Generazione Erasmus, fra Alicante e i lungomare di palme

di MAURIZIO SORRENTINO*

La vita scorre e i motivi per viaggiare sono sempre nuovi e a volte inaspettati.

«Pa' è uscito il bando per l'Erasmus. Pensavo di partecipare, ma sono indeciso. Tu cosa ne pensi?»

La stagione dei miei viaggi Erasmus cominciò così, con mio figlio Vittorio che chiedeva il mio parere sulla partecipazione ai test per la borsa di studio Erasmus.

Mi esibii in un convinto pistolotto sulla opportunità di trascorrere, alla sua età, qualche mese all'estero, un'esperienza di vita, prima ancora che di studio, che gli avrebbe lasciato la conoscenza di una lingua straniera e un'apertura mentale sicuramente diversa. Vittorio mi mostrò un ventaglio di opportunità che la facoltà di Agraria della Federico II offriva ai suoi studenti. Gianni, amico mio e agronomo professionista, consigliava Spagna o Francia, meglio la Spagna del sud, in cui la produzione agricola era in forte sviluppo perché su quella regione si era concentrata la domanda della Russia.

Una delle borse era offerta dall'università Miguel Hernandez di Elche. Cercando su Google mi resi conto che Elche, città a me sconosciuta fino ad allora, era a un tiro di schioppo da Santa Pola ed Alicante. Si accese la lampadina: Rosario, un collega e amico prima di mio padre e poi mio, non appena in pensione aveva venduto tutto e si era trasferito a Santa Pola, vicino ai figli che lavoravano in zona. Se la sede fosse davvero stata Elche, per le ansie paterne la vicinanza di un caro amico sarebbe stata un toccasana.

Insomma Vittorio si dà da fare: in due mesi prende la certificazione per l'indispensabile livello di spagnolo e supera il colloquio.

Appena avuta conferma blocco una settimana di ferie: mujer non troverebbe pace se non potesse vedere dove e come il ragazzo si è sistemato per la prima, prolungata e del tutto autonoma assenza da casa.

Avvertiamo Rosario, che non vedo da anni, del nostro soggiorno in zona e lui ci fa immediatamente cancellare il B&B che avevamo prenotato: casa sua è grande e c'è posto. Ci rimane male se non siamo suoi ospiti.

Finalmente partiamo in tre. A presidio della casa e dei gatti resta Betti, che ha i suoi impegni universitari.

Volo Roma Alicante. Rosario ci viene a prendere all'aeroporto e ci conduce alla sua villetta in una zona residenziale di Santa Pola.

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È un febbraio mite in questa zona. Dal giorno dopo, domenica, guidati da Rosario, cominciamo i nostri sopralluoghi. Vittorio ci informa che il campus delle facoltà scientifiche è a Orihuela, a circa trenta minuti di treno da Elche. Probabilmente dovrà prendere alloggio lì. Ci andiamo in macchina.

Parcheggiamo alla stazione per prendere informazioni sugli orari ferroviari e dell'autobus che porta al campus. Nello slargo campeggia la statua di Miguel Hernandez, che apprendiamo essere nativo di Orihuela. Davanti alla statua che raffigura l'uomo a cui è dedicata l'Università che sta per accogliere nostro figlio, svelo senza vergogna la mia ignoranza: «Rosa' ma cu è 'stu Miguel Hernandez?» chiedo tentando di imitare l'accento siciliano che il mio amico, nei tanti anni trascorsi lontano dalla sua Vittoria, non ha del tutto perso.

«So che è un poeta, autodidatta, un ex pastore, che ha combattuto contro i franchisti e ci ha rimesso la pelle».

Mi è subito diventato simpatico, Miguel: poeta, autodidatta e antifascista. Difficile che uno così sia stato una cattiva persona. Mi sembra un buon segno.

La cittadina sul fiume Segura è muy linda. Rispetto a Elche c'è poca gente per strada. Per il campus, un bel posto in mezzo ad agrumeti ancora carichi di spettacolari arance valenciane, con tanto di campi da tennis e calcio, ci sono dieci minuti di autobus.

Non c'è molto tempo se vogliamo dare una mano a Vittorio a cercare alloggio. Il lunedì siamo all'università di Elche. Restiamo abbastanza esterrefatti dinanzi all'efficiente organizzazione e alla struttura, bella, moderna e attrezzata. Vittorio assume le prime informazioni. Gli confermano che il suo campus è a Orihuela e che l'iscrizione si dovrà perfezionare lì. L'addetto all'accoglienza gli consiglia comunque di prendere alloggio a Elche, perché quasi tutti gli studenti Erasmus risiedono lì. È preferibile viaggiare per seguire i corsi e restare a Elche per le serate. Del resto anche il corso intensivo di spagnolo, a cui il ragazzo si è iscritto, si tiene a Elche.

Il giorno successivo torniamo ad Orihuela in macchina e in un lampo Vittorio ottiene il tesserino di iscrizione all'università e gli orari dei tre corsi che dovrà frequentare dall'indomani. Il ragazzodecide di prendere alloggio a Elche, e Rosario ci indirizza da Lola, la simpatica dipendente di un'agenzia immobiliare che cura certi affari del nostro amico.

Tra le soluzioni proposte da Lola scegliamo la stanza nell'appartamento di Rosita, una "chica" quarantenne della Guinea che subaffitta una bella stanza luminosa, vicina al supermercato e alla stazione.

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Grazie all'aiuto di Rosario abbiamo risolto tutto in tre giorni. Vittorio ha preso possesso della sua stanza e ha cominciato a seguire i sui corsi. A noi restano tre giorni per fare i turisti. E ci rendiamo subito conto che nostro figlio è cascato in un vero paradiso (e infatti a distanza di tre anni ancora gli luccicano gli occhi quando parla dell'Erasmus).

I miei soliti ricordi flash. Alicante, a venti minuti da Santa Pola, con lo splendido panorama del Castello di Santa Barbara e l'indimenticabile passeggiata lungomare che dà la sensazione di camminare sulle onde. Il "Palmeral" di Elche, il più grande d'Europa, patrimonio dell'UNESCO. Sempre ad Elche la bellissima spiaggia Las Arenales del Sol. La signorile Santa Pola. Le serate e le chiacchiere, mai banali, con Rosario e sua moglie Iris, in bilico tra passato e futuro, tra padri e figli. I racconti di vita di Rosario, in giro per l'Italia da Carabiniere prima e da impiegato poi. Le vecchie foto. I commenti positivi sulla qualità della vita in quell'angolo di Spagna.  Il momento di commozione vera e sentita che ha attanagliato tutti noi al ricordo dell'affetto dimostrato da Rosario in momento difficile della vita di mio padre e della mia famiglia. Le scaloppine di pollo di Iris. I peperoncini coltivati da Rosario nel suo bel giardino. I miei libri. L'illusione del gol di Insigne a Madrid, frustrata subito dai tre gol del Real. Gli enormi bavaglini indossati alla "Taberna del Puerto" a Santa Pola per mangiare la "caldereta", una squisita zuppa di aragosta. La faccia triste di Vittorio (destinata a durare poco in verità) la sera in cui lo salutammo perché il giorno dopo saremmo tornati in Italia.

Faccio leggere queste note a mujer: «Sarebbe bello tornarci! Rivedere Iris e Rosario, magari andare a Murcia!»

«Già» rispondo «in fondo non abbiamo fatto in tempo a vedere nemmeno l'isola di Tabarca».

Un altro sogno da mettere nel cassetto denominato "fine covid".


* MAURIZIO SORRENTINO (Piano di Sorrento, 1961; quando è sveglio è l'Area Manager Sud della Enifuel Retail; quando sogna si diverte a suonare la chitarra e a scrivere racconti e romanzi; quando vive viaggia)

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