Ucraina, lo spettro della violenza sessuale dentro la guerra

di ANNA DI LELLIO*

Inevitabilmente, come in tutte le guerre, è arrivata dall’Ucraina la notizia delle violenze sessuali che sarebbero state commesse dalle truppe russe su donne ucraine. Per ora è solo un’accusa lanciata prima dal ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba in visita a Londra, poi da quattro deputate, parlando al Parlamento britannico della situazione nel loro paese. Il procuratore generale dell’Ucraina, Iryna Venediktova, ha appena aperto la prima indagine su un caso specifico che si sarebbe verificato a Brovary, alla periferia di Kyiv. Maria Mezentseva, capo della delegazione parlamentare ucraina al Consiglio d’Europa, ha confermato questa azione giudiziaria, avvertendo che non si tratta di un caso isolato e che altri seguiranno presto.

Lesia Vasylenko, la deputata che viene più intervistata, non ha citato prove a sostegno delle accuse, ma ha detto: “I Russi stuprarono due milioni di persone in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale. La Russia sta di nuovo usando lo stupro come strumento di guerra. Questa volta in Ucraina. La storia si ripete”. Sono parole forti, che vanno prese sul serio ma anche cum grano salis. L’intera Ucraina è attualmente impegnata in un grande ed eccellente lavoro di pubbliche relazioni, dove i fatti vengono selezionati e amplificati. Ma non vuol dire che siano falsi o usati a scopi puramente propagandistici. Cerchiamo di capire questa apparente contraddizione.

Non è una sorpresa che la notizia degli stupri in Ucraina stia emergendo con sempre più forza, anche se sappiamo che la violenza sessuale in guerra è normalmente avvolta in un silenzio quasi impenetrabile. Questo è vero più nel dopoguerra.  Invece durante la guerra c’è molta meno riluttanza a parlarne. Capita che una parte nel conflitto addirittura si affretti a pubblicizzare casi di violenza sessuale subiti dalle proprie donne e ad enfatizzarne le manifestazioni più estreme. Nel caso dell’Ucraina si capisce: c’è bisogno di mantenere viva l’attenzione globale sulla guerra per evitare che scompaia dalle prime pagine dei giornali, dalle prime serate televisive, e dalle agende dei governi. La violenza sessuale è uno dei crimini più vigliacchi e repellenti, e serve bene allo scopo. 


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Si sono dunque inventati tutto? No. Come documentato in modo credibile da un rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, la violenza sessuale è di casa nel conflitto in Ucraina iniziato dal 2014, quindi in Crimea e nelle aree del Donetsk e del Luhansk. È stata commessa da tutte parti, sia dalle forze governative ucraine che dai gruppi armati separatisti e dalle truppe russe in Crimea, e su ogni genere di individui. Il rapporto conclude che la violenza sessuale non sembra sia stata usata in modo strategico, non sia cioè uno strumento, un’arma della guerra, ma sia stata praticata su persone in detenzione.

L'indagine dell’ONU è limitata agli anni precedenti l’aggressione russa del febbraio scorso. Oggi il conflitto si è allargato e coinvolge molte più forze armate con un controllo su un territorio frammentato. Ma per stimare cosa sta succedendo alle popolazioni civili ucraine sotto attacco in questi giorni bisogna guardare ai modelli di violenza già in corso nel conflitto Ucraino, o ad altre esperienze russe in guerra. Non occorre quindi andare a ripescare la grande tragedia della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale l’esercito sovietico si rese colpevole di una violenza sessuale sistematica e diffusa nelle zone occupate della Germania. Quello fu un crimine noto alle autorità militari e civili sovietiche e mai punito, secondo lo storico Antony Beevor nel suo Berlino 1945. La Caduta (Rizzoli 2003). Certo, non furono solo i sovietici a stuprare a Berlino. Americani, Inglesi, e Francesi fecero lo stesso, anche se il numero combinato degli stupri di questi tre eserciti non è che un’infinitesima parte di quello dei sovietici. E oggi in Ucraina non sono solo i Russi a stuprare, applicare elettrodi ai genitali, e praticare altre torture a sfondo sessuale. Sono anche gli Ucraini. 

Che non si faccia confusione. Quando  il 2 marzo scorso Karim A.A. Khan, il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI/ICC) ha aperto le indagini sulla “Situazione in Ucraina”, si è impegnato ufficialmente ad investigare i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, e il genocidio, commessi nel conflitto in Ucraina a partire dal 21 November 2013.  E tra i crimini di cui si occuperà c’è la violenza sessuale. Non ha certo creato le premesse per un processo solo a Putin e i suoi uomini. Indagherà e forse incriminerà anche truppe ucraine. 



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È molto probabile tuttavia che le pratiche di violenza sessuale commesse dai Russi, truppe invasori intente a terrorizzare e deportare migliaia di residenti civili, siano molto più estese e sistematiche, usate come strumento di guerra in una campagna mirata e organizzata. Potrebbero ammontare quindi, se ben documentate, non solo ad un crimine di guerra che viola le Convenzioni di Ginevra (articolo 8.b.XXII dello Statuto di Roma), ma anche ad un crimine contro l’umanità (articolo 7.g) 

Di cosa parliamo quando parliamo di violenza sessuale in questi contesti? In entrambe le categorie di crimine, si tratta grosso modo di stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale di analoga gravità. La differenza è la natura della campagna militare nella quale avvengono. È importante cominciare subito a denunciare e documentare cosa sta accadendo in Ucraina alle donne, agli uomini e a coloro che non si conformano a nessuno dei due generi, e che sono i più vulnerabili soprattutto nel clima tossico stabilito dalla retorica di Putin.  

Ma come? Prestando molta attenzione al contesto. Nel caso del Kosovo, leader militari e politici serbi furono condannati tra l’altro anche per violenza sessuale come crimine contro l’umanità dalla International Criminal Court for former Yugoslavia (ICTY), perché incidenti di violenza sessuale contro donne albanesi avvennero durante la campagna di pulizia etnica che uccise più di diecimila civili, secondo il conto dell’ organizzazione basata a Belgrado Humanitarian Law Center; espulse la metà della popolazione; e brutalizzò migliaia di donne e uomini con una violenza sessuale paragonabile a quella della Bosnia.

La ICTY riuscì solo a raccogliere la denuncia, e la testimonianza, di cinque vittime. Ma collocò anche questo piccolo numero di incidenti nel quadro della campagna di pulizia etnica. Con la collega Garentina Kraja, abbiamo creato una mappa di assassinii e violenza sessuale durante la guerra del Kosovo nel 1998-1999 che mostra una dinamica precisa a conferma delle sentenze giudiziarie. Gli uomini venivano giustiziati, le donne sottoposte a stupri di gruppo, spesso pubblici, e a torture fisiche, come per esempio tagli su tutti il corpo. Il primo caso denunciato in Ucraina dal procuratore generale Venediktova sembra uscito dallo stesso copione.


*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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