Stano, Brugnetti, Korzeniowski: così lo stadio Dordoni ha visto sfilare il meglio della Marcia

di GIORGIO OLDRINI*

La vittoria di Massimo Stano alla gara di marcia 20 chilometri alle Olimpiadi giapponesi ha acceso in me, sestese, una grande nostalgia. Perché l’ultimo vincitore di una medaglia d’oro in questa specialità è stato Ivano Brugnetti, ad Atene 2004. Un sestese, atleta che usciva da una scuola straordinaria per i marciatori, quella dello stadio Dordoni di Sesto San Giovanni gestito da anni da Roberto Vanzillotta e nel quale a lungo ha lavorato come allenatore e molto di più Antonio La Torre, attuale Commissario tecnico dell’atletica azzurra. 

Per quasi 60 anni la marcia ai massimi livelli mondiali e Sesto San Giovanni si sono sposate. Era stata una idea dell’assessore allo sport di allora, Olinto Bega negli anni ’60,  festeggiare il Primo Maggio, giorno dei lavoratori soprattutto nella città operaia per eccellenza, con una manifestazione sportiva che facesse della fatica e del sacrificio la sua essenza. Due società locali ne divennero le organizzatrici, Geas e Libertas, che poi nel corso dei decenni si sono fuse. Il Primo Maggio per 56 anni è stato a Sesto la gara di marcia, che si sviluppava nelle vie della città con ali di pubblico straordinarie. Vecchi e ragazzi a fare il tifo per tutti, compresi gli anziani del Centro dei Tigli che si portavano le sedie da casa e riconoscevano uno per uno i partecipanti. “Da nessuna altra parte del mondo marcio tra tanta gente” diceva con ammirazione e piacere Robert Korzeniowski, forse il marciatore più grande di sempre. Dalle vie della città sono passati tutti i campioni olimpici, mondiali, europei. Per tutti un applauso e un incoraggiamento, compreso per Pierino, che arrivava regolarmente ultimissimo, quando i primi avevano già ricevuto la medaglia e che tutti i sestesi ormai conoscevano e accoglievano con affetto.

Naturalmente era nata una scuola su quel campo che all’inizio gli atleti dividevano con una squadretta di calcio di quartiere, campioni olimpici costretti a schivare pallonate di giovani aspiranti Pelè. Fino a quando nel 2002 l’Amministrazione comunale diretta da Filippo Penati fece una scelta credo unica al mondo: trasferire la squadra di calcio, dedicare tutto l’impianto all’atletica e intitolarlo a Pino Dordoni, uno dei grandissimi della marcia italiana.

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(Massimo Stano)

I primi maestri erano stati due lavoratori. Roberto Vanzillotta che dirigeva anche l’impianto dedicandovi gran parte della sua vita e persino i suoi soldi personali quando serviva, e Antonio La Torre. Questi era un giovane operaio della Breda, affascinato dall’atletica, che univa il lavoro in fabbrica, la pratica sportiva e lo studio appassionato alle scuole serali, tanto da arrivare a laurearsi e poi a diventare docente universitario e alla fine addirittura Ct nazionale.

Il primo marciatore di livello internazionale della scuola sestese è stato Raffaello Ducceschi, classe 1962. Ciuffo di capelli assassino, fisico alto e slanciato, uno sguardo intelligente, una passione per la politica e per il design, Raffaello vinse varie tappe del circuito mondiale della marcia, tra cui proprio la 1 Maggio di Sesto San Giovanni nel 1984. Quell’anno Fiorenza Bassoli era sindaco di Sesto San Giovanni, del Pci, e per la prima volta il Psi non era entrato in giunta, anche se i due partiti stavano trattando un ritorno. Quando la Bassoli infilò sulla bella testa di Raffaello vincitore la medaglia d’oro si sentì sussurrare dal premiato “Non fare entrare il Psi in giunta”. Un giorno parlavo con lui di doping. “Abbiamo bisogno di assumere ferro in modo rapido. Per questo mi faccio frullati di fegato crudo”. Sentii un vago desiderio di vomitare solo al pensiero, ma con i suoi frullati di fegato crudo Raffaello arrivò quarto al mondiale di Roma del 1987 sui 50 chilometri, vinse le Universiadi di quell’anno, arrivò quinto alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 e ottavo in quelle di Seul del 1988.  Finito di marciare, è stato tecnico in alcuni Paesi africani e quindi designer a Barcellona.

Avanti negli anni si sono intrecciate le storie di due grandi marciatori, Ivano Brugnetti (1976) e Alessandro Gandellini (1973). Minuto e un po’ storto nella marcia Ivano, bellissimo ragazzo Alessandro, ma era stato Brugnetti ad avere più successo fino a vincere il campionato mondiale a Siviglia nel 1999 sulla 50 chilometri. Quello straordinario risultato però lo aveva come bloccato. Tra infortuni e paure era addirittura arrivato sull’orlo del ritiro. Vanzillotta, La Torre lo incitavano, ma era stato Gandellini la sua ancora di salvezza. Si allenavano spesso insieme, due campioni che percorrevano la pista del Dordoni e poi uscivano per marciare nei viottoli del vicino Parco Nord Milano. Spesso Brugnetti confidava all’amico che voleva ritirarsi. Intanto Alessandro era andato alle Olimpiadi di Sidney nel 2000 ed era arrivato nono, era stato terzo ai Giochi del Mediterraneo e aveva vinto varie tappe del circuito mondiale. In quelle ore passate insieme, Gandellini convinse Brugnetti a riprendere con convinzione e a passare dalla 50 alla 20 chilometri. Un successo, i due partirono per le Olimpiadi di Atene nell’estate del 2004. Molti si aspettavano un ottimo risultato del forte Alessandro, un risultato qualsiasi di Ivano. Lo confesso, ho pianto quando ho visto Ivano Brugnetti tagliare per primo il traguardo dell’Olimpiade ad Atene, la terra delle Olimpiadi. Ma prima avevo avuto un tuffo al cuore quando Gandellini si era ritirato. Mi era sembrata in fondo una ingiustizia.

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(Ivano Brugnetti)

Forse il personaggio più straordinario della marcia moderna è stato il polacco Robert Korzeniowski. Una persona di straordinaria intelligenza, che parla correttamente 5 lingue, tra cui un ottimo italiano. A Sesto ha vinto, ma ha vinto le Olimpiadi di Atlanta, di Sidney, di Atene sui 50 chilometri, varie volte il mondiale, molte tappe del circuito internazionale. Ma aveva una storia particolare e crudele. Alle Olimpiadi di Barcellona, le sue prime, dominò la 50 chilometri, entrò nello stadio solo e pronto al trionfo quando un giudice italiano gli alzò sotto il naso il cartellino di squalifica. Io pensai che nei suoi panni avrei potuto assassinare quel giudice: alla prima Olimpiade, a pochi metri da una vittoria storica, vedersi squalificare con una decisione che è pur sempre soggettiva. Molti anni dopo, proprio a una gara a Sesto San Giovanni ero lì quando Robert incontrò quel giudice. Pensai che gli anni avevano addolcito il ricordo, ma che comunque qualche insulto sarebbe volato. Invece Korzeniowski nel suo perfetto italiano si avvicinò al giudice e gli disse “Voglio ringraziarti, perché in quel momento della squalifica mi sono promesso: c’è un solo modo di riparare, diventare il migliore dei marciatori. Se lo sono diventato è anche merito tuo”.

Qualche tempo fa anche Massimo Stano si è allenato al Dordoni. Il campo degli olimpionici che l’attuale Amministrazione comunale di destra ha deciso di togliere al Geas atletica, a Vanzillotta, ai tanti atleti e alle scolaresche che lì corrono, saltano, marciano.

 

*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)


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