"El Nando", l'uomo che insegnò a Coppi come si corre in pista

di GIORGIO OLDRINI*

La trattativa avvenne attorno ai cappelletti fatti con le sue mani da mia mamma Italia, una romagnola con la passione per la cucina. E, oltre a risolvere il problema di una riunione di ciclismo su pista al mitico Vigorelli, fu anche l’inizio di un sodalizio importante per vari campioni. Al tavolo della nostra modesta sala da pranzo mio padre Abramo Oldrini, sindaco comunista di Sesto San Giovanni, e due altri sestesi, il giornalista sportivo della Gazzetta Nino Oppio e Ferdinando Terruzzi, per tutti noi “el Nando”, uno dei pistard più vincenti del mondo. 

Prima di tutto Terruzzi apprezzò la cucina di mia mamma. "Per vincere una Sei giorni ci vuole uno stomaco da struzzo. Stai per una settimana dentro un velodromo chiuso, fumoso e mangiando qualsiasi schifezza. Se soffri di stomaco sei finito. Signora dovrebbe venire al mio seguito come cuoca”. Ma non erano lì per parlare della cucina della mia mamma. In quel 1951 il Vigorelli ospitava una delle poche riunioni ciclistiche su pista di alto livello in Italia. Gli organizzatori puntavano sulla presenza di Fausto Coppi e di Gino Bartali per attirare il pubblico, ma Nando e il suo abituale partner Severino Rigoni in una gara vera sull’anello del Vigorelli li avrebbero stracciati. Così gli organizzatori minacciavano di lasciare a casa i pistard. L’idea di trovare due ambasciatori venne a Terruzzi che era di Sesto San Giovanni e mio padre, il sindaco comunista e il giornalista Nino Oppio partirono in missione con una proposta che venne accettata. Una prima gara Teruzzi Rigoni contro Coppi Bartali e poi, se i pistard avessero vinto, una seconda Terruzzi Coppi contro Rigoni Bartali. Così fu, e nacque la coppia Nando Fausto che poi continuò e vinse alcune Sei giorni, tra cui quella di Parigi.

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(Ferdinando Terruzzi con il sindaco di Sesto S. Giovanni Abramo Oldrini - a sinistra - e Nino Oppio. Il bambino è Giorgio Oldrini)


Terruzzi aveva cominciato a correre prima della Seconda guerra mondiale. In verità amava il calcio, ma il padre Giovanni, un passato da artista di circo e poi costruttore di biciclette a Sesto San Giovanni, lo aveva minacciato: “Se non lasci il calcio e non scegli la bicicletta vai fuori di casa”. Ma la strada per lui era troppo in salita e presto passò alla pista. Con ottimi risultati, tanto che alle Olimpiadi di Londra del 1948 vinse la medaglia d’oro in tandem con Renato Perona. L’ultimo tentativo su strada lo fece alla Milano Sanremo del 1949, quando insieme a Leoni partì come un razzo per fare incetta dei traguardi volanti nei primi 50 chilometri e poi ritirarsi. 

Fu Rigoni a cercarlo. Doveva andare al Madison Square Garden di New York per la Sei giorni con Bevilacqua, campione italiano su strada, che all’ultimo momento decise di non partire per gli Usa. “Ci sarà da tirar fuori l’anima – gli promise – ma i quattrini non mancheranno”. Nacque così uno straordinario “ragazzo con la valigia”. La pista in Italia non offriva grandi possibilità e il Nando da allora ha girato il mondo in sella alla sua bicicletta. Per 7 anni è stato il campione mondiale delle Sei giorni, in carriera ne ha disputate 149, ne ha vinte 25, per 32 volte è arrivato secondo, per 19 terzo, per 12 quarto. E poi decine e decine di Americane, di Omnium. “Spesso all’estero ero il beniamino degli emigranti italiani. Quando i velodromi si riempivano di nostri connazionali entusiasti e commossi negli Stati Uniti, in Germania, in Australia mi sentivo ambasciatore del mio Paese”.

Virtuoso, acrobata, anche gigione, Nando vinceva e dava spettacolo, con il caschetto sulla ventitré, a volte sdraiato sulla bicicletta mentre scendeva a 70 all’ora dalla curva sopraelevata su un pneumatico di pochi centimetri, cercando di infilarsi tra due competitori a loro volta velocissimi. Altre volte col naso sul tubolare anteriore, fino a farselo sanguinare. Con Coppi aveva un rapporto di amore odio. Fausto riconobbe che Nando era stato il suo maestro in pista. Raccontò: “Le prime volte che mi trovavo nelle mischie mi venivano i brividi. Nando mi diceva ‘Fausto, se non ti decidi ad infilarti nei corridoi che ti apro fai doppia fatica. Ma io preferivo fare doppia fatica che rischiare di saltare per aria. La verità è che Nando potrebbe girare in bicicletta sull’orlo della vasca da bagno”. Ma i giornali scrivevano poi che “Coppi ha vinto la Sei giorni” e mettevano il nome del maestro in secondo piano. Al Campionissimo i cachet milionari, a Nando molto meno.  Terruzzi, che come tutti gli altri pistard dormiva per sei giorni in una branda in una sorta di loculo ricavato dentro il velodromo, si arrabbiava perché Fausto nel contratto di ingaggio pretendeva che lui potesse andare a dormire in hotel.

Per una volta però questa scelta portò male al Campionissimo. Nando raccontava che una notte al Vel d’Hiv parigino era andato a dormire nella sua solita stanzetta quando sentì aprirsi la porta e vide nella penombra entrare una bellissima donna. “E’ qui Fausto?” chiese la ragazza. “No, qui c’è il Nando” rispose lui e si accorse che era Gina Lollobrigida. Del resto raccontava che le ragazze, soprattutto a Copenhagen, lo riempivano di fiori e facevano la fila per uscire con lui. O per entrare nel suoi sgabuzzino con branda. “Sai, il fascino del pistard, coraggioso e vincente, un po’ clown e atleta”.

Quando finalmente nel 1961 anche Milano organizzò la sua prima Sei giorni, mio padre mi disse “stasera andiamo a trovare il Nando”. Il velodromo era una sorta di luogo della lotta di classe. Sulle tribune i proletari appassionati, pronti ad applaudire una discesa in picchiata o un inseguimento furioso. Ma anche implacabili a fischiare i cantanti che si esibivano nel centro del parterre, tra tavoli di un ristorante di lusso con champagne e belle donne. Fischiarono fino a farla piangere persino Mina, colpevole di avere riempito una pausa tra una americana, uno sprint, un omnium. 

In un momento di pausa, la neutralizzazione, andammo nello sgabuzzino dove Terruzzi riposava, mentre il massaggiatore Tarcisio Vergani gli rimetteva in sesto i muscoli con olio di canfora dall’odore penetrante. Mio padre conosceva bene anche Tarcisio, erano stati tutti e due operai alla Breda di Sesto. Poi Abramo era diventato sindaco della città, Vergani aveva cominciato a seguire il Nando per tutto il mondo e si era licenziato dalla fabbrica. Alla fine lo aveva tradito per le ballerine,  “questo qui adesso preferisce altre gambe” ironizzò Terruzzi. Ma quella sera era lì ancora alle prese con le gambe del Nando. Fu emozionante per me essere in quello stanzino, con mio padre, Nando, Tarcisio che parlavano di Sesto e di quella volta che con Oppio avevano dato il via alla coppia Terruzzi Coppi. “Che in una gara vera lui e Bartali e Magni me li sarei bevuti tutti” precisò ancora una volta il Nando.

Quando Nando ha compiuto 80 anni, nel 2004, nel palazzo municipale di Sesto San Giovanni gli abbiamo fatto una grande festa e abbiamo presentato il libro “Ferdinando Terruzzi, il re delle Sei Giorni, da Sesto San Giovanni per conquistare il mondo” di Giordano Cioli e Mirella Meloni. Come sindaco figlio del sindaco Abramo gli ho ricordato di quella ambasciata di tanti anni prima, decisa attorno ai cappelletti di mia mamma Italia.


*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)

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