Terminillo, la meraviglia e lo spreco

testo e foto di STEFANO ARDITO*

Qualche anno fa, in questo periodo dell’anno, le cronache locali avrebbero scritto che il Terminillo “è in attesa della neve”. Forse è vero anche oggi, ma questa è un’attesa splendida. La prima neve caduta sul massiccio si è quasi ovunque sciolta, ma all’orizzonte, oltre la Via Salaria e L’Aquila, compaiono le cime imbiancate del Gran Sasso.

A Pian de’ Valli, cuore turistico del Terminillo, l’atmosfera è di bassa stagione, e gran parte dei ristoranti, degli alberghi e dei negozi è chiusa. Nei fine settimana, però, file di escursionisti salgono verso i 2216 metri della cima dalla Sella di Leonessa o da Campoforogna. I primi partono dal rifugio Sebastiani, i secondi, sul Terminilletto, sostano nel rifugio Rinaldi. Le due strutture, del CAI di Rieti, lavorano e bene.

Più in basso, in Valle della Meta e in Val Ravara, ma anche tra Pian de’ Valli e il rifugio la Fossa, dà spettacolo la faggeta. La parola americana foliage oggi appare nelle pubblicità di molte aree turistiche italiane.

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(Autunno in val Ravara)

Nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, e nelle Foreste Casentinesi, escursionisti e turisti vengono ad ammirare le foglie dei faggi che virano verso il rosso, il giallo e l’oro. Nel Lazio, e a Rieti, nessuno sogna di farsi pubblicità mostrando i colori dei boschi d’autunno. E’ un errore, che costa reddito e lavoro.        

Quando la neve imbiancherà la montagna, accadrà qualcosa di simile. La promozione turistica e i media parleranno solo di sci da discesa e di impianti. Silenzio, invece, sulle migliaia di appassionati delle ciaspole, dell’arrampicata invernale, dello scialpinismo e del fondo che arrivano dal Lazio, dall’Abruzzo e dall’Umbria. E che, sia detto per inciso ma non troppo, fanno lavorare le strutture turistiche anche loro.  

Per capire il Terminillo di oggi bisogna ricordare due giornate lontane. La prima è il 13 febbraio 1882, quando Enrico Abbate e altri tre alpinisti romani, insieme a due guide locali, partono da Leonessa e compiono con piccozze e “grappe”, antenate degli odierni ramponi, la prima salita invernale della cima

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(La vetta del Terminillo)

Per Abbate, l’ascensione “in questa stagione ha il carattere di una vera e difficile salita alpina. Se il paese di Leonessa fosse in Svizzera sorgerebbero alberghi, e comode diligenze percorrerebbero ampie strade trasportando continuamente touristes”.

La seconda data è il 22 gennaio del 1932, quando a Pian de’ Valli, frequentata dai primi sciatori reatini, arrivano la guida Orlando Rossi e Benito Mussolini, seguito dai figli Bruno e Vittorio e da sua moglie Rachele su un mulo. Il gruppo sosta sulla neve per tre ore, nessuno scia, si racconta che la moglie del Duce prepari i panini alla scorta. Partendo, Mussolini annuncia “tornerò in automobile!”. Il destino del Terminillo è segnato.

In quegli anni i desideri del Duce sono legge. Nel dicembre del 1933 la strada arriva ai 1200 metri del Pian di Rosce, l'anno dopo raggiunge Pian de’ Valli. Nel 1936 s’inaugura il primo albergo, il Savoia, seguito poco dopo dal Roma, nel 1938 arriva la funivia del Terminilluccio, il “Conetto”.


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(L' aquila fascista di Campoforogna)

Mussolini torna più volte al Terminillo. “Non sciava, si faceva fotografare a torso nudo sugli sci, poi si ritirava nel suo appartamento all’Hotel Roma. Sciavano, e bene, le sorelle Myriam e Claretta Petacci” mi ha raccontato negli anni Novanta Edgardo Camosi, il maestro di sci di Gina Lollobrigida e di Vittorio Gassman. “Altri personaggi famosi, come re Farouk d’Egitto e Anita Ekberg, facevano solo la Dolce Vita sulla neve”.

Il Terminillo della mondanità e dello sci funziona fino agli anni Settanta. A Pian de' Valli i palazzinari tirano su trenta condominii e un centinaio di ville, con un acquedotto inadeguato e senza fogne, nel 1980 gli ultimi cantieri vengono bloccati dalla magistratura.

Il colpo più duro, però,  lo assesta la concorrenza dell’Alto Adige e del Trentino, che si prendono le settimane bianche dei romani. Nei weekend la concorrenza arriva da Campo Felice e Ovindoli, dove si arriva con la nuova A24 Roma-L’Aquila. Tra il 1975 e il 1986 i pernottamenti negli alberghi del Terminillo calano di oltre la metà, poi gli inverni senza neve non fanno che peggiorare le cose.

Da allora, tra i politici e gli amministratori locali, si fa strada l’idea di un rilancio a base di nuove piste e nuovi impianti di sci. E’ una storia lunga, sintetizzata dal tabellone che, sul corso di Leonessa, mostra i nuovi tracciati da fare

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(Leonessa, la cripta di san Francesco)

Decenni di proposte, contestazioni e ricorsi sembrano concludersi nel dicembre del 2020, quando la Regione Lazio approva il progetto TSM2, seconda versione di Terminillo Stazione Montana. Ma niente è stato veramente deciso, perché mancano i soldi (la Regione ha stanziato 40 milioni, ma ce ne vogliono un centinaio), i privati non intervengono, gli ambientalisti del WWF, del CAI e di altre associazioni continuano a manifestare.  

Fa impressione che politici, sindacati e media di Rieti si schierino compatti a favore del progetto, e che perfino Legambiente non si opponga. Se invece chi amministra il Terminillo studiasse cosa si fa sulle Alpi, potrebbe decidere di riparare gli impianti di risalita esistenti (la metà è in abbandono) e di valorizzare tutto il resto.

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(Leonessa, il tabellone dei sogni)


Una scuola permanente di alpinismo, nuovi rifugi, guide alpine ed escursionistiche, sentieri da fare a piedi o in mountain-bike. E poi sentieri battuti invernali, falesie attrezzate, magari una via ferrata sull’esempio di quelle che attirano migliaia di escursionisti al Gran Sasso.

Il camoscio d’Abruzzo, non più a rischio di estinzione, è stato riportato sui Sibillini e sul Sirente. Riportare qualche esemplare sul Terminillo non metterebbe in pericolo la specie, ma sarebbe un’attrattiva importante.

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(Sci di discesa a Pian de' Valli)

Cosa accadrà davvero è impossibile da prevedere. Lo scorso inverno, con i confini del Lazio sbarrati e il divieto per lo sci di pista, nei weekend gli alberghi e i ristoranti del Terminillo hanno fatto il tutto esaurito. Un altro boom destinato a sgonfiarsi è quello di Campo Stella, mini-stazione in territorio di Leonessa, affollata di sciatori umbri dopo la chiusura, causa terremoto, di quelle dei Sibillini.

Intanto, prima dell’arrivo della neve, è bene godersi il Terminillo d’autunno. In questi giorni gli ultimi escursionisti-pellegrini transitano sui cammini di San Benedetto e San Francesco, che collegano il Lazio con l’Umbria scavalcando il cuore del massiccio.



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(Seggiovia abbandonata al Terminilletto)

Oltre a quelli delle vette e dei boschi, restano affollati i sentieri che iniziano dal santuario di Greccio, e dai borghi di Poggio Bustone, Micigliano, Cantalice e Leonessa. Nel centro di quest’ultima, a cento metri dal tabellone delle nuove piste, una scala porta alla cripta di San Francesco, decorata da magnifici affreschi. Da non perdere, in qualunque momento dell’anno. Ma qui si pensa solamente allo sci.    


 

*STEFANO ARDITO (E' noto ai camminatori per le sue guide dedicate ai sentieri dell’Appennino e delle Alpi. Giornalista, scrittore, documentarista, scrive per Il Messaggero, Meridiani Montagne, Plein Air e il sito Montagna.tv e Plein Air. Ha lavorato per Airone, Repubblica, il Venerdì, Specchio de La Stampa e Alp. E’ autore di circa 60 documentari, in buona parte trasmessi da Geo&Geo di Rai Tre. Tra i suoi ultimi libri sono Alpi di guerra, Alpi di pace, Premio Cortina Montagna 2015, e Alpini, finalista al Premio Bancarella 2020, entrambi editi da Corbaccio. Ha raccontato di Darjeeling e della cima più alta della Terra in Il gigante sconosciuto - Corbaccio, 2016 - dedicato al Kangchenjunga, e in Everest - Laterza, 2020 -, che celebra i cent’anni della prima spedizione britannica).


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