Riccardo Minali, la "maglia nera" del Giro 2021

di ANGELO MELONE*

E’ partito per primo nella cronometro conclusiva di questo Giro d’Italia 2021. E alla fine dei 30 chilometri che a Milano hanno messo la “maglia rosa” sulle spalle di Bernal, Riccardo Minali - classe 1995, veronese – ha (solo idealmente) indossato quello strano ma affascinante trofeo che in tempi lontani ha accompagnato il Giro: la maglia nera. Ultimo arrivato, 143esimo a 5 ore, 35 minuti e 49 secondi da Bernal.

Negli anni se ne è persa memoria, ma la storia della "maglia nera” è molto amata dagli appassionati di ciclismo, racconti capaci di restituire un po’ di favola del ciclismo antico. C'è stato un tempo, nell’immediato dopoguerra, in cui abilissimi corridori si sono disputati il primato di arrivare ultimi. Una idea affascinante dello sport con i valori rovesciati, ma anche – e soprattutto – il gioco della visibilità che comunque arrivava (i giornali sportivi parlavano della maglia nera) e della possibilità di guadagnare qualcosa in più che in mezzo al gruppo non sarebbe arrivato. I gregari erano poveri in un ciclismo povero (tranne che per le star), e in qualche occasione i premi arrivarono a superare quelli destinati al sesto o settimo arrivato. Insomma: meglio ultimi.

Tutto nacque, in definitiva, in onore di un ciclista rimasto nel cuore dei tifosi nel ciclismo eroico degli anni Venti. Giuseppe Ticozzelli era considerato un grande uomo, amato come calciatore (era arrivato anche in Nazionale) e poi per un po’ protagonista sulla bici. Nel 1926 rimase impresso a tutti per la sua sfortuna al Giro (venne travolto da una moto e si ritirò) e per il suo abbigliamento: correva con la maglia della squadra di calcio in cui militava, il Casale. Una maglia nera.

Ma non era facile: ultimi sì, ma non fuori tempo massimo, altrimenti sarebbe scattata la squalifica. Gioco difficilissimo se hai altri contendenti al trofeo: come fai a sapere che non c’è nessuno dietro? Come avere l’esatta valutazione del ritardo dalla testa della corsa? In quei tempi, buio totale. E così un personaggio come Luigi Malabrocca – la maglia nera per eccellenza – diviene protagonista di storie che sfiorano la leggenda: trovato nascosto in un fienile, tessitore di tranelli verso Sante Carollo – suo nemico acerrimo per l’ultima posizione – ma anche capace di “vincerla” malgrado fosse arrivato tra i primi in una tappa: un grande del gioco a perdere.


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(L'ultima maglia nera)

Le imprese di Malabrocca, Carollo, Aldo Bini fecero epoca dal dopoguerra fino al 1952. Il ciclismo era cambiato, il gioco a perdere diventava quasi imbarazzante e la “maglia nera” venne abolita, tranne qualche sporadica ricomparsa.

Ma nella mitologia degli appassionati al Giro, rimane. E per quest’anno è appunto di Riccardo Minali, che comunque ha coronato un sogno dopo un anno difficile: era alla sua prima partecipazione alla corsa rosa, e il traguardo tanto inseguito è arrivato quando tutta la sua vita da ciclista sembrava stesse per svanire. Alla fine dello scorso anno la squadra Nippo Delko One Provence non gli aveva rinnovato il contratto. E, malgrado nel 2020 avesse concluso diverse gare tra i primi e sfiorato il successo al Tour de Langkawi e al Giro del Portogallo, nessuna squadra si era fatta sentire. “Spero nella manna dal cielo. Se non ci sarà, amarezza e delusione saranno enormi, ma cercherò di farmene una ragione, il mondo è vario e non c’è solo la bici – aveva detto in una intervista - “Mi sono iscritto all’Università telematica, alla facoltà di Scienze Motorie che seguo online, dove ho superato il primo esame con 26. Mi piace”.

Ma poi l’occasione è arrivata ed è entrato nella squadra belga della Intermarché Wanty Gobert insieme ad altri giovani. E queste sono state le sue sensazioni al debutto nel Giro d’Italia tre settimane fa: «Sto vivendo un grande sogno, penso che per un italiano correre il Giro sia un po’ come ricevere il regalo più grande in assoluto. Sono cresciuto con i racconti di mio padre (Nicola, ciclista professionista, ndr) sulla corsa rosa, quando ho iniziato a correre in bici mi sono promesso che ci sarei stato anche io e così eccomi qui”.


*ANGELO MELONE (Nato nel '56, giornalista prima a l'Unità poi a Repubblica. Ama fare molte cose. Tra quelle che lo avvicinano a questo sito: la passione per i viaggi, tanta bicicletta e i trekking anche di alta quota)  


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