Usa e Russia, l' affetto è reciproco

di CHRIS MIDDLEBROOK*

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Il Volga è per la Russia ciò che il Mississippi è per l'America.  Il folklore e la letteratura russi esaltano la "Madre Volga". Molte grandi città russe se ne stanno al riparo sulle sue rive mentre il Volga si snoda per 2.193 miglia fino a sfociare nel Mar Caspio:  Kazan, Nishny Novgorod, Astrakhan, suonano una più esotica dell'altra... Sono sicuro, ma ovviamente non ho le prove, che l'appellativo della famosa prigione di Azkaban dei romanzi di Harry Potter sia stato creato combinando i nomi di almeno due di queste città russe. 

E non dimentichiamo Ulyanovsk, luogo di nascita di Vladimir Ilyich Lenin. Lenin non giocava a bandy, ma Ulyanovsk è una città che ama il bandy. La squadra locale è il Volga. Fondata nel 1934, partecipa alla massima lega russa. Il campo originario della squadra fu costruito negli anni Venti in una zona di Ulyanovsk oggi povera e semiabbandonata. Il club si è poi trasferito in un complesso indoor raffreddato artificialmente, il Volga Sports Arena. Ma la vecchia pista da bandy è ancora in uso. 

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(foto di Chris Middlebrook)

La nazionale americana di bandy arrivò a Ulyanovsk nel primo pomeriggio del 31 gennaio 2016, un giorno prima di affrontare la Lettonia nella gara di apertura del Campionato del Mondo. La prima sera gli americani tennero una sessione di allenamento sul vecchio campo del Volga, che è circondato da un'alta recinzione reticolata e ha un solo ingresso. La notizia si diffuse rapidamente nei complessi residenziali circostanti: la squadra americana sta pattinando sulla vecchia pista. Entro mezzora centinaia di persone affollano l'area esterna del recinto. La maggior parte di loro ha visto gli americani solo in tv,  mai da vicino, in carne e ossa. Il nostro anfitrione, Alec, mi si avvicina: "Mi chiedono se queste persone possono assistere all'allenamento", dice. Dico subito di di sì, fateli entrare.

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(foto di Chris Middlebrook)

La pista ghiacciata viene circondata dalla gente del quartiere: giovani ragazzi e ragazze, anziani e anziane, perfino alcune mamme coi bimbi nel passeggino. Stanno in piedi appena oltre il bordo del ghiaccio, a pochi metri dai pattinatori statunitensi. L'emozione che provano si avverte fin dentro il campo, e i ragazzi americani ne sentono tutta la forza. Finito l'allenamento, la sicurezza comincia ad allontanare le persone verso l'uscita. A questo punto intervengo: "Lasciateli restare", dico,  "i nostri ragazzi vorrebbero incontrare i tifosi". Mentre i giocatori si avviano fuori dall'anello di ghiaccio, vengono circondati dalla gente di Ulyanovsk. Strette di mano, pacche sulle spalle, tante foto e tanti autografi.  Ma non è un entusiasmo unilaterale. I ragazzi americani sono entusiasti almeno quanto le persone con cui familiarizzano. Un uomo sulla sessantina si avvicina a me e ad Alex. Non appare né ricco né sofisticato, ma è orgoglioso: orgoglioso sul piano personale e orgoglioso di essere un russo. 

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(foto di Chris Middlebrook)

"È così che dovrebbe essere" esclama. "I nostri leader, i nostri paesi possono anche non amarsi.  Poossono anche dirci di diffidare glu uni degli altri. Ma noi siamo il popolo, non ci interessa quel che dicono. Voi e noi siamo amici. I popoli saranno sempre amici. Questo è bello". E in effetti è bellissimo.

Quattro sere dopo, gli Stati Uniti giocano contro la Russia ai quarti di finale, nella città di Dmitrovgrad, 50 miglia a est di Ulyanovsk. Settemila russi affollano le tribune di cemento e circondano la pista all'aperto. E' una folla viva, quasi un'unica entità. Il tifo è assordante mentre festeggiano ognuno dei primi nove gol della loro nazionale.

 "Russia, Russia, Russia"!

Poi gli Stati Uniti segnano il 9-1. La folla si azzittisce. L'allenatore Chris Halden e io siamo d'accordo subito: questo silenzio deve finire. Usciamo dall'area tecnica e andiamo sotto le tribune. Muovendo braccia e mani esortiamo la folla a darr riconoscimento al gol degli Stati Uniti. La folla risponde, prima un canto leggero, poi un ruggito. 

IMG_3599JPG(foto di Chris Middlebrook)

"Usa, Usa, Usa"!

Al nostro secondo gol la folla non ha più bisogno di essere incoraggiata. "Usa, Usa, Usa",  esplodono in un'armonia di umanità russa.

Al termine della partita, la polizia si mette in formazione per impedire alla folla di invadere il ghiaccio. Ma i giocatori statunitensi pattinano fino al bordo della pista e si immergono tra la gente. Non è diplomazia e cortesia, è molto di più.  C'è una corrente di connessione umana e di gioia che scorre tra due popoli, mescolandoli e rendendoli una cosa sola. Passano trenta minuti prima che i primi giocatori statunitensi riescano a arrivare negli spogliatoi. Sanno di aver giocato un'ottima partita contro la squadra russa. Ma è lo straordinario legame successivo con i cittadini di Dmitovgrad, con la gente russa, quel che porteranno con sé per il resto della vita.

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(foto di Chris Middelbrook)

Un gruppo di agenti di polizia presidia  il nostro pullman mentre saliamo a bordo per tornare a Ulyanovsk. Una donna, un capitano, è lì in piedi accanto a una ragazzina, sua figlia. Mi tolgo la sciarpa della squadra Usa dal collo e gliela dò. L'ufficiale, per tutta risposta, mi abbraccia fortissimo. Mi parla e dà voce ai sentimenti di migliaia di russi arrivati per la partita e poi stretti intorno agli atleti statunitensi.

"Vi vogliamo bene!",  esclama. 

Il sentimento è reciproco, non c'è alcun dubbio.

"Vi vogliamo bene anche noi!" rispondo, mentre mi abbraccia di nuovo.

(traduzione di Vittorio Ragone)


*CHRIS MIDDLEBROOK (Avvocato, è stato giocatore professionista di bandy e è l’autore di una raccolta di 118 racconti brevi, “Cronache del bandy – Alla ricerca di uno sport dimenticato”. Prima da giocatore della nazionale Usa, poi da allenatore e ora da presidente della Federazione americana bandy ha viaggiato a lungo nei paesi del Nord e in Urss, in Asia centrale e in Cina. Attualmente risiede a Minneapolis, sua città natale, con Cathy, con la quale è sposato da 36 anni).

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