L'Ucraina, la guerra e il mistero dei generali russi

di ANNA DI LELLIO* 

Ci si domanda da settimane perché l’esercito russo non si stia mostrando all’altezza della sua fama di superpotenza. Si è parlato di problemi di logistica, di morale, e di capacità tattiche. È recente un’informazione di fonte americana, che quindi deve essere verificata, che parla del fallimento del 60% dei missili cosiddetti di precisione. E poi ci sono i generali che muoiono come mosche, cinque fino ad ora dei venti impiegati nella guerra di aggressione contro l’Ucraina. Tra loro Oleg Mityaev, capo della 150esima divisione motorizzata che è una formazione nuova di zecca, fondata nel 2016, ucciso nei dintorni della città assediata di Mariupol. La BBC ha recentemente proposto una sommaria lista di annunci mortuari dei leader militari russi caduti sul campo di battaglia. Si pone immediatamente la domanda: sono stati uccisi per caso o perché gli ucraini hanno preso di mira proprio loro? 

La casualità può spiegare una o due morti, ma quando comincia a mancare un quinto dello stato maggiore sul campo bisogna forse pensare alla seconda ipotesi. Anche qui, si pongono dei dubbi. Per quanto l’esercito ucraino sia motivato e disciplinato, ma è davvero così efficiente da individuare i generali del nemico con tanta precisione? Si e no. Un po’ sono aiutati dai loro servizi, un po’ dall’ inettitudine russa. Infatti per riuscire a colpire alti ufficiali russi bisogna sapere dove sono. Se i russi usassero sistemi di comunicazioni criptati, i loro generali sarebbero più al riparo dal fuoco nemico. Invece usano canali di comunicazione aperti, tipo telefoni cellulari o radio analogiche, che rivelano la geolocalizzazione dei bersagli desiderati. Lo stato maggiore ucraino ha perfino pubblicato la registrazione di una telefonata tra due ufficiali della sicurezza russa che dopo la morte del generale Gerasimov si lamentavano appunto della porosità della loro comunicazione. 


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(Il generale Mitjaev)


Ma ancora non quadra tutto. Perché tutti questi generali sono sul campo di battaglia, così esposti al fuoco nemico? Analisti ucraini e occidentali sostengono che è perché l’esercito è tanto demoralizzato da richiedere la presenza dei comandanti sia come modello di azione che come intimidazione. Ma è proprio così? Senza essere un’esperta militare, e basandomi su ricordi un po' letterari e un po' storici, penso al generale principe Mikhail Kutuzov a Borodino nel 1812, di cui Tolstoj ci parla abbondantemente in Guerra e Pace. Quello era un principe anzianotto, obeso e noto come un pigro e un grande tombeur de femmes, ma gli mancava un occhio, perso combattendo contro i Turchi, e alla vigilia di Borodino dove sconfigge Napoleone è con le truppe a baciare l'icona della Madonna. I suoi soldati lo chiamano padre. Insomma, anche lui si spendeva al fronte, o almeno così ce lo tramanda la tradizione letteraria. Magari la storia è diversa.

Il mio preferito dei generali russi però è Georgy Zhukov, l’eroe di Stalingrado, il generale di Stalin noto come “colui che non ha mai perso una battaglia.” Della meravigliosa opera dello storico militare inglese Antony Beevor, "Stalingrado" (Rizzoli 2000), che ho letto vent’anni fa, ricordo poco, ma non posso dimenticare la storia di Zhukov che non solo è in prima linea con le sue truppe, ma durante la notte passa il Volga e va in ricognizione a osservare con i suoi occhi dove sono e cosa fanno i Tedeschi. Insomma, mi viene in mente che i generali russi sono sempre stati esposti al fuoco nemico, non dovevano aspettare l’invasione dell’Ucraina per inventarsi come uomini d’azione. 

Curiosamente, sia Kutuzov sia Zhukov avevano una connection con l’Ucraina. Il primo si formò alla scuola di un altro grande generale, Aleksander Suvorov, del quale fu aiutante per sei anni in Crimea. E il secondo, dopo aver vinto a Stalingrado e Berlino, nel 1946 fu retrocesso a comandante di un distretto militare di provincia, guarda caso, Odessa. Entrambi questi eroi delle truppe e del popolo russo nonché salvatori della patria furono puniti dai loro capi civili, lo zar Alessandro I e Stalin, per aver fatto troppo bene il loro lavoro. Zhukov venne recuperato più tardi dalla provincia ucraina. Dopo la geniale commedia nera di Iannucci, The Death of Stalin (Morto Stalin se ne fa un altro), non posso immaginarlo che nelle sembianza dell’attore Jason Isaacs, con tremila medaglie appuntate sul petto, e l'unico ad essere coraggioso nel circolo dei dirigenti comunisti, abituati da Stalin a temere anche la propria ombra. 



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(Il generale Shoigu)


Ma torniamo ad oggi. La CNN ha riferito che il generale Sergei Shoigu, ministro della difesa e anche amico di Putin, è scomparso per qualche giorno, e quando è  ricomparso in una video conferenza non ha spiccicato parola. Il suo schermo, troppo fisso, ha destato sospetti. A me ha ricordato la storia raccontatami da una mia amica. Durante il lockdown scoprì che il figlio, un allievo di seconda elementare, aveva creato una sua immagine fissa nella quale mostrava la più completa attenzione e l’aveva usata come schermo nelle lezioni a distanza. La maestra pensava che l’allievo fosse presente, invece lui giocava nella sua stanza.

Ovviamente non sappiamo dov’è veramente Shoigu, magari era presente alla video conferenza, congelato dalla paura, ma  mentre ce lo domandiamo mi viene in mente un’altra associazione. Dal 1991 al 2012  Shoigu fu il capo di un ministero dal nome altisonante, "Ministero per la Difesa Civile, le Situazioni di Emergenza, e l’Eliminazione delle Conseguenze dei Disastri Naturali", e dal 1994 fu anche membro del Consiglio Nazionale per la Sicurezza, messo lì da Yeltsin con il grado di general maggiore. È tutto da verificare, ma è possibile che nel 1999 fosse anche alla testa del tentativo dei Russi di prendersi un ruolo nell’intervento vittorioso della NATO contro la Serbia. Il 12 giugno 1999, proprio al termine di quella guerra, un contingente russo arrivò a Pristina, capitale del Kosovo,  prima delle forze NATO e per un giorno controllò il territorio del Kosovo. Non fu un giorno felice per gli Albanesi in Kosovo. Ricordo che il padrone di casa di quello che poi divenne il mio ristorante preferito, Pjata, fu ucciso il 12  giugno da gente armata che lo sapeva benestante e lo liquidò per razziare la sua proprietà sotto la protezione delle truppe russe.  Ma questo purtroppo è un dettaglio che pochi ricordano. 


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(Il generale Gerasimov)


Più importante fu l’occupazione russa dell’aeroporto di Slatina, poco fuori Pristina, dove si scontrarono il giorno dopo con le truppe NATO. Il comandante supremo della NATO, il generale americano Wesley Clark, voleva buttarli fuori a tutti i costi, ma invece di confrontarsi con i russi dovette confrontarsi con Michael Jackson, non il cantante ma il generale inglese comandante di KFOR, le truppe NATO in Kosovo. Jackson riteneva inutile una prova di forza, dato che i Russi erano completamente privi di contatti con i rinforzi aerei e mancavano di supporto logistico. Insomma, prima o poi se ne sarebbero andati da soli da un aeroporto per loro inutile. Rimase famoso lo scambio tra i due generali NATO. Jackson a Clark: “Non comincerò la Terza Guerra Mondiale per colpa tua.” Così i Russi restarono a Slatina e in Kosovo. Li ricordo bene perché, poco esperta di divise militari, non distinguevo un americano da un inglese da un francese, ecc. ma i Russi si, perché avevano le divise o troppo grandi o troppo piccole e gli stivali vecchi e sporchi.

Mentre non siamo sicuri di dove sia il generale Shoigu, sembra che gli Ucraini sappiano benissimo dove si trova per esempio il generale Alexander Chayko, comandante del Distrettto Militare Orientale. Basta prestare attenzione ai social media. Un canale di Telegram pro-russo ha rilasciato un filmato del generale che mette medaglie al petto di soldati russi nelle vicinanze di Kyiv, mentre invece lui dovrebbe essere in Bielorussia.


*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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