Backstage - 2) Dove è nato Capossela

di ANTONIO SILVA*

Le cene dopo teatro del Tenco, dove capita di sentire Guccini declamare piccanti poesie in bolognese o di vedere Morgan che – con la complicità di Sergio Cammariere – salta dal piano al basso elettrico alla chitarra – non si sono svolte sempre nello stesso posto. Nel corso degli anni abbiamo cambiato diverse lochescion, come dicono quelli che hanno studiato solo inglese.

Avevamo cominciato al Pipistrello, un localino in una piazzetta non lontano dal teatro Ariston, dove ci stavano a malapena i circa quaranta artisti e tecnici addetti ai lavori.

Poi via via la compagnia si è allargata e abbiamo dovuto andare in cerca di spazi sempre più ampi. Cosa non facile. Nel senso che i ristoratori non sempre erano felici di ospitare una banda di scatenati, che arrivava verso l’una di notte, pretendeva di mangiare (molto) e di bere (di più), poi cominciava a cantare (all’inizio) e a sbraitare (dopo i primi bicchieri) per andarsene all’alba. Però abbiamo frequentato posti e locali – a volte nell’entroterra imperiese - dall’accoglienza straordinaria. Negli ultimi anni, dopo aver raggiunto il ragguardevole numero di quattrocento ospiti, ci si alternava tra la prestigiosa sala Biribissi del Casinò, le sale di Casa Sanremo e il Roof del Teatro Ariston.

Quell’anno lì eravamo, a Sanremo, al Morgana. Che adesso si chiama Victory Morgana Bay ed è un “elegante ristobar con menu mediterraneo in un edificio liberty che ospita dj set e happy hour”. Insomma un posto da fighetti. Allora era una balera, con il fascino un po’ démodé delle balere di una volta. Sarà stato l’edificio liberty - che prima della ristrutturazione appariva piuttosto trascurato -, saran state le luci basse - sicuramente per risparmiare -, sarà stato l’arredo – che a me sembrava polveroso anche se non lo era -, insomma il tutto trasmetteva una sensazione di dolce e pacata tristezza. Mi immaginavo il salone pieno di signori attempati, in smoking, che, insieme ad attempate signore in lungo, ballavano fox trot e one step alla musica dell’orchestrina con l’immancabile fisarmonica e le giacche sgargianti.

In compenso, ma questo aumentava lo spleen, si godeva una vista mozzafiato, ancorché notturna, sul porto di Sanremo. Perché, roba da non credere, a Sanremo c’è il mare e c’è pure un porto con delle bellissime barche da sciori.

Insomma siamo lì. La cena volge al termine e io mi preparo ad aprire la festa chiamando sul piccolo palco della fu orchestrina qualcuno degli artisti che poche ore prima si sono esibiti sul palco dell’Ariston. Ma lì, nel dopo Tenco, la regola è ferrea. Gli artisti che vogliono salire sull’ambito palchetto non possono cavarsela con pezzi propri. A meno che siano novità e quindi inedite. Diversamente bisogna sporcarsi le mani con robe altrui, preferibilmente nazionalpopolari – tipo “Fin che la barca va” per intenderci – e possibilmente in formazioni non consuete. Per dire, io ne ho vista una con Paolo Conte al piano, Morgan al basso elettrico, Mauro Pagani al violino, Ellade Bandini alla batteria.

Roba da professionisti.

Quell’anno lì mi andava bene, avevo un sacco di bei personaggi da tirare dentro. Per il coté sghignazzo: David Riondino, Paolo Hendel, Paolo Rossi. Per il coté musica: Mimmo Locasciulli, Eugenio Bennato, Vincenzo Zitello, Gianni Coscia. A tutto palco: Roberto Benigni e Francesco Guccini. Mica paglia.

Son lì che sto pensando una ipotetica scaletta e mi si avvicina Renzo Fantini.

Chi è Renzo Fantini, per i non addetti ai lavori.

Renzo Fantini era – se ne è andato giusto dieci anni fa – il manager di Francesco Guccini e di Paolo Conte. Viene lì e mi dice, nel suo bell’accento bolognese: “Dopo, se vuoi, fai salire quel ragazzo là”. E mi indica un ragazzotto che se ne sta taciturno, in disparte, forse imbronciato, certamente un po’ sperso, che indossa uno strano cappellino. Tipo trilby, ma da poveri.



C’è un momento di stanca e gli faccio segno di salire. Si mette al piano. Nessuno se lo fila: uno sconosciuto che oltretutto ha una voce bassa e roca, che non guarda in faccia a nessuno e suona robe tristi.

Ma qualcosa in quel suo fare mi colpisce, anche perché ho capito che sta suonando e cantando pezzi di Tom Waits. Mi alzo in piedi sulla sedia e urlo agli scalmanati di fare silenzio. Si fa davvero silenzio e lui, dopo un altro pezzo di Waits, butta lì una roba che deve essere sua, visto che è in italiano e nessuno la conosce. E nel silenzio il ragazzo acchiappa.

Resto colpito e mi do subito da fare perché venga invitato nella annuale edizione della Rassegna della canzone d’autore.

L’anno dopo è sul palco dell’Ariston, come esordiente. Lo presento, nome e cognome: Vinicio Capossela. E ricordo che lo abbiamo scoperto l’anno precedente al Morgana mentre si esibiva in alcuni pezzi di Tom Waits. Successone.

Anche l’anno successivo è di nuovo in Rassegna e, addirittura, vince la Targa Tenco per la miglior opera prima con “All’una e trentacinque circa”. Mentre mi sto preparando per andare in scena, sento bussare al camerino, apro e mi trovo di fronte Vinicio. Si sta torturando l’ispida barbetta, si gratta, bofonchia: insomma è evidentemente a disagio. Lo incoraggio a spiegarmi il motivo della sua visita e finalmente, con l’impaccio di chi è convinto di disturbare il mostro sacro (io?), mi sussurra: “Per favore non dire più che facevo le cover di Tom Waits”. Grande.

Da quella prima volta lì, che era il 1990, Capossela è stato presente praticamente a tutte le edizioni della Rassegna. E lui, tutti gli anni, bussa timidamente al mio camerino per ricordarmi di non dire “più” che lui faceva le cover di Tom Waits.

Ma cazzarola, l’ho detto solo la prima volta e mai più.

Era nato Vinicio Capossela.


*ANTONIO SILVA (Ha insegnato storia e filosofia in diversi licei di Milano e provincia per quindici anni. Poi, per altri trenta, è stato Preside di licei classici e scientifici in Milano e provincia. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche - La Repubblica, il Sole 24 ore - discutendo i problemi della scuola italiana. Con un nom de plume ha gestito la rubrica "Il Giudizio Universale” sul settimanale di resistenza umana "Cuore". Dal 1976 è lo "storico" presentatore della "Rassegna della canzone d'autore - Premio Tenco", che si svolge ogni anno a Sanremo)

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