Il dramma di Ivankiv, sotto occupazione russa: "Vanno casa per casa e portano via gli uomini"

di ANNA DI LELLIO*

Le truppe russe non hanno finora fatto progressi nella loro avanzata su Kyiv, questo weekend, e sono ferme a nordovest della capitale, bloccate dai problemi di rifornimento che le hanno afflitte sin dall’inizio della guerra e dalla forte resistenza ucraina. Ma proprio là dove si sono attestate, poco fuori da Kyiv, ci danno un’idea di cosa succede sotto la loro occupazione. Tramite una giovane accademica ucraina che da qualche giorno è scappata dalla capitale, entro in contatto con la sua amica Viktoria, anche lei in salvo a casa dello zio, profuga da uno dei primi centri urbani occupati dai russi: Ivankiv, una località di circa 10 mila abitanti a poco più di 100 km da Kyiv e 60 km da Chernobyl, a 30 km dall’area di esclusione. 

Ci parliamo via Whatsapp e il video mi manda l’immagine di una donna molto giovane, con l‘aria tesa ma composta. Viktoria ha 25 anni, e da una settimana non sa cosa è successo a sua madre, rimasta ad Ivankiv. “Le truppe russe hanno occupato il 2 marzo. Tutta la località è isolata, senza elettricità e ora anche senza cibo. Sono preoccupatissima per Ivankiv e pure per la stazione nucleare di Chernobyl, dove sono 17 giorni che gli addetti al funzionamento non hanno avuto cambio di turni. Per due volte la centrale ha perso elettricità e ogni volta che succede c’è il pericolo di perdite. Sono riusciti a correre ai ripari, ma la situazione è molto difficile.” 





Dall’ individuale al generale la preoccupazione è senza soluzione di continuità. Dopo la centrale mi parla di sua madre. “È rimasta perché non pensava che si arrivasse a questo punto. Il 24 febbraio l’ho sentita  e mi ha detto: 'Vai da tuo fratello e vedete cosa fare, io resto, non ti preoccupare per me, va tutto bene' ".

"Il giorno dopo, quando è scoppiata la guerra per davvero, la madre è andata in un paese vicino da alcune sue amiche e ci è rimasta una settimana. Poi anche lì è cominciata a mancare l’elettricità, e i viveri. Tornata a casa, si è data da fare a distribuire cibo e medicine che aveva nel negozio e nella farmacia di sua proprietà, premurandosi di mettere via l’alcool. Ha giustamente pensato che sarebbe stato pericoloso se fosse caduto nelle mani di qualsiasi parte del conflitto, dagli ucraini che da ubriachi avrebbe potuto fare sciocchezze ai russi che avrebbero potuto diventare più violenti ancora.”

Ma è proprio sola tua madre? E tuo padre? “Mio padre non è riuscito a tornare a casa dopo essere partito per andare a prendere  nonna in ospedale. Era appena uscita da un’operazione chirurgica e doveva essere portata a casa. Ma al ritorno ha trovato il ponte distrutto.” Il ponte sul fiume Teteriv è stato fatto saltare il 25 febbraio dagli ucraini per non far passare i russi che oltre Ivankiv potrebbero andare direttamente a Kviv, passando per Vyshogrod. La famiglia di Viktoria è rimasta divisa. 

Da Ivankiv oggi non è possibile fuggire, è completamente tagliata fuori da aiuti, rifornimenti, e vie d‘uscita. “I soldati russi vanno casa per casa a cercare gli uomini che stanno combattendo o hanno combattuto e li portano via. Stanno cercando il sindaco, una donna, che però si è nascosta. Pattuglie russe percorrono le strade, non permettono alle macchine di girare, ma anche andare a piedi è pericoloso perché si è diffusa la voce che abbiano minato le strade. Due persone sono state uccise perché stavano scappando. Nei primi giorni dei combattimenti i russi hanno distrutto il Museo che contiene i lavori di un’artista ucraina, Maria Primachenko, ma lì sono riusciti a salvare almeno una ventina di dipinti.”



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(Il museo di storia locale di Ivankiv, distrutto dagli occupanti)


Chissà quante volte Viktoria ha ripetuto a chiunque volesse ascoltarla la storia di Ivankiv sotto occupazione russa. La sua lista di danni e crimini è lunga. Peggio di tutto è l’incertezza. “Non abbiamo idea di cosa pensino. Non sembra che comunichino molto tra di loro. Forse pensano di aver vinto la guerra. E invece hanno occupato Ivankiv, ma l’esercito ucraino resiste bene altrove. Lo sanno?” Il timore di Viktoria  è che Ivankiv sia dimenticata. “È dimenticata perfino dagli ucraini perché lì non si combatte più e gli sforzi devono essere concentrati altrove.” 

Chi non ha dimenticato Ivankiv sono i russi. “Due giorni fa sono arrivati i media russi e hanno fatto un filmato in cui mostravano soldati che distribuivano cibo alla popolazione. Veramente erano tre persone sulla piazza principale che prendevano cibo dalle truppe. Sembravano molto stupidi, non avrebbero dovuto farlo.” Le suggerisco che molto probabilmente lo hanno fatto sotto minaccia. “Forse si, c’era anche una donna anziana… forse aveva bisogno di cibo perché è da sola e nessuno l’aiuta. Ma devono capire che non si può mangiare quello che danno loro i russi, chissà cosa ci hanno messo dentro. E poi è tutta roba rubata da negozi ucraini, si vede che sono prodotti ucraini.” 

Il reportage diceva che i russi erano andati a salvare gli ucraini, abbandonati a se stessi da uno stato fallito. Diceva che il sindaco era fuggito. Pura propaganda. “So bene quello che stanno facendo. Conosco la guerra dell’informazione. Lavoro nel settore digitale della televisione ucraina Novy Channel, e nella vita normale il mio lavoro è promuovere personaggi televisivi, celebrità. So come fare titoli che attirano l’attenzione, strillati, sensazionali, ma mi baso sempre su fatti reali.”


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(L'interno del museo di Ivankiv prima dell'incendio)


 Sembra che parli del passato, allora le chiedo cosa fa oggi. “Oggi continuo a lavorare, costantemente, in questa guerra di propaganda. Sul nostro sito pubblichiamo notizie utili ma ci prendiamo anche gioco del nemico, perché dobbiamo pur ridere. E poi produciamo video per l’estero, cerchiamo di far capire ad altri europei cosa vuol dire quel che sta succedendo a noi. Quindi abbiamo creato immagini che mostrano attacchi a capitali europee, e cosa vuole dire stare sotto le bombe.” 

Uno dei temi preferiti della propaganda ucraina è prendersi gioco delle sanzioni contro la Russia, del fatto che perfino McDonald’s ha chiuso in Russia. “Ci siamo inventati questo posto che fa hamburger e si chiama Uncle Ivan. Forse per voi non ha senso e non fa ridere, a noi si. C’è un famoso tiktokers russo che non può vivere  senza social media. Un’intervista prima della guerra andava più o meno così: Se non ci fosse tik tok che faresti? Passerei ad Instagram. E se non ci fosse Instagram? E così via fino a, e se non ci fossero più social media? Andrei a lavorare a McDonald’s. Ops!”

Viktoria non ha idea di come andrà finire questa guerra e sembra non la abbiano neanche le persone attorno a lei. “Qui si dice che a Putin hanno dato informazioni sbagliate perché hanno paura di lui. Lui pensava che conquistarci sarebbe stato più facile. Un leader forte sa quando sta perdendo e lascia perdere, ma noi non crediamo sia un uomo forte. E invece la cosa buffa è che siamo tutti meravigliati e orgogliosi di quanto si sia dimostrato forte Zelensky, anche quelli che non hanno votato per lui. Non avremmo mai immaginato che si sarebbe comportato cosi bene.”

La conversazione finisce con questo scatto di orgoglio. Propaganda anche questa? Forse. Ma cosa penserei io al suo posto? La saluto dicendole che mi dispiace molto della situazione nella quale si trova lei e tutto il suo paese. E lei, “Non ti dispiacere, siamo una nazione forte.”

 

 

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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