Up and down, il dilemma del tunnel

di GIGI SPINA*

Come la prima volta che ho assaggiato la Norvegia, curioso se sapesse di tannino o di ciliegia, come quella vacanza che sembrava un po' una fuga in tempi già sospetti, ma che a Ventotene!  A Cuba

Stavo ascoltando Come di Paolo Pietrangeli, eseguita nel concerto al Teatro Parioli di Roma (1995), offerto come bonus da scaricare con l’acquisto dell’emozionante Amore, amore, amore un c… (che poi credevo fosse un CD, invece è un vinile, ma non me ne ero accorto!), quando mi si è spalancata davanti la Norvegia, agganciata a un verso da foglieviaggi. Il cortocircuito è stato immediato. Ho aperto iPhoto, che ora si chiama solo Foto, ma mi sono trovato davanti a un tunnel. E ho pensato: per uscire dal tunnel devi prima esserci entrato. E quindi lo devo raccontare.

Estate 2014, viaggio in Norvegia, su precise indicazioni di una cara amica norvegese, capace di tradursi meravigliosamente qui a Bologna.

La guida dell’auto è dolce, perché non deve sfuggire nulla del paesaggio, né per le foto né per la memoria, che conserva sempre qualcosa in più. Solo che a un certo punto la strada si restringe … ed eccolo lì, il tunnel. Che porta a Kjeåsen, una fattoria montana sul fiordo di Simadal (il principale centro è Eidfjiord).

Si potrebbe eluderlo, certo, salendo a piedi, ma ormai siamo lì, davanti al tunnel.

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Non rimane che entrarci per poter poi dire, almeno una volta con certezza: siamo usciti dal tunnel. Il cartello è preciso, minuzioso.

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Non è che si possa entrare quando si vuole… stavo per dire ‘all’italiana’ (dire ‘alla napoletana’ sarebbe stato parzialmente autoffensivo, essendo io salernitano, ma ho preferito la generalizzazione nazionale, anche se poco patriottica).

C’è un tempo per salire e un tempo per scendere. Si entra e si sale all’ora, si torna e si scende alla mezz’ora. Ma si comincia con lo scendere, con il ned/down, dalle 9.30 alle 17.30, precedenza ai farmers; si sale, opp/up, dalle 10 alle 17.

Il tunnel, che è del 1974, misura 2500 metri, anche se non c’è una specialità olimpica corrispondente. Quindi meglio togliersi dalla testa l’idea di una sfida, di un primato da conquistare. Certo, ci sono stati i 2500 siepi, ma solo nella seconda Olimpiade, a Parigi, 1900. Vinse il canadese George Orton, sempre che wikipedia non mi stia prendendo per i fondelli. Pensate, si correvano i 2500 siepi e non c’erano state ancora guerre mondiali. Poi i metri sono diventati 3000 e sono cominciate le guerre mondiali. Niente, offrivo nuovi argomenti ai complottisti.

Dunque, bisogna solo aspettare disciplinatamente l’orario, entrare, attraversare e uscire. Sempre che tutti rispettino le indicazioni. E se ci fosse un compatriota dall’altra parte, o uno straniero qualsiasi che si rifà a modelli parte indigeni, parte nopei, per dire? E così perdo l’ingresso, perché non voglio entrare neanche un minuto dopo. Intanto mi faccio coraggio, mi rassicuro, penso che è l’abito che fa il monaco e il paese il comportamento. Accelero, in realtà non c’è fila, ma ho visto scendere qualcuno, sbucato con fari accesi dall’arco d’ingresso. Aspetto lo scoccare dell’ora ed entro, finalmente. Tengo i finestrini aperti o chiusi? Variante adiafora, suggerisce subito il filologo che è in me: indifferente, che non crea problema, anche perché, penso, se fosse stato importante l’avrebbero sicuramente scritto sul cartello, lo spazio c’era.

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E così mi preparo a uscire dal tunnel, mettendo in salvo anche l’equipaggio. Mentre torniamo a riveder la luce, penso che uscire dal tunnel comporti, dal punto di vista dell’impegno individuale, pazienza e regolarità, cioè rispetto delle regole, ma bisogna anche che chi gestisce il tunnel dia indicazioni e regole precise. Non c’è l’una senza l’altra cosa. E forse questa è la difficoltà del tunnel, anche se, una volta uscitone, ci si potrebbe trovare sull’orlo di un precipizio.FOTO4jpeg

Ma questa spero non sia un’altra storia…


*GIGI SPINA (Salerno, 1946, è stato professore di Filologia Classica alla università Federico II di Napoli. Pratica jazz e tennis. Gli piace pensare e scrivere, mescolando passato e presente)    


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