RECENSIONE - Nino Manfredi e Roma, una chiacchierata per strada

 di MARCELLA CIARNELLI*

Un uomo e una città. Un grande artista oltre il tempo. E una città che è eterna per definizione. Nino Manfredi e Roma. A fare da guida all’incontro tra la capitale che ogni volta che la vedi, e anche quando ci vivi, ti sorprende ad ogni angolo, anche il più conosciuto, a volte solo per una luce, per una nuvola, per un’ombra, e Nino Manfredi, uno dei più straordinari attori italiani, in prima fila in un’epoca segnata da grandi del teatro e del cinema, che avrebbe compiuto in questo strano 2021 cent’anni, ci ha pensato Nicola Manuppelli, con il suo “A Roma con Nino Manfredi” per Giulio Perrone Editore. Omaggio già reso ad Alberto Sordi e anche a Federico Fellini. Sempre la Capitale. Sempre un grande. 



Il tragitto di questo incontro con Roma è durato quasi l’intera vita dell’artista ed è segnato dalle vicende corali di anni difficili, il fascismo, la guerra, la malattia o positivi come la guarigione, la rinascita, il boom del dopoguerra, il successo. Le pietre miliari nella vita dell’uomo: la decisione di diventare attore, l’incontro con la moglie Erminia, il grande amore per sempre che con i figli cura la memoria dell’uomo e dell’artista. Pastena e Castro dei Volsci,  la terra d’origine, i genitori. Il pezzo di carta con il minimo sforzo preso solo per accontentare papà (a differenza del fratello che l’ha usato con ottimi risultati) che fu subito accantonato per le tavole del palcoscenico e la macchina da presa. I ricordi di una carriera parallela ed intrecciata con quella di tutti i grandi del teatro e del cinema italiano di un’epoca irripetibile. 


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Quello di Manuppelli “non è un saggio e nemmeno un libro di filosofia” scrive l’autore. E’ una “chiacchierata per strada, sotto un chiostro, sopra un ponte” a cui idealmente partecipano Tognazzi, Sordi, Gassman i tre colonnelli con Manfredi, Paolo Panelli, Tino Buazzelli, Mastroianni e i registi Brusati, Magni, Scola, Lizzani, De Sica, Fellini, Risi, Nanni Loy, Pietrangeli, Comencini, Wertmuller. Ed anche Eduardo de Filippo e Totò. I romani, le osterie, i sanpietrini di strade antiche capaci di resistere ai secoli. Roma che è Roma solo apparentemente disponibile a misurarsi con la modernità ma poi uguale a se stessa e grande nel cambiamento.  Vecchia, rugosa. Eterna. Splendida. Ora sporca ma non brutta e cattiva.

Comincia dalla Ciociaria, una “declinazione di Roma”, e si conclude nella più positiva delle romanità la vita di uomo e di artista di Nino Manfredi. I luoghi, i paesi, la città è sempre protagonista, non solo sfondo ma condizione per proseguire nella vita a tratti difficile. Conquiste e delusioni che si incontrano. Da Castro dei Volsci all’Aventino. Comincia con un treno l’avventura di Saturnino che accompagna lui e la sua famiglia in città negli anni Trenta del secolo scorso. L’autore fa notare come il treno sia ricorrente compagno nella vita e in tanti film di Manfredi (Cafè Express, Gli anni ruggenti, L’avventura di un soldato, Io la conoscevo bene, Crimen, Io, io, io…e gli altri). E come fosse comune l’uso di quel mezzo per chiunque volesse mettersi in viaggio alla ricerca di una vita migliore e non restare un personaggio in disparte. Ma cercare di riuscire ad emergere. 


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Al ragazzo ciociaro, appassionato di Charlot, che amava rappresentare le maschere della vita, personaggi “la cui incapacità di integrarsi diventa incapacità di comunicare e allora parlano sottovoce, mimano, gesticolano, si esprimono con gli occhi” c’è da credere che proprio Roma abbia dato una importante collaborazione per realizzare il sogno dell’artista. Una città che l’ha accompagnato nelle vicende familiari, nella malattia ai polmoni curata al Forlanini, nella carriera straordinaria fatta di battute, sentimenti intensi, il rispetto verso gli altri, a cominciare da chi è stato costretto all’immigrazione meritandosi il suo grande rispetto. Basti per tutti il Giovanni Garofoli di Pane e cioccolata. 

 Grandi film e grandi spettacoli teatrali. E musica, tanta musica che - ricorda il figlio Luca - “è una delle chiavi per leggere l’opera di mio padre”. Non “tanto pe’ canta' ” ma perché le note sono uno strumento insostituibile per entrare in sintonia con gli altri. Per comunicare. Così come la musica contano anche la voce, gli atteggiamenti, i movimenti del corpo, l’aspetto fisico che fanno entrare in simbiosi lo spettatore con l’attore, film o teatro che sia. Quasi sempre le sue opere sui temi “della religione, del sesso della morte” si rispecchiano nell’impegno di “un attore artigiano, uno che viene dall’arte povera della commedia dell’arte, come i Pulcinella, gli Arlecchini, le Colombine che girano sui carrozzoni, per tirare a campare con il loro mestiere”.


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I film di Manfredi sono tanti e sono tutti presenti, anche solo con un fotogramma, nella storia di ognuno di noi. I luoghi della città eterna che lui amava, frequentava, tali da condizionarne la vita e le scelte sono un itinerario della memoria collettiva. Così come i luoghi del mangiar bene e dell’incontro, uno tra tutti Otello alla Concordia. 

La piazzetta del Maggio di Pastena è il primo luogo, quello dell’infanzia. Un esempio dei posti che Manfredi amava più dei palazzi di Roma. Poi la città. Nella memoria, nei film, nella vita vissuta: Piazza di Pietra, Monte Cocci a pochi passi dal Vaticano, piazza Vittorio, il cimitero acattolico, il Portico d’Ottavia, via La Spezia e San Giovanni, San Lorenzo con i ricordi di Roma in guerra e Roma liberata, le prime case in città dove abitò, via Sannio, le sedi dell’Accademia, Cinecittà. Tutto un frugare nei cassetti della memoria con la capitale a fare da sfondo e ad accompagnare con affetto il protagonista di una bella storia di arte e di umanità..

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("A Roma con Nino Manfredi" di Nicola Manuppelli    ed. Perrone  pagg. 209   euro 15)


Infine il giardino degli Aranci, con il portone che chiude la villa del Priorato dell’Ordine di Malta su, all’Aventino, nei pressi dell’ultima abitazione di Nino. A ricordarlo lì c’è un viale Nino Manfredi. Dal buco della serratura di quel portone è "la vorta bbona" per vedere la più straordinaria immagine di Roma. In fondo a una fila di alberi è inquadrato il Cupolone, bello e imponente come da nessuna altra prospettiva.


*MARCELLA CIARNELLI (Romana di ritorno, napoletana per sempre. Giornalista per passione sempre all’Unità. Una vita a seguire le istituzioni più alte fino al Quirinale senza perdere la curiosità per ogni altro avvenimento. Tante passioni: il cinema, il teatro, i libri, gli animali, il mare, i viaggi, la cucina, gli umani nelle loro manifestazioni più diverse…e la squadra del Napoli)

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