Cervino, il mio scoglio sulle Alpi

di ROBERTO ORLANDO* 

La prima volta che la vidi avevo otto o nove anni. Era la prima montagna che mi si parasse davanti ed era appuntita proprio come l'avevo immaginata. Non che fosse venuta a me, però;  diversamente dal Maometto del proverbio non è che ci fossi andato per un mio personale compromesso con la ragione, ma perchè i miei zii mi ci avevano portato.

Ora, tu sai quanto genio letterario sia stato dispiegato per celebrare le emozioni di un bambino di pianura - o peggio di montagna - venuto a trovarsi per la prima volta al cospetto del mare: sgomento, stupore, annichilimento di fronte a quella distesa d'acqua "che si muove anche di notte" dalla punta dei piedi fino all'orizzonte, fino a mischiarsi col cielo e poi ah, allora il mondo è davvero rotondo, eh, sì però tutta quest'acqua come fa a non volare se la Terra gira su se stessa? Per converso, in letteratura quasi mai (ma le eccezioni sono encomiabili) viene descritto lo stato d'animo del bambino di mare che per la prima volta vede davanti a sé una montagna. Nel mio caso fu la montagna per eccellenza, anche sul piano iconografico: poteva essere il Monviso oppure il Cervino. A me toccò la busta numero due e da buon bambino di mare considerai che il Cervino in fondo sembrava un scoglio, uno scoglio nel golfo delle Alpi.

_1007699JPG(foto di Roberto Orlando)

La visione, oltre a lasciare un ricordo come vedi molto ben radicato, portò con sé un piccolo strascico per la mia salute. A quel tempo anche d'estate a certe quote, diciamo poco sopra i duemila metri, resistevano ancora i nevai. Io a nove anni avevo visto la neve due o tre volte al massimo e ti puoi immaginare la sorpresa, dopo una discreta scarpinata in salita tra rocce aride e sentieri polverosi, nel vedere in un piccolo avvallamento una distesa bianca e scintillante al sole. Ero accaldato e mi sembrò una buona idea afferrare due manciate di neve e spalmarmele sulla fronte e sul viso. La sera mi prese un raffreddore tremendo e da allora per molti anni ad ogni cambio di stagione sono stato costretto a sopportare una tenace e dolorosa sinusite che ora, in tempo di Covid, definiremmo bilaterale.

E fu così che per una decina d'anni non frequentai più ambienti alpini. Fino al liceo, quando con i compagni di scuola andai a Lurisia (che per me all'epoca era solo il nome di un'acqua minerale): quella volta rischiai di precipitare in un dirupo a causa della mia assoluta mancanza di dimestichezza con gli sci. Ma in gita c'erano troppe ragazze graziose e non potevo sottrarmi alla prova in pista: Fantozzi non l'avrebbe fatto.

Però quel giorno aprii una seconda parentesi entro la quale poter iscrivere un secondo lungo periodo di assenza dai pendii innevati. Il ritorno avvenne per motivi professionali, e di nuovo a Cervinia. Erano i ruggenti Ottanta e già da qualche anno strimpellavo sui tasti di una macchina per scrivere nella redazione del Lavoro di Genova. La Regione, governata da un litigioso ma generoso pentapartito, aveva deciso di aprire una scuola di sci in Liguria perché a quel tempo nevicava con una certa regolarità anche sul nostro Appennino e perciò erano sorti anche un paio di villaggi vacanza con tanto di appartamenti bi-loculari in multiproprietà. Tuttavia per aprire una scuola di sci bisognava avere i maestri e i maestri dovevano guadagnarsi sul campo l'abilitazione. _1007655-minJPG (foto di Roberto Orlando)  

I nostri aspiranti bagnini delle nevi dovevano fare i conti, essendo estate, con le insidie delle piste del Plateau Rosa, il ghiacciaio attrezzato per lo sci estivo sul Cervino, a quasi 3.500 metri di quota. Fu praticamente un disastro: le piste da fondo non erano battute e dovevano pertanto essere tracciate dalle falcate dei candidati, faceva parte della prova; la pista da discesa invece era molto tecnica e quindi alla fine i promossi furono pochi. Ma la spedizione fu divertente: la delegazione era guidata dall'assessore al turismo della Regione Gustavo Gamalero, avvocato charmant e istrionico, liberale, scomparso di recente, che sfoggiava un'abbronzatura invidiabile in tutte le stagioni. E poi nel gruppo dei candidati c'erano atleti attempati con un forte accento ligure, di per sé poco credibile su una "nera", e alcune ragazze che sembravano lì per caso, rimaste fino all'ultimo in bilico tra la tuta rossa da maestro di sci per il test e l'abito nero, lungo e scollacciato per la serata di gala al casinò di Saint Vincent. 

Cervinia all'epoca era una delle mete più ambite delle vacanze invernali: se la giocava con Cortina d'Ampezzo, Courmayeur, Saint Moritz e sembrava davvero che il futuro dello sci si stesse giocando tutto lì: grandi alberghi di architettura alpina d'avanguardia, impianti sciistici modernissimi, pareti ambite dai migliori alpinisti, paesaggi mozzafiato in tutte le stagioni.
Però Cervinia secondo me ha sempre un che di irrisolto a partire proprio dal nome: Cervinia, come impose il regime fascista, oppure Breuil (la pronuncia corretta mi sfugge, nonostante l'aiuto di Google, ma prova anche tu) come vorrebbe l'origine francese del borgo alpino? E poi pensa: Cervinia o Breuil che dir si voglia non è nemmeno un comune, è una località che fa capo al municipio di Valtournenche._1007708-2-minJPG (foto di Roberto Orlando)

Eppure quello scoglio, dall'alto dei suoi 4.478 metri di altitudine, ha un suo fascino assoluto e una storia insospettabile, sempre a partire dal nome: Cervino deriva dal francese Cervin che a sua volta è la storpiatura transalpina, passando per la lingua occitana, del latino Mons Silvanus, cioè montagna boscosa. Insomma, quello che a me ancora oggi sembra uno scoglio era ricoperto, fino a una certa quota, da una foresta. E invece quest'anno che ci sono tornato per diporto non ho trovato nemmeno più i nevai. La foresta figurati: quella è scomparsa già da secoli. Però credimi, i cervi col Cervino non c'entrano proprio niente: l'etimo ha origini vegetali, silvestri, non animali.
Nel '36 Mussolini, infine, che non voleva sentir parlare altri idiomi sul suolo patrio tagliò la testa al toro (non al cervo... seguimi) e decise che anche il borgo di 700 anime ai piedi del monte potesse rinunciare al nome francese di Breuil per diventare, piacesse o no, Cervinia, come in Sardegna c'erano Carbonia e Fertilia e nel Lazio Littoria, poi diventata Latina.

L'interesse del regime per Cervinia era in gran parte dovuto all'intraprendenza di un gruppo di imprenditori piemontesi che nel 1934 aveva scelto Breuil per realizzare una rete di impianti di risalita decisamente all'avanguardia, sia per soluzioni tecniche sia per portata media. E poi il Cervino già da anni era un centro turistico rinomato ma soprattutto terreno di sfida per molti alpinisti, sull'onda dell'epopea della prima ascensione in vetta, appannaggio peraltro di una cordata straniera._1007788-minJPG (foto di Roberto Orlando)

Anche questa è una storia particolare e se fossimo come d'inverno intorno al caminetto di una baita potrei restare sveglio una notte per raccontartela nei dettagli. Ma siamo ancora in estate e quindi te la faccio breve, rinunciando agli effetti speciali della narrativa orale. Dunque andò così: due alpinisti, l'inglese Edward Whymper e l'italiano Jean-Antoine Carrel nella seconda metà del XIX secolo tentano più volte di scalare il Cervino organizzando una serie di cordate. Il 14 luglio 1865 l'inglese conquista la vetta partendo da Zermatt con una squadra di alpinisti connazionali reclutati quasi per caso in loco. Perché a dire il vero Whymper sarebbe dovuto salire proprio con Carrel, il quale però aveva passato la mano raccontando al collega inglese una clamorosa frottola. In realtà Carrel stava organizzando un'altra spedizione tutta italiana voluta dal Cai e sostenuta nientemeno che dall'ex ministro delle finanze del regno d'Italia Quintino Sella, pure lui appassionato alpinista. Infatti Carrel lo stesso giorno va all'attacco del Cervino salendo dal versante italiano. Solo che in vetta arrivano prima gli inglesi che vedono la cordata rivale avvicinarsi su per il versante italiano e addirittura la salutano. 

Carrel, battuto, decide di abbandonare, nonostante si trovasse a poche centinaia di metri dal traguardo. Riproverà due giorni dopo e il 17 luglio riuscirà pure lui nell'impresa. Ma per nessuno fu il caso di festeggiare il successo. Durante la discesa a valle degli inglesi uno degli alpinisti era scivolato trascinando con sè nel baratro altri tre compagni. All'epoca la vita e la morte non scorrevano in diretta sui social network e quindi Carrel era partito comunque per il suo nuovo tentativo: non sapeva dell'incidente. La tragedia della spedizione britannica fu la prima della storia in una grande impresa alpinistica e ebbe così tanta eco che persino Gustave Dorè, il più famoso illustratore della Divina Commedia, dedicò una delle sue caratteristiche tavole all'incidente sul Cervino. _1007748-minJPG (foto di Roberto Orlando)

Io sono tornato lassù pochi giorni fa (non proprio lassù, non esageriamo) e ho scoperto molti indizi a sostegno della mia tesi formulata da bambino. Intanto il Cervino è una montagna isolata: non ci sono altre vette nel raggio di quasi 14 km. E poi per salire fino al ghiacciaio del Plateau Rosa ho preso una funivia le cui cabine sono state costruite dalla ditta Lovisolo di Finale Ligure (mica di Aosta, per dire).  Infine, per tornare a casa abbiamo imboccato un sentiero molto scosceso e tutto in discesa. Insomma, proprio come nella mia Genova se vai in discesa prima o poi ti ritrovi al mare. Eh va bene, in questo caso dopo oltre due ore e mezza ci siamo ritrovati a Cervinia, a quota 2.025, non proprio in riva al mare, però il senso è quello e per me il Cervino resta uno scoglio anche nell'età della ragione.

Per la cronaca invece, più o meno nel tempo che io, con vigoroso gesto atletico, ho impiegato per scendere a valle dalla stazione intermedia della funivia, il detentore del primato di scalata veloce è salito fino in cima al Cervino ed è tornato al punto di partenza nella piazza della chiesa del borgo. Questo fenomeno si chiama Kilian Jornet i Burgada: se vuoi batterlo devi andare su e giù in meno di 2 ore, 52 minuti e 2 secondi. Sappi però che il parcheggio per l'auto quest'anno è gratis a Cervinia, quindi eventualmente puoi anche prendertela più comoda.


*ROBERTO ORLANDO (Nato a Genova in agosto, giornalista professionista dal 1983. Ultimo capocronista del Lavoro. Dopo uno scombinato tour postrisorgimentale che lo conduce in molte redazioni di Repubblica è rientrato tra i moli della Lanterna. Viaggia, fotografa e scrive. Meno di quanto vorrebbe)

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