Guida turistica al Purgatorio / terza parte 1) La speranza non interessa a nessuno

di PAOLO BIROLINI*

La speranza non interessa a nessuno. La California di via Bonifica è rimasta solo nei racconti di padri col codino a figli seriosi: suonavo la batteria, cantavo, suonavo il basso e continuo a farlo.

Bisogna decidere che via prendere. Quella che sale al Cavone e porta alla sezione nuova del Partito, al bar di Vincenzo il pollastro, alle ragazze nuove e inusitate. Quella che attraversa il ponte e porta a Cerano, alla fabbrica delle ossa, al Montuori, alla coda della pista di Capodichino, a San Pietro a Patierno.

Come fate a decidervi tra le vergini suicide e le radure della camorra? Che ne sapete voi degli amori disordinati, delle fave del martedì di Pasquetta, degli spari? Però l’infanzia ci ha disturbato e l’adolescenza è risultata un fatto letterario, una specie di haiku. Torniamo indietro, rifacciamo la Cupa, rinunciamo a quel pezzo di storia non perché sia minore ma perché merita uno sguardo adeguato, un luogo a parte.

Voglio mostrarvi l’origine dei fiumi, gli acquitrini, finire dove tutto è cominciato. Così torniamo indietro, rifacciamo la Cupa che la speranza non interessa a nessuno. Rifacciamo la Cupa e ci fermiamo un attimo all’incrocio del mondo. Al principio di questo multiverso: a destra via Stadera, che qui termina il suo corso, a sinistra la via delle Puglie, di fronte le suore e dietro le suore, via Botteghelle

Via Botteghelle ha un inizio ma è infinita. Era la campagna prima che io conoscessi la campagna. Era gente indurita e nera e piccola, cattiva, ma era anche un piccolo rione di case popolari dimenticato da tutti. Era una ragazza scura e immensa e inavvicinabile, era un piccolo maschio rotondo che mi mostrava la pistola, era una macchina che mi piegò in un fianco, nel corso della fuga. Via Botteghelle ha inizio in un convento, in un cortile estivo, in un catechismo che puzzava di suore sudate e guano di galline.

Lasciamola stare via Botteghelle, svoltiamo a sinistra sulla via consolare, la via delle Puglie, la strada della trasformazione dove la Stadera si affaccia sul mondo, stacca con un salto ed una ipotesi, si rinnova alla vista ma nei suoi inizi rimane antica, con una drogheria di una volta, tutta confettini e dignità e signorine Felicita. Mia madre ci comprava le essenze e ci faceva i liquori dolci delle feste. A noi toccava succhiare l’ovatta che filtrava, toccava un’ubriacatura temporanea e felice, il dolce temporaneo della vita agra.

Era l’anno dei gatti. Mio padre mi fece assaggiare la grappa del nonno, come in un’iniziazione ai dieci anni appena compiuti. Risero, lui e i suoi amici, alle mie lacrime. Risero e io li odiai molto e li commiserai. Erano senza speranza. La speranza non interessava a nessuno, nemmeno in quella drogheria addormentata. Era il 1969, avevamo una macchina, un frigorifero, una televisione, una drogheria. Intendevamo percorrere quella via perigliosa, volevamo surriscaldare il motore sulla salita di Monteforte, volevamo mostrare la nostra attitudine alla grappa e alle lacrime.


* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo fa il Dirigente d'azienda e mantiene quello furbo, che prova a fare il poeta) 

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