Guida turistica al Purgatorio/terza parte 4) Entracte - La jettatura e l’albero. Due fiabe popolari  

di PAOLO BIROLINI* (disegno di Ciro Monacella)


C’è un albero. (Il mondo che conoscete è costellato da alberi. Da gente che si salva perché pianta alberi. Io ho storie di gente che gli alberi li secca solo col pensiero.) C’è un piccolo bar e la leggenda dell’albero seccato da uno sguardo e da un tocco della mano. Perché il Quartiere oltre ad essere luogo di nascita di artisti e poeti, di tossici e mutanti, ha dato vita anche a maghi bianchi e maghi neri. A guaritori e distruttori di destini.

Il Quartiere ha bisogno di essere guarito o maledetto, guarito e maledetto. Così agli inizi del secolo scorso esercitava mio nonno. Usava il potere delle acque per ripulire le donne dalle fascinazioni e gli uomini dai tradimenti, i bambini dalle paure e i vecchi dai dolori.

Così verso la fine del Novecento, tra via Stadera e via delle Puglie, c’erano due di questi stregoni che avevano la morte nel cuore. Non ne citiamo neanche le iniziali, non perché siano vivi, che non lo sappiamo se resistono, ma perché non vogliamo incorrere in vendette tarde né risvegliare, se mai sopite, le potenze dei loro strali.

Del primo avete fotografato il luogo magico nella prima giornata di questo viaggio. Lasciati inconsapevoli per la vostra salvezza, (ma potete provare a ritrovarlo, a vostro rischio). Il primo era giallo e unto e nero. Aveva scoperto i suoi poteri durante l’infanzia. Ne era diventato padrone con la prima giovinezza, aveva cominciato ad usarli contro i rivali in amore, ottenendone magre soddisfazioni: le vedove lo fuggivano comunque, spaventate. Poi cominciò, in età adulta, a giocare coi destini e le fortune degli altri. Molti provavano a tenerlo per amico, la maggior parte lo evitava, alcuni lo usavano come si usa un’arma. E divenne un mestiere, come tanti altri mestieri del Quartiere.

Fu consacrato quando tentarono di rialberare la strada delle Puglie, in onore ai platani tagliati in via Stadera. Ne misero a dimora decine e decine. Uno di questi davanti al piccolo bar il cui proprietario, in autunno, già immaginava di sistemarci un tavolino nella stagione successiva, per il ristoro dei pochi clienti. Fece l’errore di raccontarlo al Mago nero, e a me che ero presente e testimone. Il piccolo uomo giallo e nero e unto, si alzò, toccò una foglia e sentenziò: questo non prende. L’anno dopo quello fu l’unico, dei cento alberi piantati, a restarsene secco e derelitto, senza donare l’ombra ad alcuno.

Fu il suo trionfo. Non so che fine ha fatto, suppongo sia ancora vivo e ancora eserciti il suo mestiere. Il Quartiere ne ha bisogno. Gli alberi sulla strada sono morti tutti, non credo sia stata opera sua però.

Il secondo era un mago involontario. Non ne aveva coscienza e neanche le capacità morali. Faceva piccole maledizioni giocando a carte, costruiva effimere fortune sulle momentanee sfortune di chi gli stava vicino, donava piccole malattie o incidenti minori. Fino a quando un pomeriggio lentissimo d’estate, affacciati al balcone di una sezione di partito, lo mettemmo alla prova chiedendogli di scegliere un conoscente a cui augurare la morte. Lui ci pensò un po’ e divertito fece un nome. Quel nome passò su via Stadera due minuti dopo, sfrecciando sulla sua moto potente contromano e si schiantò, sotto il nostro naso, contro un furgone, restandoci secco. Ha passato il resto della vita ad espiare quel giorno. Credo sia diventato medico ma senza molto successo, ha cambiato quartiere e forse è ancora vivo.

C’era anche un mago bianco all’epoca, che liberava case infestate dagli spettri, che richiamava morti, che guariva le malattie d’amore. Ma non si è appassionato e ha cambiato quartiere. Magari ve ne parlo un’altra volta.


* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo fa il Dirigente d'azienda e mantiene quello furbo, che prova a fare il poeta) 

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