MANN, quando il museo porta l'arte nel quartiere

di TINA PANE*

Nei miei ricordi è sempre stato il Museo

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come se in città non ne esistessero altri. Poi abbiamo cominciato ad aggiungere l’aggettivo Nazionale e solo recentemente è diventato il Museo Archeologico Nazionale, anzi con un felice acronimo il MANN, dove la seconda N sta per Napoli.

Per anni non ha avuto gran fortuna, era una destinazione di visita più per addetti ai lavori e per appassionati di statue,  papiri e archeologia che non per il grande pubblico

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e pur se i Napoletani se ne riempivano la bocca, dicendo è uno dei più importanti al mondoè meglio di quello di Torino, poi non ci andavano. Io stessa da bambina sono stata portata infinite volte al Museo di San Martino a vedere le carrozze, i presepi e i soldatini e mai all’Archeologico, pur avendolo a due passi da casa.

Però a un certo punto c’è stata un’inversione di rotta. A partire dalla direzione di Paolo Giulierini (2015), il Museo Archeologico ha preso consapevolezza delle sue possibilità e ha iniziato una politica di svecchiamento e incontro con la città. Sono stati anni in crescendo di pubblico e di mostre

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di eventi (concerti, letture di poesie, aperture estive serali con biglietto a 2 euro), di investimenti nella fruibilità degli spazi, di cui l’apertura di una caffetteria è solo un aspetto. Perché a chiunque lo visiti non sfugge che gli spazi interni ed esterni del Museo sono grandiosi

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come le opere che custodisce. E poi c’è stato il Covid. Alla fine di febbraio avevo visitato l’interessantissima Sezione Preistoria e Protostoria, appena riaperta dopo vent’anni di chiusura, e arricchita dalle impressionanti  opere dell’artista visuale Elizabeth Daynes.

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Oltre alla collezione permanente c’erano almeno altre quattro o cinque mostre temporanee, il biglietto era arrivato a 16 euro e nel fine settimana c’era sempre una fila  di turisti in attesa di entrare.

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Quando ci sono tornata all’inizio di ottobre per vedere la mostra sugli Etruschi ho trovato una triste aria di dismissione, una sola piccola mostra temporanea sulle biciclette, e dalla sala della Meridiana 

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era scomparsa la famosa statua di Atlante che regge il mondo sulle spalle. I custodi interpellati non mi seppero dire se fosse andata in prestito o in restauro, io mi feci l’idea che perfino Atlante

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si fosse stancato di reggere le sorti del mondo in pandemia e avesse chiesto un periodo di meritate ferie. Ricordo che nonostante fosse un sabato il museo era vuoto, eppure il biglietto di ingresso era sceso a 10 euro e c’erano altre agevolazioni per gruppi e famiglie.

Vabbè, poi i musei sono stati di nuovo chiusi insieme a tutti i luoghi della cultura, lasciando alle sole librerie il compito di tenere alta la fiaccola della conoscenza. E perciò non può che rallegrare l’ultima iniziativa del MANN, partita a metà dicembre in collaborazione con la scuola italiana di Comix

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che (apro una parentesi) è un piccolo gioiello di offerta formativa che non solo sforna illustratori, vignettisti e altre simili figure professionali, ma è parte integrante del tessuto culturale della città.

L’iniziativa si chiama “Il Museo si racconta nel quartiere” e consiste nell’esposizione, sull’ampio e lungo podio che precede la facciata dell’edificio, delle tavole

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realizzate dalla Scuola Comix per il calendario 2021. Il soggetto è l'Ercole Farnese 

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(una scultura ellenistica di oltre tre metri di altezza ovviamente custodita al MANN),  interpretato dagli illustratori come un eroe

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dei nostri tempi, alle prese con le grandi battaglie del terzo millennio.

Proprio di fronte, nella Galleria Principe di Napoli, altri pannelli riprendono una fortunata e divertentissima mostra di circa un anno fa, "Fuga dal Museo"

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che presenta dei fotomontaggi realizzati da Dario Assisi e Riccardo M. Cipolla di opere classiche custodite nel Museo e inserite in luoghi famosi della città.

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Tutto il progetto, che si avvale della collaborazione con vari assessorati del Comune e con il Consorzio Centro Commerciale Museo, riesce a portare l’arte fuori dall’edificio in cui è custodita ed attualmente non visitabile, e restituisce colori e bellezza a chiunque si trovi a passare, ma non solo. Spiega Giulierini: “Le iniziative messe in campo vogliono testimoniare affezione e vicinanza alle realtà commerciali del territorio e soprattutto alle botteghe artigiane, ai negozi così detti di prossimità e a gestione familiare, nel segno di una identità territoriale che oggi più che mai deve essere preservata per poter tornare presto a crescere e dare i suoi frutti in termini di rilancio economico”.

Normalmente si chiamerebbe politica culturale, ma questo mix di apertura al territorio, scambio con gli altri soggetti istituzionali e commerciali, tentativo di intercettare nuovi possibili utenti locali e coraggio di dialogare con tutte le forme d’arte, ha più la connotazione della resistenza, in questo periodo. Non a caso per un’altra iniziativa appena partita, una campagna social sulle decorazioni delle volte del MANN, che poi sfocerà anche in pubblicazione, è stato trovato il beneaugurante titolo di

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E quindi uscimmo a riveder le stelle...

 

* TINA PANE (Napoli, 1962. Una laurea, un tesserino da pubblicista e un esodo incentivato da un lavoro per caso durato 30 anni. Ora libera: di camminare, fotografare, programmare viaggi anche brevissimi e vicini, scrivere di cose belle e di memorie)

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