Dodicesima tappa, Siena-Bagno di Romagna - Il racconto di Bartali jr: "Quel Giro sulle Dolomiti con nonno Gino"

di STEFANO ELMI* 

Difficile, mi correggo quasi impossibile, che un toscano dica bene di un altro toscano. Non è questione di cattiveria o rivalsa, è proprio che non può. Punto e basta. Non ammetterà mai che l’altro è migliore, pena la morte, quella civile.

Siena è la sintesi perfetta di questa Toscana. Ci si può scannare fra vicini di casa perché di un’altra contrada? Risposta: Sì, ovvio, certo che si può. Anche con una certa dose di cattiveria? Sì, anzi soprattutto con quella. Nemici, ma pur sempre amici? Sì, si può o quasi.

Ho un ricordo sbiadito, quando da ragazzino mi ritrovai a calpestare le pietre del centro storico di Siena, di questo signore che si aggirava accigliato ed evidentemente preoccupato su qualcosa che avrebbe dovuto succedere da lì a breve. Camminava trafelato mentre guardava nervosamente dove mettere i piedi. Aveva un fazzoletto al collo con dei colori sgargianti che non c'entravano niente con l’abito che portava.


italy-3602993_960_720jpg

(Siena    foto pixabay)

“Ma chi è quello?” feci a mio padre che mi portava in giro per qui vicoli medievali. “E’ un signore evidentemente preoccupato per l’esito del Palio” rispose lui. A me sembrava che il mondo stesse andando da un’altra parte, ma per quel signore, almeno in quel frangente, l’unico pensiero era se la sua contrada sarebbe riuscita ad aggiudicarsi l’imminente Palio. L’unica cosa degna di nota in tutto l’anno da queste parti. 

Una volta attraversate le colline del Chianti, Siena viene lasciata definitivamente alle spalle per giungere nella prima periferia di Firenze, fatta di paesini con le porte aperte sui ritmi turistici da città internazionale, mentre nei campi alle loro spalle c’è tutta la lentezza della campagna così come è sempre stata. 

Proprio in uno di questi piccoli paesini a cavallo fra i due ritmi ben definiti si trova Ponte a Ema, paese natale di Gino Bartali. C’è una targa posta sopra la porta d’entrata della casa e affianco un’edicola con la sua insegna bene in vista: l’Intramontabile. L'altro nome illustre della tappa sarà Alfredo Martini, indimenticabile Ct della nazionale, a Sesto Fiorentino.

  IMG-20210517-WA0015jpg

(Gino Bartali con il nipote Giacomo)


Il museo del ciclismo Gino Bartali a Ponte Ema è stato voluto da un caro amico di mio nonno Andrea Bresci, che oggi purtroppo non c’è più, ed è gestito da suo figlio Maurizio Bresci” mi dice Giacomo Bertagni, suo nipote. 

Una delle prime volte che ho incontrato Giacomo, ricordo che parlavamo vagamente di ciclismo ed alla fine il discorso cadde sui nostri nonni. All’epoca non sapevo minimamente chi fosse il suo. Così ben presto scoprimmo che avevano una passione in comune: il ciclismo per l’appunto. Che coincidenze pensai. Poi calò l’asso dalla manica ma senza intenzione di far male e disse il nome del suo, (che non avevo dedotto dal suo cognome in quanto sua madre è la figlia del campione) ed ovviamente vinse a mani basse. 

Una delle mie più grandi curiosità è stata sempre quella di chiedergli come è essere bambino ed avere qualcuno che ti insegna ad andare in bici che porta il nome di Gino Bartali.

 “Ma era come gli altri nonni, mi ha insegnato un po’ come si andava in bicicletta, come si tenevano i piedi sui pedali - Appoggia la punta non appoggiare la pianta - mi sistemava la bici, quando era rotta, cose così che sarebbe in grado di fare qualsiasi nonno.”

Io già mi immaginavo che insegnasse tecniche eroiche di allenamento oppure tattiche impossibili per vincere il giro dei vialetti del parco cittadino, o piuttosto di come si passa una borraccia in maniera decente al proprio compagno d’asilo, come lui stesso aveva fatto con Fausto Coppi.

florence-1936780_960_720jpg

(Firenze     foto pixabay)

“Quando ero piccolo non mi ha mai spinto ad intraprendere l’attività in maniera professionale. - I sacrifici che ho fatto, è stata una vita dura la mia - mi diceva sempre. Io in bici andavo solamente intorno a casa, o in paese, prima di prendere il motorino” 

Leggendo le cronache dell’epoca si ha l’idea che i toscanacci siano scontrosi e diffidenti di natura, molte volte pare quasi che il pubblico che incitava a bordo strada fosse solo una seccatura.

“Non è così, mio nonno ci teneva molto al pubblico ed all’effetto che poteva fare su di esso. Gli faceva molto piacere lasciare un bel ricordo. Per alcuni giri d’Italia (fine anni ’80 inizio ’90) quando ero più grandicello” prosegue Giacomo “Lo seguivo a bordo della sua auto specialmente sulle tappe dolomitiche. Precedevamo il gruppo e ci facevamo tutta la tappa su di una Golf bianca con gli adesivi Gino Bartali attaccati su. Io, mio nonno alla guida e mio padre. Era un’emozione unica quella folla di gente che sui passi quasi impediva il passaggio vederla aprirsi all’ultimo momento. Inoltre alla sera mio nonno dopo cena spendeva sempre una mezz’ora ad autografare le sue cartoline che poi dispensava in abbondanza dai finestrini dell’auto”

”Una volta a un villaggio di partenza di una tappa del Giro si arrabbiò moltissimo con un campione dell’epoca che negò l’autografo ad un ragazzino - Così non si fa! - iniziò ad urlare contro il campione che sembrava pensare solo alla tappa. - Se neghi l’autografo ad un bambino, tu gli neghi la possibilità stessa di sognare - fece. Ci teneva proprio molto all’esempio da lasciare”.


consumaJPG

(Al Passo della Consuma)

Lasciata Ponte a Ema s’imboccano i viali e si lambisce il centro di Firenze, campo di battaglia di innumerevoli tour-operator che oggi contano le perdite e ricuciono le ferite, qualche altra collina che neanche troppo dolce si fa Appennino, di quello più selvaggio e molto meno turistico. Passo della Consuma. Passo della Calla. Da un certo punto in su non ci passa più nessuno se non qualche matto solitario in bicicletta, in moto o i sempre presenti cacciatori di cinghiali. Appennino tosco-romagnolo dal basso profilo, ma dall’alta concentrazione di verde. Strade nervose dove pare non arrivare mai la fine e il senso di smarrimento si fa via via più intenso. C’è subito aria di mare una volta giunti dall’altra parte, ma è solo un’idea. I boschi circondano ancora tutto. Le terme di Bagno di Romagna, avamposto romagnolo in mezzo alle foreste, indicano che la strada per le luci della costiera adriatica si andrà facendo via via più dolce.

 

*STEFANO ELMI (Nato a Barga - Appennino Tosco-Emiliano -  il 4 Luglio del 1982. Ama scrivere e andare in bicicletta, fare trekking e sci-alpinismo. Il suo diario di bordo si chiama scritti maiali.com. Di recente, a seguito di un suo viaggio esplorativo in bicicletta fra Canada ed Alaska, ha scoperto che “In Alaska fa caldo”e ne è nato un libro edito da Ediciclo)


clicca qui per mettere un like sulla nostra pagina Facebook
clicca qui per rilanciare i nostri racconti su Twitter
clicca qui per consultarci su Linkedin
clicca qui per guardarci su Instagram

e.... clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter