Golfo Persico, quelle isole d'incanto fra modernità e cattivo gusto

 testo e foto di LUCA FORTIS*

Il rosso delle rocce si tinge di mille sfumature, a volte diventa quasi blu, altre giallo. Il turbinio di colori si innalza verso il cielo creando un picco roccioso e desertico che ricorda quasi il monte Damavand, ma senza neve. Solo che non siamo sopra Teheran ma nel Golfo Persico.

Le rocce hanno varietà mirabolanti di colori e forme. Sono a picco sul mare, un mare le cui onde blu sembrano giochi di calligrafia persiana, poemi di Omar Khayyam. Ogni spunzone assume forme strane, a volte ricordano animali fantastici, altre guerrieri epici. Ognuno può vedervi quel che vuole. Molti iraniani vengono da queste parti perché sotto l'effetto di sostanze ipnotiche le rocce assumono forme ancora più fantastiche. Sono in gran parte studenti universitari di Teheran e altre città che stanchi della cappa del regime cercano un mondo fantastico in cui evadere o  scappare.

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In fondo anche per il regime è forse più comodo così, meglio a parlare con le rocce nella propria bolla che a protestare per strada. Le isole del Golfo Persico iraniano non sono però solamente paradisi naturalistici o luoghi di fuga per ragazzi che cercano esperienze psichedeliche, sono anche la vera arma nucleare iraniana. Tra i luoghi più controllati dall’esercito e dalla polizia segreta, permettono di chiudere il Golfo Persico bloccando così una bella fetta del commercio di petrolio dell’area. E il contrasto tra isole militarizzate e allo stesso tempo paradiso naturalistico e meta delle persone in cerca di esperienze psichedeliche le rende un luogo estremamente complesso, che come pochi può raccontare l’ambivalenza presente nella cultura iraniana odierna.

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Le isole sono decine, e sono una più bella dell’altra. Poche però sono facilmente accessibili, infatti per anni erano prerogativa dei militari. In tantissime non esistono alberghi e ancora oggi si campeggia. In alcune si deve ancora chiedere il permesso ai militari per le visite. In altre i turisti sono benvenuti. Kish fu la prima a divenire una meta turistica, lanciata dallo Shah Mohammed Reza Pahlavi tra gli anni Sessanta e Settanta. 



Purtroppo negli anni dopo la rivoluzione non si è mantenuto uno standard urbanistico accettabile, e l’isola è stata devastata da un terribile speculazione edilizia che guarda più allo sviluppo dei paesi del Golfo che agli standard del turismo di oggi, che invece ricerca la natura e una modernità rispettosa delle diversità culturali e architettoniche. L’isola rimane interessante, più che altro perché essendo le regole della Repubblica Islamica qui più rilassate è diventata una specie di Disneyland iraniana di cattivo gusto. Anche il fatto che sia stata trasformata in una zona di libero scambio, in cui si può venire a commerciare anche senza il visto per l’Iran, non ha di certo contribuito a salvaguardare le bellezze di Kish. La natura per fortuna rimane comunque bella.

Un’isola dove i due modelli di turismo, quello ambientalista e quello della speculazione edilizia, si fronteggiano metro per metro è la splendida Qeshm Island. Se uno si fermasse a Qeshm City, nel sud dell’isola, troverebbe lo stesso disastro di Kish, orribili condomini e hotel stile Dubai, anche se meno sfarzosi, e una “free trade zone”; ma se ci si dirige verso il nord si scopre una delle isole più belle dell’Iran. Qeshm è la più grande dell'arcipelago del Golfo Persico ed è due volte più grande del Bahrein.



Nell’isola si trova lo splendido Geo Park dell’Unesco, che si snoda su tutto il territorio a nord di Qeshm ed include ambienti naturali incredibili, e moltissimi villaggi. Vi sono deserti interni con canyon bellissimi, montagne rosse ricoperte da giacimenti di sale che si buttano nel mare nel versante dell’isola che guarda verso l’Oman e gli Emirati. Nella parte che guarda il porto iraniano di Bandar Abbas, le colline desertiche finiscono in paludi di mangrovie piene di canali in cui si può nuotare. Vi sono poi villaggi affascinanti in cui, grazie al Geopark, si può dormire e mangiare a casa dei locali. L’atmosfera è ancora quella del Golfo Persico di una volta, antica e pacifica.

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Allo stesso tempo qui arrivano gli artisti, i turisti più sofisticati, sia iraniani che occidentali. Persone che sanno che l’eleganza non è avere un macchinone e addormentarsi in un grattacielo con aria condizionata e piscina, ma dormire per terra in un’antica e fresca casa in terra. Mangiare riso con i gamberi su un tappeto con la gente del posto. Gli stessi che mischiandosi con i nuovi turisti hanno saputo creare atmosfere di gran fascino. La sera si cenerà probabilmente ascoltando la bellissima musica bandari, magari mischiata con una sofisticata musica house. Il paese più magico è sicuramente Laft, con le sue centinaia di torri del vento che si affacciano sul mare. Le torri del vento sono un sistema tradizionale di aria condizionata che funziona perfettamente. Poco lontano da Laft vi è il cantiere delle splendide navi tradizionali in legno chiamate in persiano lenj. Sono immensi scafi fatti di travi di legno fissate tra di loro con grossi chiodi la cui fattura è tramandata nel tempo. La secolare esperienza dei costruttori navali iraniani è stata registrata nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell'Unesco nel 2011.

I lenj erano inizialmente utilizzati per rotte lunghe, per esempio verso la Cina e l'Africa, ma ora sono usati per i viaggi più brevi nel Golfo Persico. Spesso vengono adoperati per trasportare merci tra i porti iraniani e Dubai e l’Oman. Gli artigiani impiegano anche due anni per costruirne uno. Sono necessari diversi tipi di legno per i vari componenti, che vengono importati principalmente dall'India e dall'Africa in quanto non ci sono foreste nell'Iran meridionale.

A Qeshm si può fare il bagno in tantissimi luoghi splendidi e isolati. Gli uomini in costume, le donne con una maglietta e se ci sono persone vicine coprendo i capelli con una cuffia da piscina o un velo. Le regole non sempre vengono rispettate e spesso la polizia ferma ragazze iraniane che fanno il bagno in costume. Ma è anche vero che tante lo fanno in posti isolati e lontano dagli occhi della polizia.  L’isola nasconde molti segreti, fra i quali una splendida grotta di sale. Una delle caratteristiche più interessanti della cultura bandari, oltre la musica splendida e molto allegra, sono i vestiti tradizionali delle donne, simili a quelli indiani e pakistani: pantaloni con bellissime decorazioni intessute sulle caviglie, veli coloratissimi e una maschera sulla faccia, spesso rossa, che ricorda un po' quelle veneziane.

Le meraviglie naturalistiche dell’isola e il suo carattere tradizionale sono messe a rischio dal progetto di un mega ponte che colleghi il porto di Bandar Abbas all’isola. Il problema non è tanto il ponte, in alcuni casi possono essere belli e avveniristici, ma il fatto che servirebbe per alimentare la crescita industriale della free trade zone. Questo sicuramente comporterebbe un boom edilizio e di attività industriali. Avendo l’Iran migliaia di chilometri di coste, è davvero poco sensato distruggere un paradiso naturalistico quando si potrebbe semplicemente fare la free trade zone nel porto di Bandar Abbas, poco distante. Per fortuna il progetto del ponte è stato fermo per anni per mancanza di fondi e per le proteste degli ambientalisti. Nel 2019 è stata annunciata la volontà di riprendere il progetto.

A poche miglia da Qeshm vi è la splendida isola di Hengam e un po' più lontano l’isola di Larak con la sua famosa barriera corallina. Un’altra isola magica è Hormuz, famosa per le sue rocce multicolori e le montagne a picco sul mare.



Hormuz ha solo un delizioso piccolo porto e per il resto rimane ancora del tutto vergine. Si dorme nelle case dei pescatori o si può campeggiare nelle splendide baie tra le montagne a picco sul mare. Purtroppo il primo albergo, costruito da poco, non è certo bello e rischia di essere il capostipite di una serie di brutture. Invece i baretti messi su da giovani iraniani sono molto armoniosi. I proprietari e i lavoratori, spesso di Teheran, sono gente alla moda. I ragazzi vestono con pantaloni curdi e con gioielli raffinati. Le ragazze mescolano vestiti tradizionali bandari con la moda europea. Nei baretti si ascolta ottima musica, anch’essa una miscela tra musica bandari e musica elettronica. In Iran, un po’ come in Italia, persone di estremo buon gusto convivono con persone di pessimo gusto o con il trash più assoluto e kitsch.

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I turisti di solito si fanno lasciare dalle barche dei pescatori in vari punti dell’isola e poi dormono in tenda. Si possono fare passeggiate in luoghi incontaminati dove le rocce assumono colori e forme mai visti. In alcuni momenti dell’anno si può fare il bagno di notte immersi nel plancton. L’acqua assume una colorazione verde luminescente. Si può anche farsi lasciare dai risciò in zone montagnose e desertiche nel centro dell’isola, o andare a vedere il tramonto sulle montagne dalle fantasiose rocce a picco sul mare. Ma bisogna sempre fare attenzione perché si tratta di rocce molto friabili e si rischia di precipitare nel nulla.

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Sia Qeshm che Hormuz hanno splendidi forti portoghesi, testimonianza delle tante dominazioni su queste zone, da sempre al centro delle rotte del commercio mondiale. Le due isole sono solo la punta dell’iceberg di un arcipelago incontaminato e di centinaia di chilometri di costa iraniana sul Golfo Persico pressoché intatta e sconosciuta dal turismo internazionale, spesso anche locale.

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L’atmosfera tradizionale del Golfo Persico, quando si contamina con una contemporaneità rispettosa dell’ambiente e del passato, sa creare un’atmosfera unica;  la modernità portata da artisti, studenti, ambientalisti ha creato aree di avanguardia culturale che fronteggiano metro per metro, palmo di terra per palmo di terra, una falsa contemporaneità fatta di grattacieli tutti uguali, cemento armato, aria condizionata e tanta tanta plastica. Non rimane che sperare che la magia del Golfo sopravviva. Facendo sì che la tribù di nomadi contemporanei e figli della globalizzazione “bella”, che si è fusa con i pescatori e commercianti dell’isola figli dell’antica globalizzazione della via della seta, prevalga sull’omologazione globale che ci vuole tutti nei palazzi,  o in suv in autostrade sopraelevate a sei corsie in un’isola poco abitata.


*LUCA FORTIS (Mi considero un nomade, sono attratto dai percorsi irregolari, da chi sa infrangere le barriere e dalla scoperta dei tanti “altri”. Ho un pizzico di sangue iraniano. Sono giornalista freelance specializzato in reportage dal Medio Oriente e dalle realtà periferiche o poco conosciute dell’Italia. Lavoro anche nel sociale a Napoli)

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