore) vuol dire almeno 15-20.000 visitatori al giorno. Non so quanti di questi sono usciti con un acquisto di libri e quanti lo faranno nei prossimi giorni.

La fiera ovviamente non è destinata alla vendita spot. Con queste l’espositore si pagherà appena il pranzo del giorno. In gioco è la distribuzione dei titoli nei punti vendita, e la fiera della “piccola e media editoria” serve per rendere visibili titoli ed editori: al pubblico, agli addetti (siano scrittori o traduttori), alla stampa ma, soprattutto, alla distribuzione.

Il business dell’editoria è tutt’altro che semplice e sta assomigliando sempre più alla grande distribuzione organizzata. Sta diventando un business di volumi e di margini risicati.

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(foto di Luigi Epomiceno)


Sono decisamente finiti i tempi degli incontri romantici in libreria.

Seguite un ragionamento molto ma molto semplice.

Le grandi librerie (Mondadori, Feltrinelli o altre catene) spesso si trovano in luoghi centrali ma soprattutto occupano grandi spazi. Questi costano. Se poi si è in un grande spazio al centro, costa ancora di più. Quindi: il capitale investito deve rendere, la merce esposta deve “girare” e il metro quadro e il prodotto hanno un costo. Fin qui nulla cambia con il supermercato sotto casa.

L’editoria quindi segue (sempre di più) le semplici regole di altri prodotti, ad esempio la maglia che indossi o i cereali che mangi a colazione. Anche il CD che ascolti.

Guardiamo ora le vendite. In 1.500 metri quadri di negozio si possono stipare migliaia di libri: in orizzontale e in verticale. Ovviamente vengono organizzati per temi: ad esempio per viaggi, filosofia o cucina. E poi in sotto-argomenti: viaggi in barca, cucina orientale, filosofia greca.

Ognuna di queste categorie corrisponde a un segmento di mercato. Ogni segmento vende di più o di meno dell’altro. La gestione della libreria deve quindi basarsi su questo lineare (ma non per questo accettato) principio.

In questo gioco poi entrano mille variabili come la profilazione, la novità, la firma nota, l’argomento di attualità, il design, il tipo di prodotto, la promozione e il prezzo.

Tra i costi (oltre all’affitto dello spazio) ci sono la carta, gli impianti, il magazzino, i diritti d’autore, i dipendenti e, soprattutto, la distribuzione.

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(foto di Luigi Epomiceno)

Come in altri settori, quando la distribuzione gioca un ruolo determinante, la partita diventa di volumi. E vice versa. E’ una voce con costi significativi (trasporto, magazzino, resi e deperimenti) e a seconda del settore i costi di distribuzione possono incidere anche fino al 50% del prezzo del prodotto finale.

Gli editori hanno affrontato la questione in modo diverso. Da una parte c’è chi segue direttamente la distribuzione e dall’altra invece chi si affida ad una terza figura, esterna alla casa editrice, che si occupa di distribuire le copie stampate.

Nelle strategie gestionali inoltre c’è chi segue la filiera intera, dall’approvvigionamento del titolo fino alla gestione del punto vendita. Un maggiore controllo ma anche una maggiore capacità di fuoco, sempre nell’ottica dei volumi da raggiungere.

Che il libro sia (diventato) un articolo di cultura e di intrattenimento non v’è dubbio. Sulla qualità dell’offerta invece i contrasti ci sono.

All’Associazione Italiana Editori (AIE) si affianca l’Associazione degli Editori Indipendenti (ADEI). E la differenza tra loro si legge nella Carta dei Valori degli editori indipendenti,

Riporto testualmente: “…Attraverso la lettura e lo studio, l’editoria, in particolare quella indipendente, rappresenta una delle principali fonti culturali del nostro Paese: alimenta, sviluppa, tiene viva la cultura, la difende da tendenze globalizzanti, dal pericolo di appiattimento, dalla crescente incapacità critica alimentata da un impiego passivo dei nuovi mezzi di intrattenimento, comunicazione, informazione.”

Mi sembra lo sviluppo del tema della rassegna: libri e libertà. Non una questione di quantità ma di qualità.

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Nel terzo giorno della rassegna, ho avuto modo, nell’ascoltare i dati Nielsen sul consumo di audioentertainment, di tornare sulla questione della parola raccontata e di quella scritta.

Anche sentendo alcuni editori, l’audio libro non sembra sostituire il cartaceo. Al contrario pare che intercetti segmenti di mercato che non leggono libri o al massimo ne leggono uno all’anno. Anzi vi è una certa fiducia che l’audio libro possa poi alimentare la domanda di libri cartacei.

La tendenza è quella dell’uso congiunto con altre attività quali la guida, il riposo, il lavoro.

Una forte spinta a questo cambiamento viene anche dalla tecnologia e dai conseguenti cambiamenti di abitudini. Mi riferisco alla diffusione in molte case del WiFi e il diffondersi dei sistemi di “smart speaker” che stanno gradualmente modificando gli stili di vita. E’ così che mentre si prepara la cena basta dire “Alexa leggimi il terzo canto dell’Inferno della Divina Commedia” per stravolgere i fondamentali secolari dell’editoria.

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(foto tratta da una pubblicità Amazon)


E che dire del bimbo solo soletto che per addormentarsi sussurra “Alexa leggimi una favola.”

La convergenza tra tecnologia ed editoria mi intriga e devo aggiungere anche il cinema nel mix. Editori che pubblicano libri che diventano fiction e poi audiolibri narrati mentre si cucina. E l’indotto?

Dovrò approfondire.

 

*LUIGI EPOMICENO (Nato nel 1957. Sono mezzo americano e mezzo italiano, pugliese di origine, forse greco di stirpe, romano di adozione, con soste prolungate a Firenze, Milano, Genova, Chicago e Londra e continue a Parigi, Marsiglia, Madrid, New York, Amsterdam, Eindhoven, Dusseldorf, Monaco di Baviera, Praga, Amburgo, Bruxelles e Lisbona. Ho girato tutta la Grecia, l’Albania, la Francia, la Spagna, la Turchia e gli USA e ho messo piede in tanti altri posti che neanche ricordo, da Seul a Iguazù, dal Canada al Marocco passando per le isole Lofoten. Ora sono in un altro mondo. Un mondo nel Mondo. Da quasi un anno e mezzo sono il Direttore Generale del Bioparco di Roma. Prima ho fatto tante altre cose. Alcune divertenti, altre meno)


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