Nona tappa, Castel di Sangro- Rocca di Cambio - Saliscendi abruzzese fra Parchi artisti e riti pagani, sulle tracce di Vito Taccone

di PAOLO IANNICCA*

Il paese del pittore socialista Teofilo Patini sarà il luogo dove avrà inizio la nona tappa del Giro. Un percorso che si snoda fra antichi borghi e paesaggi mozzafiato. Potremmo chiamarla la tappa delle aree protette: sono ben quattro i parchi e le riserve attraversate dalla carovana dei ciclisti in questa giornata di metà maggio. Nell’ordine: Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Riserva Naturale Regionale del Lago di San Domenico e Lago Pio, Riserva Naturale Regionale delle Gole del Sagittario, Parco Regionale Velino-Sirente.

Ma torniamo a Teofilo Patini, perché questi luoghi di wilderness selvaggia hanno prodotto nei secoli anche arte, storia, cultura. Fra i capolavori del pittore nato a Castel di Sangro nel 1840 ricordiamo in particolare le opere: Bestie da Soma e Vanga e Latte. La prima si può ammirare presso il Palazzo De Petra a Castel di Sangro, dove è stata allestita una mostra permanete dedicata a lui. Teofilo Patini non è l’unico artista che sia stato ispirato da una terra tanto aspra quanto rigogliosa e a dire il vero non è neanche l’unico socialista che s’incontra fra i tornanti di questa tappa.

Ma andiamo per ordine. Lasciato Castel di Sangro, la carovana si addentra nell’area protetta più celebre d’Italia: il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, quantomeno la più antica, insieme al Parco Nazionale del Gran Paradiso. L’anno prossimo festeggerà il secolo di vita. Il fondatore fu Erminio Sipari, nativo di queste parti e cugino di Benedetto Croce. “Terra di faggi, lecci ed orsi superstiti” scriveva Ignazio Silone, altra personalità che incontreremo lungo il percorso.  In questa parte della tappa il verde abbagliante dei boschi di faggio si mescola con il colore turchino delle limpide acque del Lago di Barrea nella Vallis Regia. I contrafforti rocciosi del monte Meta, Monte Tartaro e Monte Petroso, ancora incrostati di neve, ci ricordano che lassù la primavera non è ancora arrivata. 


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(Il lago di Barrea)


Dopo il paesino di Villetta Barrea inizia la dolce salita che conduce al Passo Godi, posto a 1556 metri di quota. Qui sulle ampie distese d’erba si ammirano gli stazzi, strutture in pietra usate dai pastori per la monticazione, il pascolo delle pecore al ritorno dalla transumanza in Puglia. Ormai di stazzi in Abruzzo ce ne sono ben pochi, così come le pecore, ma non a Passo Godi. Qui alcune strutture sono ancora attive e le greggi faranno ritorno fra pochi giorni. Giusto il tempo che la primavera si rafforzi in luoghi di gelo e neve. Giunti al valico comincia la vertiginosa discesa di 1100 m circa di dislivello fino ad Anversa degli Abruzzi.

Ma procediamo con calma. Lungo le Gole del Sagittario le località di fascino sono davvero numerose. Il primo paese che s’incontra è Scanno, per l’appunto la storica capitale della transumanza abruzzese e uno dei borghi più belli della mia regione. Un luogo ricco di tradizioni che nel tempo ha attirato l’attenzione di artisti e fotografi: Cartier Bresson, l’olandese M.C. Escher, Giacomelli, Hilde Lotz-Bauer e molti altri. All’inizio del secolo scorso, Scanno fu una delle mete più apprezzate dai fotografi di mezzo mondo che qui venivano a ritrarre soprattutto le donne, ammantate nei loro abiti tradizionali. Ancora oggi, lungo le stradine del centro storico è possibile ammirare qualche anziana signora che indossa fiera l’abito scannese, arricchito dai gioielli di filigrana che qui si lavora da molto tempo: almeno da quando la ricchezza generata dal mercato della lana ha consentito di acquistare l’oro.

 Fra le creazioni più celebri c’è la Presentosa, un medaglione finemente lavorato che la suocera regalava alla futura nuora prima della partenza del figlio/pastore per le Puglie. Era un pegno d’amore. Una promessa che legava i futuri sposi anche nei lunghi mesi invernali. Più malevolmente, c’è chi dice che esibire la Presentosa sul corpetto serviva a scoraggiare eventuali pretendenti, che avrebbero potuto approfittare dell’assenza dello sposo/pastore. Appena fuori dall’abitato di Scanno, la carovana costeggia l’omonimo lago naturale, generatosi nei millenni con una frana che ha ostruito il corso del fiume Tasso. Abbarbicato sulle pendici del lago sta il borgo di Frattura Vecchia con i muri in pietra delle case dirute che vegliano sul panorama circostante. Questo luogo, fu definitivamente abbandonato dopo il terribile terremoto del 1915 e ora non restano che scheletri di case ingialliti dal tempo, ma una nuova speranza sembra rinascere. Qualcuno sta ristrutturando. Magari solo per trascorrevi le vacanze, ma è pur sempre una buona notizia.


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(Bestie da soma, di Teofilo Patini)


La carovana s’incunea fra le strette pareti delle Gole del Sagittario e qui dopo pochi km ci s’imbatte nell’Eremo di San Domenico e nel laghetto prospiciente. San Domenico da queste parti è una vera “celebrità” e la sua figura è legata al rito pagano della divinazione dei serpenti, ma di questo parleremo più avanti, quando la carovana sarà giunta nei pressi del paesino di Cocullo. Le Gole scendono a precipizio fino ad Anversa degli Abruzzi, la strada si fa angusta e pericolosa. Lungo il tragitto, in alto sulla destra in base alla direzione di marcia, spicca il borgo di Castrovalva, un vero e proprio nido d’aquila. E’ qui che M.C. Escher ritrasse il suo lavoro più celebre del periodo abruzzese. A cavallo degli anni venti e trenta del secolo scorso, l’artista olandese amava viaggiare a piedi fra i borghi di questo lembo d’Appennino centrale e ci ha lasciato numerose opere. Così scriveva al sua amico Bas Kist durante uno dei viaggi in Abruzzo: “Non conosco piacere più grande che vagare su colline e attraverso valli, di villaggio in villaggio, sentir gli effetti della natura incontaminata e godersi l’inatteso e l’inaspettato, in grande contrasto con la vita di casa”.

 Uno degli aneddoti più simpatici da ricordare riguardo la permanenza di Escher a Castrovalva nella primavera del 1929, quando i Carabinieri gli sequestrarono il passaporto. Fu convocato in caserma ed accusato dell’attentato al Re d’Italia, che aveva avuto luogo qualche giorno prima a Torino. Escher era uno straniero, era arrivato di notte in paese e non aveva partecipato alla processione e secondo una donna del luogo aveva un’espressione diabolica, così fu denunciato alla polizia. Presto il malinteso si chiarì, ma l'artista ne venne fori molto arrabbiato. 


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(Transumanza)


Poco fuori dalle Gole del Sagittario il gruppo dei ciclisti lambirà il paesino di Cocullo, il villaggio dei serpenti. Qui, il primo maggio di ogni anno, si celebra la più antica delle festività religiose abruzzesi, dedicata a San Domenico. Il culto risale all’epoca dei popoli italici, in particolare i Marsi che veneravano i serpenti e li ritenevano simbolo di fertilità ed abbondanza.  La dea di riferimento era Angizia, secondo la mitologia sorella di Circe e di Medea. La Religione Cattolica ha fatto suo questo culto, ma devo dire che in questo caso la trasposizione dal Paganesimo al Cattolicesimo non è riuscita molto bene. Il giorno della festa l’atmosfera pagana si respira in ogni meandro del borgo. I serpari, antichi custodi dei serpenti, sono ovunque e maneggiano con cura e amore gli innocui colubridi. I fedeli, che affollano le stradine del paese, si avvicinano per cingersi di serpenti, al collo, sulle braccia e fra le mani. 

Dopo Cocullo inizia la salita fino a Fonte Ciarlotto e poi di nuovo giù, per i paesi di Goriano Sicoli e Caste di Ieri. Qui siamo nella Valle Subequana nel Parco Regionale Velino-Sirente. Il più grande fra i parchi regionali abruzzesi, che non ha nulla da invidiare agli altri parchi nazionali della regione. Ancora una salita fino a Forca Caruso e da qui si gode di un ampio panorama sulla enorme spianata dell’ex Lago Fucino, ora un grande bacino per la coltivazione degli ortaggi. Proprio così, ex-lago. Era il terzo specchio d’acqua più esteso d’Italia ma fu prosciugato prima dai Romani e successivamente dal Principe Torlonia nel 1878. Dumas padre scrisse un libricino su quella che fu una delle più importanti opere d’ingegneria idraulica dell’800. Ma forse sarebbe più interessante leggere Fontamara, il celebre romanzo di Ignazio Silone, nativo di Pescina, ambientato in questi luoghi. Berardo Viola, il protagonista, vede nella fertile distesa del Fucino un eldorado irraggiungibile in contrapposizione alle aride e pietrose montagne che circondano la conca. 


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(Cocullo)


Qui la carovana imbocca l’antica via Tiburtina, costruita dai Romani per collegare l’urbe con la costa adriatica e dopo pochi km di nuovo una salita, attraverso la cittadina di Celano che con il suo castello del XIV secolo domina la piana sottostante. Queste sono le salite del “Camoscio d’Abruzzo”, Vito Taccone, così chiamato per via della sua abilità come scalatore, ma anche per il suo temperamento irruente. Taccone, nativo di Celano, ha vinto ben otto tappe del Giro negli anni ’60. La strada conduce sull’Altipiano delle Rocche attraverso il paese di Ovindoli, nota località sciistica e Rocca di Cambio, che detiene il primato di essere il paese più in quota dell’Appennino con i suoi 1.434 m. Ancora un piccolo sforzo, la tappa è quasi finita. La salita si fa dura fino a Campo Felice nel cuore del Parco del Velino-Sirente. Quanta natura, quanta storia, quanta cultura in questi 158 Km abruzzesi!


*PAOLO IANNICCA (L’Aquila 1979, Guida Ambientale Escursionistica che ama camminare sui sentieri della natura, della storia e della letteratura)


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