L'Italia, com'era 11) Firenze casa madre

di FRANCO DE FELICE*

(accompagnamento musicale di Silvia D'Augello e Alessandro Marini)


Firenze si affaccia sul Novecento già bella e fatta nelle sue linee essenziali, le stesse della città di oggi. Gran parte discende da quanto fu realizzato dal 1865 in poi per Firenze Capitale. Anche se è rimasta capitale del Regno il tempo di un batter d’occhio, dal 1865 al 1871, proprio per quei sei anni fu sottoposta a profonde operazioni di risanamento urbanistico e sociale che la caratterizzeranno negli anni a venire.

Se ci si fa caso, questo periodo di fatto coincide con l’inizio delle attività degli Alinari, la cui avventura partì ufficialmente nel 1852, quando Leopoldo, primo di tre fratelli, aprì un piccolo laboratorio per stampare e vendere fotografie su carta salata. Fu subito successo, accresciuto negli anni. Entrati nel frattempo a far parte dell’impresa gli altri due fratelli, Giuseppe, con mansioni di fotografo, e Romualdo con compiti amministrativi, nel periodo di Firenze Capitale la sala di posa Alinari divenne un luogo molto frequentata dall’élite cittadina, perché lì si eseguivano i ritratti dei più noti personaggi della società italiana e internazionale dell’epoca. La fotografia si era rivelata uno strumento molto efficace di comunicazione, per far conoscere il volto delle persone che stavano facendo la storia d’Italia.

Firenze e gli Alinari entrarono subito in simbiosi, in un binomio di straordinario valore storico, come se un destino comune avesse deciso che per scrivere e rappresentare le pagine di un periodo molto importante della storia della città e dell’Italia unita l’una, Firenze, non potesse fare a meno degli altri, gli Alinari.

Immaginando di volare sopra Firenze e guardare, nello stesso istante, con un occhio la città del 1900 e con l’altro quella del 2021, le due visioni di fatto coincidono. Piazza della Repubblica è la stessa, piazzale Michelangelo, piazza Beccaria, piazza della Libertà, i viali di circonvallazione idem. Sono piazze e strade accomunate da un particolare: sono state tutte realizzate prima che scoccasse il Novecento. Lo stesso per i due mercati cittadini più noti e frequentati ancora oggi. Il mercato di San Lorenzo è del 1874, quello di Sant’Ambrogio del 1873. O anche per la Sinagoga, la cui cupola verde rame - dopo quella del Brunelleschi - è l’altro punto celebre del panorama cittadino, realizzata nel 1882.

Anche se pare che Firenze abbia storicamente un conto in sospeso con la modernità, questo non ha comunque impedito alla città di dotarsi di nuove e più moderne strutture che non fossero solo i capolavori dei palazzi rinascimentali. Risale, per esempio, ai primi anni del Novecento il palazzo delle Poste Centrali, in via Pellicceria. È di questo periodo, il 1922, il cinema teatro Savoia, oggi Odeon, uno dei primi cinema-teatro d’Italia, probabilmente uno dei più belli nel panorama italiano, tra l’altro inserito all’interno di uno dei più importanti palazzi rinascimentali, il palazzo dello Strozzino, edificato nel 1457 su progetto di Filippo Brunelleschi. L’Odeon, altra sua caratteristica, conserva tutt’ora gli originali arredamenti in stile art decò.  

Altro storico edificio da annoverare in questo elenco del primo Novecento, la Biblioteca Nazionale Centrale, inaugurata nel 1935. È la biblioteca, a due passi dall’Arno, tra i simboli dell’alluvione del 4 novembre 1966 che allagò il centro cittadino fino a sommergere quasi un milione di libri, gran parte dei quali custoditi nel seminterrato.

Risale agli anni ’30 la realizzazione del complesso della nuova stazione di Santa Maria Novella che rivoluzionerà il sistema dei collegamenti ferroviari di Firenze, fino ad allora appoggiati quasi esclusivamente sulla stazione Leopolda, oggi destinata ad altri usi. La nuova stazione, disegnata dall’architetto Giovanni Michelucci, è un capolavoro del razionalismo. Nelle sue funzioni, anticiperà la stazione Termini di Roma.  

Un particolare che risalta subito all’occhio, in piazza Santa Maria Novella convivono e contrastano (o si integrano?) l’antico e il moderno: da una parte la stazione con la sua architettura “razionalista” che si sviluppa orizzontalmente, dall’altra le antiche forme gotiche della basilica domenicana, che invece hanno uno sviluppo verticale, quasi che l’abside e il campanile volessero ribadire che in quella piazza non c’è posto che per loro. Da qualche anno, tra basilica e stazione è comparso anche il tram. Si potrebbe affermare che moderno batte antico per 2-1, ma se ti fermi a riguardare la basilica non ci sarebbe partita! 


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(Porta Romana            Fratelli Alinari             1890 ca.)


Le linee essenziali lungo le quali oggi si sviluppa la città rimangono comunque quelle più direttamente collegate a Firenze Capitale. Il grande lavoro di cui si vedono i risultati anche oggi fu fatto per quell’occasione. Per diventare Capitale non era certamente sufficiente il titolo, anche se indiscusso, di culla del Rinascimento, ossia non toccare nulla e potersi limitare a sbandierare al Re, alla corte, ai ministri, agli ambasciatori il David, il Perseo, i mille capolavori degli Uffizi. Al Re, al parlamento, ai ministri, agli ambasciatori bisognava trovare una casa e i relativi servizi, come i collegamenti stradali. Ossia, serviva una nuova città.

Pochi palazzi e conventi rimasero tali e quali nelle funzioni. Innanzitutto, palazzo Pitti diventò la dimora di re Vittorio Emanuele II, anche se risulta che passasse più tempo nella tenuta di San Rossore, a Pisa, che a Palazzo. “Questa mattina – riporta la Gazzetta Ufficiale del 3 febbraio 1865 – alle ore 8, S. M. il Re è partito da Torino per Firenze, accompagnato da S.E. il Presidente del Consiglio dei Ministri, Generale Alfonso La Marmora”.

Con l’arrivo del Re a Firenze, inizia ufficialmente l’avventura di Firenze Capitale. La Camera dei deputati e il ministero degli Esteri saranno ospitati a Palazzo Vecchio, il presidente del Consiglio e il ministero degli Interni si stabiliranno a Palazzo Medici Riccardi, il ministero dei Lavori Pubblici nel convento di Santa Maria Novella, il ministero dell’Istruzione nel convento di San Firenze. Alla fine, diventarono nuovi cittadini di Firenze, che già contava 118 mila residenti, 30mila persone.

Firenze Capitale, forse perché tutti consapevoli che si trattava di una esperienza che sarebbe stata brevissima, non si distinse per grandi iniziative pubbliche. Un evento su tutti va comunque segnalato perché richiama le celebrazioni di quest’anno per i 700 anni della morte di Dante. Ebbene, forse la più rilevante manifestazione pubblica di importanza nazionale fu l’inaugurazione, nel 1865, in piazza Santa Croce, del monumento al sommo poeta nel seicentesimo anniversario della sua nascita alla presenza dello stesso re Vittorio Emanuele II. Inizialmente collocata al centro della Piazza, in seguito all’alluvione di Firenze del 1966 fu spostata in cima alla scalinata sul sagrato della basilica, dove si trova dal 1971. 


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(Il piazzale degli Uffizi e, sullo sfondo, Palazzo Vecchio e la cupola del Duomo        Fratelli  Alinari 1890 ca)


Pochi avvenimenti pubblici, ma, in compenso, molti lavori pubblici, durante e dopo. Il megaprogetto di risanamento porta la firma dell’architetto Giuseppe Poggi. La priorità assoluta fu ritenuta la viabilità. Ispirandosi ai boulevard parigini, furono abbattuti 4 chilometri delle antiche mura di cinta medievali e al loro posto sorsero i viali di circonvallazione, gli stessi di oggi. Poggi intervenne anche Oltrarno, con la realizzazione del viale dei Colli, i cui lavori furono portati a termine giusto in tempo per la fine di Firenze Capitale, nel 1871. Furono tracciati anche i lineamenti di massima del Piazzale Michelangelo, spettacolare belvedere della città, che fu ufficialmente inaugurato quattro anni dopo. 

I fiorentini quasi non si resero conto che la loro città avesse vissuto l’esperienza di Capitale. Ma alcuni segnali del cambiamento e dei benefici immediati di quegli anni erano evidenti. “Nel 1868 - riporta la “Breve storia della Toscana”, pubblicata nel 2008 dalla Regione Toscana - le prime guide registravano la presenza di 134 alberghi e locande, 215 ristoranti, 188 osterie, 178 caffè, 298 pizzicagnoli, 597 vinai e 254 fornai”. Finiti i sogni di grandezza non erano però finiti i contraccolpi. A Firenze senza più il Re e compagnia bella, grazie ai quali la città aveva vissuto un vero e proprio boom edilizio e immobiliare, il vento cambiò direzione. La disoccupazione si fece sentire pesantemente. Fu un tracollo, il municipio dichiarò fallimento. L’espansione della città si interruppe, ma non alcune operazioni. Come l’affare Mercato Vecchio. 

Chiunque si trovasse oggi a passare per piazza della Repubblica probabilmente poco sa e immagina della storia del luogo. Ma se volgesse lo sguardo verso l’alto, alla grande scritta sull’arcone della piazza, qualche interrogativo sorgerebbe spontaneo: “L’antico centro della città da secoli squallore a vita nuova restituita”. Che vorrà dire? Ma andiamo prima a conoscere le caratteristiche di questo luogo. Piazza della Repubblica è il salotto al centro della città, dalle dimensioni enormi, circondata da palazzi, alberghi, caffè e locali storici molto frequentati.

È la piazza dei caffè (ex) letterari, del Caffè Paszkowski, dichiarato monumento nazionale nel 1991, del Caffè Gilli, delle Giubbe Rosse, tre autentici “beni culturali”. I caffè frequentati da Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Gabriele D’Annunzio, Vasco Pratolini, un crocevia di arte e letteratura; alle Giubbe Rosse (oggi in ristrutturazione), Marinetti, Boccioni, Russolo, Palazzeschi e Carrà discutevano del futurismo, lì si ritrovavano Eugenio Montale, Umberto Saba, Carlo Bo e Mario Luzi negli anni Trenta,  Vittorini e Quasimodo nel secondo dopoguerra. Il vento della cultura e della letteratura soffiava forte in questa piazza. Quel vento non soffia più, rimangono i ricordi, ma sono ancora lì ad ospitare frotte di turisti e residenti.


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(La Cattedrale di Santa Maria del Fiore e il Campanile di Giotto                      Fratelli Alinari    1890 ca.)


Piazza della Repubblica è nata sull’onda alta degli interventi messi in atto per Firenze Capitale. Un altro risanamento, con ulteriori abbattimenti, al pari delle mura per il primo risanamento del 1865. Furono demolite torri medievali, chiese, palazzi, botteghe e abitazioni. Fu spazzato via il Mercato Vecchio. L’operazione, spiegata come necessaria per ragioni igienico-sanitarie, in realtà si rivelò una colossale speculazione edilizia. Il 20 settembre 1890, nella nuova piazza, l’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II. La statua, che a dirla tutta non piacque molto ai fiorentini, nel 1932 fu spostata nel piazzale delle Cascine, dove tuttora si trova.

Il secondo risanamento di Firenze fu anche segnato dai drammatici avvenimenti del 1898, dai moti del pane, dalle rivolte per il forte aumento del prezzo dei beni di prima necessità che coinvolse Firenze e tutta la Toscana, al pari di altre città italiane. Sono i giorni, per inquadrare storicamente il periodo, dei cannoni di Bava Beccaris a Milano. A Firenze la protesta di un gruppo di scalpellini rimasti senza lavoro si concluse con duri scontri nel centro della città, con un bilancio di tre morti e una ventina di feriti. Ma le proteste non si arrestarono. Per questo fu proclamato lo stato d’assedio subito esteso a tutta la Toscana. Furono sciolte le Camere del Lavoro e le associazioni di ispirazione socialista ed anarchica. Colpite duramente anche le associazioni cattoliche, soprattutto a Firenze e a Lucca. Lo stato d’assedio venne tolto nell’estate del 1988. 


Il 1900 era finalmente “autorizzato” a entrare. Intanto, riaprì la Camera del Lavoro. Di Firenze di quell’anno spartiacque dei due secoli si ricorda anche altro, a significare che la vita provava lentamente a riprendere in tutti i campi: il 10 giugno, in via Strozzi, apre il cinema Edison, una delle prime sale stabili della penisola; il 23 dicembre nasce la Fabbrica Toscana di Automobili, FTA, poi Florentia, sulla scia della Fiat fondata l’anno prima, ma costretta a chiudere nel 1910.


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(L'Hotel Savoy e il caffè "Pasticceria Luigi Gilli" nella sua antica collocazione              Giacomo Brogi       1900 ca.)


E a Firenze cent’anni fa esatti? L’Italia nel 1921 cominciava a tingersi di nero. È di quell’anno l’uccisione da parte di una squadraccia fascista di Spartaco Lavagnini. Oggi un viale di Firenze, quello dell’architetto Poggi, che collega la Fortezza da Basso a Piazza della Libertà, porta il nome del giornalista e sindacalista comunista ucciso nella sede fiorentina del sindacato ferrovieri.

Un altro evento del 1921, che segnò l’inizio di una caratteristica della Firenze di oggi, strade e negozi del centro occupati dalle grandi griffe: in via della Vigna Nuova 7 aprì il primo negozio di accessori da viaggio Gucci e fece subito colpo presso i viaggiatori inglesi e americani in visita a Firenze.

L’archivio Alinari di questo lungo periodo offre uno spaccato molto ricco. L’unico problema sarebbe cosa eventualmente scartare. Firenze e gli Alinari di fatto si sono alimentati dello stesso ossigeno, una miscela di palazzi, chiese, monumenti, piazze, di opere d’arte ma anche di vita di tutti i giorni, di gite fuori porta, di passeggiate lungo l’Arno, di ritratti di persone e famiglie, di lavori di costruzione di edifici pubblici. Un’ampia documentazione, a proposito, si trova, per esempio, sui lavori di costruzione della stazione di Santa Maria Novella. 


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(Piazza Vittorio Emanuele - oggi Piazza della Repubblica - durante il "risanamento"     Autore non identificato       1890-1895)


A Firenze nulla è accaduto che gli Alinari non abbiano fotografato e fatto conoscere al mondo. A tal punto che se dovessimo chiederci cosa di Firenze gli Alinari potrebbero immortalare che non abbiano già fatto da quando è iniziata la loro attività 169 anni fa e aggiungere agli oltre 5 milioni di fotografie, la risposta è abbastanza facile: pochissimo. 

Da aggiungere allo skyline fiorentino senz’altro il nuovo Parco della Musica e della Cultura, la nuova casa del Maggio Musicale fiorentino, un’imponente struttura polivalente, inaugurata definitivamente sette anni fa, il 1° maggio 2014, che comprende un teatro d’opera per 1800 spettatori, una sala concerti per 1000 persone e un anfiteatro all’aperto di 2200 posti. 

Qualche altro scatto insieme, perché no, a qualche video (l’edificio si presta, sembra essere stato costruito per questo e oggi gli Alinari sicuramente non si farebbero mancare questo tipo di riprese), lo merita il nuovo Palazzo di Giustizia di via Guidoni, nell’area ex Fiat, un edificio dalle dimensioni colossali, 240 metri di lunghezza e 146 di larghezza, dove spicca una torre di 72 metri, una delle più alte di Firenze.


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(Piazza del Duomo in occasione del tradizionale 'scoppio del carro', la domenica di Pasqua     Autore non identificato      1890 ca.) 


Oppure potrebbero dedicare le loro attenzioni alla ricomparsa della tramvia. Una nuova presenza che ha rivoluzionato e migliorato i collegamenti cittadini, come è stato nell’Ottocento per i viali di circonvallazione del Poggi.

È chiaro che Firenze più che a costruire ex novo deve dedicarsi prioritariamente, da sempre, a tutelare e a valorizzare quello che già c’è. Ma se questo ricco patrimonio storico, culturale ed artistico diventa mero strumento di rendita dal ritorno economico immediato, le cose torneranno sicuramente nell’immediato, ma non per sempre.

Con l’industria del turismo in crisi, Firenze, senza dover necessariamente costruire nuovi palazzi, nuovi ponti, nuove piazze, nuove infrastrutture, è costretta quasi a reinventarsi.

Nell’attesa che il mondo torni a portata di mano di tutti, cosciente del fatto che la riserva del turismo di massa nell’immediato sarà scarsa e che comunque quelle folle immense del recente passato saranno un ricordo, Firenze, come le altre città d’arte italiane, dovrà cambiare strategia.

Sicuramente non sarò il solo ad aver fatto le prime conoscenze di Firenze grazie alle foto degli Alinari. Erano i tempi delle medie e frequentavo la biblioteca comunale del mio paese, dove andavo per divorare tutto quanto riguardasse i viaggi.

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(Il monumento a Dante Alighieri e la facciata della Chiesa di Santa Croce    Edizioni Brogi     1890 ca.)


Più avanti negli anni a Firenze sono finito per lavoro. E uno dei primi libri che, appena arrivato, mi è capitato tra le mani fu una nuova raccolta di fotografie - guarda un po’ - degli Alinari, “Omaggio a Firenze”, che conservo gelosamente. Come rivivere le sensazioni di quarant’anni prima in biblioteca! Solo che stavolta Firenze era a portata di mano. Quell’”omaggio” è presto diventata una guida preziosa per visitare 40 luoghi di Firenze. Prima tappa, la foto è del 1890 circa, la scala della torre di Palazzo Vecchio con veduta della Cattedrale, poi Piazza della Signoria, la Loggia dei Lanzi, la Cattedrale e il Campanile di Giotto, piazza del Duomo, la Loggia del Mercato Nuovo, ma anche la Piazza del Mercato Vecchio del 1880 circa con le case, le botteghe, il ghetto, prima di essere demolita per far posto a piazza della Repubblica (la foto è del 1910 circa). Per finire, porta San Frediano, del 1890, Piazza di Porta Romana, Porta al Prato, Santa Maria Novella e Piazza dell’Unità d’Italia e, ultima delle 40 tavole, in una foto del 1936 la nuova stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. Quaranta testimonianze di una Firenze capitale mondiale del bello.

A proposito del quale, ricordo la prima conoscenza dal vivo di Firenze alla fine degli anni Settanta. Fu un viaggio con alcuni amici per seguire le operazioni del primo restauro dei bronzi di Riace che il pubblico poteva seguire e ancora per la successiva esposizione a fine restauro presso il Museo Archeologico, che farà registrare più di 400.000 visitatori. Furono i primi assaggi del turismo di massa di oggi. Almeno prima della pandemia.


*FRANCO DE FELICE (Del 1949, nativo sambenedettese e con la passione del mare. Studi classici, ingegnere meccanico mancato per colpa del giornalismo. Ho cominciato nel 1975 con l’Unità, da San Benedetto del Tronto ad Ancona, a Bologna a Roma. Ho lasciato l’Unità nel dicembre del 1988 per la Rai, ricominciando di fatto lo stesso percorso, da Ancona a Bologna, poi a Firenze, dove per dodici anni sono stato a capo della redazione toscana. La mia residenza è ancora in provincia di Firenze, ma il cuore è rimasto a San Benedetto del Tronto)
 


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