Le sorprese di Vivara, mezzaluna di Procida

di COSTANTINO D'ANTONIO*

Napoletano di origine, procidano di adozione, conobbi l’isola di Vivara 47 anni fa. Ero socio juniores di un'associazione protezionistica di Napoli presieduta dal professor Giorgio Punzo. Avevo quasi 14 anni e rimasi - ricordo ancora come fosse ieri - incantato quando, scendendo lungo la strada che portava e porta al ponte, vidi sulla sinistra la piccola insenatura di mare dalla quale si innalzava l'isola di Vivara. 

Rimasi senza fiato. Attraversai il ponte lentamente, godendomi quella sensazione di trovarmi in mezzo al mare ma al di sopra, come sospeso. La costruzione del ponte fu ultimata nel 1957, e collegò brutalmente l’isolotto a Procida. Prima di quell’anno i braccianti che coltivavano la vite, l’olivo ed altri prodotti orticoli erano accompagnati da una piccola imbarcazione ogni lunedì. Approdava nella punta settentrionale dell’isola, punta Capitello. Sbarcati, raggiungevano la parte alta e coltivata dell’isola e tornavano a Procida dopo sei giorni, il sabato, quando la barca tornava a prenderli. L’isola era coltivata per più della metà della sua superficie dopo che fu, più di un secolo prima, massacrata e denaturalizzata con l’impianto di un oliveto e un vigneto che riuscivano a produrre centomila litri di olio e 250 ettolitri di vino.

Case colonica e padronaleJPG

(Vivara, casa colonica e padronale)

Adesso l’intero vigneto è rinselvatichito, e le drupe offrono ristoro agli uccelli di passo. Fu nel 1833 che più della metà della primigenia macchia mediterranea, formata da lecci e querce, furono eliminate per lasciar posto a diverse migliaia di piante di olivo. Non era il primo deforestamento che subiva l'isolotto, già 3500 anni prima veniva utilizzata la legna degli alberi presenti sull'isola come combustibile per far sciogliere, all’interno dei crogioli, quei metalli che, fusi insieme, servivano per la produzione del bronzo. All’epoca, parliamo del periodo compreso tra il XVIII e il XVII secolo prima dell’era moderna, vivevano sull’isola popolazioni provenienti dalla Grecia e dalle sue isole, appartenenti alla civiltà ellenica pre-micenea; a Vivara sono stati trovati resti di antichi insediamenti nella parte più meridionale, punta Mezzogiorno, e in quella occidentale, punta d’Alaca. Gli scavi ancora continuano, curati dall’Università suor Orsola Benincasa di Napoli. La forma di mezza luna dell’isola è dovuta a ciò che rimane di un vecchio vulcano formatosi circa 70.000 anni fa; un vulcano sottomarino con altezza di meno di un centinaio di metri e una larghezza basale di circa 500 metri. Il nome dell’isola deriverebbe dal latino vivarium, per la presenza di vasca scavate nella roccia all'interno del cratere per l'allevamento di murene e aragoste, molto amate dai Romani.

La prima costruzione che si incontra salendo dal ponte è la “Casa del caporale”; il nome onora un caporale delle guardie di re Carlo III di Borbone che alla fine dei suoi giorni lavorativi, come ricompensa dei suoi servigi, chiese il consenso di costruire una casa all’ingresso dell’isola. All’epoca Vivara era una delle tenute del re e Carlo III era solito andarci a caccia di conigli,  fagiani e altra selvaggina immessa; inoltre amava mangiare le ostriche e in uno dei punti più alti dell’isola, poco prima della casa girevole, c’erano fino a una quarantina di anni fa un tavolo e delle panche in pietra lavica, che furono poi vandalizzate e distrutte.

Gabbiano corso 3JPG

(Gabbiano corso)

La prima parte del sentiero è formata da una scalinata costruita novanta anni fa dal medico proprietario dell’isola Scotto la Chianca. L’opera fu realizzata per accogliere degnamente la principessa Maria José, moglie del re Umberto II di Savoia, e pare che nell’occasione della visita il medico abbia provato a regalare l'isola alla regina che rifiutò, purtroppo o per fortuna.

Il sentiero di ascesa al punto più alto dell’isola, che supera di poco i 100 metri sul livello del mare, attraversa la macchia mediterranea formata da corbezzoli, erica, lentisco, mirto e fillirea. A poco più di un terzo del cammino c’è l’unica fonte d’acqua, proveniente dalla condotta dell’acquedotto che porta l'acqua all'isola d'Ischia: il ponte appena attraversato fu costruito per far passare la tubatura dell'acquedotto che portava l’acqua a Ischia: l’acqua arrivò nell’isola verde nell’estate del 1958. Sovrasta la fontanina la roverella più antica dell'isola, che fu risparmiata dalla deforestazione del 1833; la quercia ha una età stimabile di 250 anni, nacque quando a Napoli regnava Ferdinando IV di Borbone (ca. 1770).

L’isola di Vivara è proprietà privata e lo è dal 1868, quando il sacerdote Antonio Scotto di Perta la comprò dal Comune di Procida. I proprietari successivi furono i fratelli Scotto la Chianca fino al 1940, poi la Fondazione Albano Francescano e infine, da qualche anno, la famiglia Diana di Monte di Procida. Vivara dal 2002 è Riserva Naturale di Stato ed è amministrata da due organi di gestione: un comitato e una commissione nominati dal ministero dell'ambiente.

Charaxes jasiusJPG

(Charaxes jasius)

Era il 1974, come accennavo, quando andai per la prima volta a Vivara. Lo stesso anno in cui, con decreto della Regione Campania, l’isola divenne oasi di protezione, e si scongiurò così la  trasformazione in un villaggio turistico: un paio di anni prima l'ente proprietario stava accogliendo la proposta avanzata da un consorzio di imprenditori per prendere in affitto l’isola e trasformarla in una località con villette, impianti sportivi e anche una pista d'atterraggio per elicotteri. Superato  il pericolo che Vivara si trasformasse in una foresta di cemento, la Regione dette all'associazione protezionistica Centro Meridionale Pro Natura Vivente il mandato di tutelare l'isola; l’associazione era presieduta appunto dal professor Giorgio Punzo, al quale devo la possibilità che ebbi di approfondire le mie passioni naturalistiche di sempre, che affondano le radici nei miei avi di origini contadine.

La frequentazione della riserva cominciò, soprattutto, per un desiderio di conoscenza del mondo naturale. Dopo un paio di anni fu impiantato il centro di inanellamento che successivamente  venne ampliato dall’istituto di zoologia dell’università Federico II di Napoli. Il centro di inanellamento chiuse nel 1991 ma riprese nel 2010 grazie all’associazione LIPU, della quale sono delegato locale. La LIPU nacque 56 anni fa e tra i soci fondatori c’era anche il professore Punzo: all’epoca si chiamava Lega Nazionale per la Difesa e Conservazione degli Uccelli, il cui acronimo è LENACDU.

Orchidea cimicinaJPG

(Orchidea cimicina)

Vivara si trova su una delle rotte migratorie degli uccelli che in primavera fanno ritorno in Europa nei luoghi di nidificazione, e in autunno vanno in Africa; le specie stanziali sull'isola sono una quindicina, considerando le altre fenologie, tra migranti, svernati e nidificanti. Il numero va oltre le 150 specie. Due di queste, nidificanti sull’isola, sono degne di nota perché inserite nella lista rossa delle specie italiane, ovvero a rischio di estinzione: il Succiacapre, che nidifica almeno dal 2012, e il Gabbiano corso che fa il nido sulle coste sud-occidentali della riserva da sette anni, con una colonia di un centinaio di coppie, la più grande del golfo di Napoli. I mammiferi sull’isola sono una decina e di piccola taglia, come roditori e pipistrelli; il più grande è una specie aliena invasiva, il coniglio selvatico, introdotto per scopi venatori nel diciottesimo secolo. E' una specie dannosa, distruttrice della biodiversità della riserva; altre specie invasive presenti sono la zanzara tigre e tra i vegetali l'agave, per fortuna l’ailanto non riesce ad attecchire.

Da circa dieci anni oltre all’Osservatorio ornitologico sono ripresi anche altri studi condotti dalla Università Federico II che riguardano soprattutto il censimento degli organismi viventi, la cui duplice finalità è la conoscenza delle specie presenti sull'isola e la creazione di una base di dati utili per i divulgatori e gli  educatori ambientali. Tra le altre specie che vivono sull’isola, in maggior numero troviamo gli insetti; al momento sono state censite circa 400 specie, numero che rappresenta solo un quinto della reale presenza; tra i vegetali sono stati censite anche una decina  di specie di orchidee.

VivaraJPG

(Vivara)

Sulla parte più alta dell’isola c’è un gruppo di costruzioni con un nucleo più antico che risale al 1681. Non sono visitabili per motivi di sicurezza legati all’incuria di questi ultimi decenni: fino alla metà degli anni novanta dello scorso secolo erano vivibili, e all’interno c’era una grande biblioteca, acquari marini e una collezione delle specie di conchiglie del Mediterraneo. Andando oltre le case, verso meridione, si arriva al pianoro dove era impiantato il vigneto, ancora coltivato nei primi anni in cui frequentavo la riserva. La olivicoltura fu dismessa già alla fine degli anni '60, a causa sia della difficoltà di coltivazione sia per l'olio prodotto, che non era di buona qualità.

Alla fine del pianoro si può vedere un altro prezioso insediamento: la casa dell'architetto napoletano Lamont Young, che prese in affitto una parte dell'isola agli inizi del ventesimo secolo; la costruzione è chiamata casa girevole perché ha una pianta circolare e dalla sommità è possibile abbracciare con lo sguardo non solo la vicina Ischia e più distante Capri, la penisola sorrentina coi monti Lattari, il Vesuvio, i Campi Flegrei, ma anche, nelle giornate più serene e limpide d'inverno, i monti innevati dell’Appennino, il gruppo del Matese e più a nord le Mainarde.

La riserva si visita solo previa prenotazione - con la guida e il coordinamento del Comitato di gestione e dal Comune di Procida - e a numero limitato.

*COSTANTINO D'ANTONIO (Nato nel 1960, naturalista entomologo. Docente di scienze presso l’istituto statale superiore di secondo grado a Procida. Ha pubblicato lavori scientifici su libellule, uccelli e anche licheni e funghi. Amante del cielo stellato e dei misteri che avvolgono la nascita dell’universo. È delegato LIPU e da sempre contrario ad ogni forma di caccia, tranne quella fotografica)


clicca qui per mettere un like sulla nostra pagina Facebook
clicca qui per rilanciare i nostri racconti su Twitter
clicca qui per consultarci su Linkedin
clicca qui per guardarci su Instagram