Il 25 aprile di Sergio Flamigni: "Forlì liberata, e quelle sventagliate di mitra"

di VITTORIO RAGONE*

“Dicevamo ai giovani: se volete, vi accompagniamo in montagna. Oppure venite con noi, qui in pianura. E combattiamo i tedeschi, i fascisti. Molti hanno seguito il nostro appello. Chi voleva andar su lo scortavamo, avevamo le nostre guide e conoscevamo la boscaglia.”


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L’intervista a Sergio Flamigni è l’ultima, in ordine di tempo, fra quelle del progetto “Noi, partigiani” dell’Anpi, organizzato e diretto da Gad Lerner e Laura Gnocchi. Sarà online sul sito a partire da lunedì 26 aprile. Siamo andati a fargli visita, l’operatore Gianluca Rame e io, due giorni fa, nella casetta di Oriolo Romano dove l'ex parlamentare del Pci - 96 anni - abita, nel fresco di un piccolo parco.



guarda: un estratto dell'intervista  a Sergio Flamigni



Flamigni non ha bisogno di presentazioni, per coloro che hanno a mente l’Italia fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, il Belpaese degli apparati deviati, del golpe Borghese, delle trame nere, delle stragi e poi del terrorismo rosso e del rapimento di Aldo Moro. Sostenuto da una passione giovanile per la raccolta e l’esame di documenti e testimonianze, allenato da oltre vent’anni di attività parlamentare nelle commissioni Antimafia, Moro appunto e infine P2, Flamigni conserva una memoria assai nitida e una straordinaria capacità di racconto.


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E’ stata perciò una intervista ricca di aneddoti e di particolari: il giovane "comandante Sergio", poco più che diciottenne, faceva lavoro politico clandestino, da comunista, nei Gap cosiddetti di pianura: quelli che furono protagonisti della stagione di resistenza nelle città fra la primavera del ’43,  il 25 luglio del Gran Consiglio, l’8 settembre dell’annuncio pubblico dell’armistizio e i ”duri inverni” del ’43-44.  Flamigni era commissario politico della 29ª brigata GAP "Gastone Sozzi". In Romagna furono numerosissimi gli episodi audaci, di sabotaggio e di guerriglia. Talvolta, azioni  da narrativa cinematografica: quando per esempio la Brigata liberò dal carcere cittadino alcuni detenuti politici, fingendosi una squadra fascista che portava in cella un nuovo prigioniero. Erano tutti partigiani - la squadra e il finto arrestato - e sfruttando la sorpresa riuscirono a disarmare i secondini e a liberare i compagni di battaglia. 

Di Forlì liberata, il 9 novembre di quello stesso anno, Flamigni racconta le prime ore di entusiasmo e l'arresto di una trentina di poliziotti "in attesa di chiarire alcuni fatti che erano accaduti" durante l'oppressione nazifascista.  Gli alleati non avevano accolto le offerte di sostegno militare recapitate da un giovane Luciano Lama - rievoca il Comandante Sergio - che portò loro una mappa redatta dai partigiani nella quale erano segnalate le postazioni tedesche intorno alla città. La mappa venne presa e utilizzata per i bombardamenti dei giorni successivi, ma Lama e i suoi compagni furono invitati a tornare alle loro posizioni. In pianura, però, partigiani e resistenti erano già pronti a reclamare Forlì. E Flamigni racconta la presa dei palazzi del potere, e quelle "sventagliate di mitra" in segno di giubilo che facevano levare in volo "migliaia di colombi". "La libertà - commenta l'anziano combattente - ha le ali".

Dell’intervista, per cortesia dell’Anpi e dello stesso Flamigni,  foglieviaggi pubblica i minuti finali: il racconto del 9 novembre 1944 e la conclusione “politica” che Flamigni fa scaturire dalle vicende della Resistenza: “Molte delle nostre discussioni restarono sogni”, dice:  ma la Costituzione italiana – conclude - è il solco dentro il quale il Paese può continuare a progredire.


*VITTORIO RAGONE (ha fondato www.foglieviaggi.cloud. Nato a Castellammare di Stabia nel 1955, ha lavorato prima all'Unità poi a Repubblica. Ama il trekking e l'opera, lo appassionano le nuove tecnologie e la fantascienza. Tifa Juve Stabia e Napoli, in sequenza)


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