Apuane in mountain bike, fra i passi e il bianco delle Cave

di PIETRO ICHINO*

(l'autore è titolare di un blog escursionistico sulle Apuane, Il Gitario) 

Partiamo dal Forte dei Marmi, dove faremo ritorno al termine della gita.

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(Il Fortino    foto di Pietro Ichino)

Imbocchiamo la via che costeggia il fortino, perpendicolare alla costa: è quella lungo la quale fino all'inizio del secolo scorso dalle cave del Monte Altissimo scendevano fino al pontile di imbarco i blocchi di marmo sui carri trainati dai buoi, e che oggi si chiama via Provinciale. Percorsi poco più di tre chilometri arriviamo al semaforo di Querceta, dove attraversiamo l'Aurelia e - mediante un sottopassaggio ciclabile - la ferrovia, per proseguire (per altri quattro chilometri) verso Seravezza.

Attraversato il centro di questo comune versiliese, passiamo tra il bel Palazzo Mediceo  e le sue scuderie, incominciando a salire verso Ruosina (4 km). Passata Ruosina, dopo un chilometro si arriva a un bivio: se si prende a destra si va a Ponte Stazzemese, con possibilità di salita a sinistra alla conca di Cardoso (m. 250 s.l.m.), Volegno e Pruno (m. 475), a destra a Stazzema (m. 400), Pomezzana e Farnocchia (m. 685); noi, invece, al bivio dopo Ruosina prendiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Castelnuovo Garfagnana e Arni.

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(Il Palazzo mediceo di Serravezza     foto di Pietro Ichino)

La strada sale con una pendenza dolce e costante, in gran parte in mezzo ai boschi di castagno e quindi all'ombra, lambendo i paesini di Retignano, Levigliani e Terrinca (quest'ultimo è l'abitato più antico di questa parte dell'alta Versilia, a quota 450 metri s.l.m.) un tempo abitati prevalentemente da cavatori delle cave dell'Altissimo. Dopo Terrinca una strada sulla destra porta a Passo Croce (m. 1000), da dove si diparte una sterrata assai bella, che porta quasi alla vetta del monte Corchia (m. 1650). Noi invece proseguiamo sulla strada provinciale, che, offrendo panorami sempre più ampi sul monte Altissimo e sulla costa, sempre con pendenza dolce porta piacevolmente all'imbocco del tunnel del Passo del Cipollaio (m. 800).

A questo punto, una prima opzione - adatta a chi è su bici da strada - è quella di attraversare il tunnel, scendendo alla località Tre Fiumi (m. 700 circa), per poi risalire da lì al paesino di Arni (m. 900) e proseguire verso il Passo del Vestito (m. 1000), tutto su strada asfaltata. Noi invece prendiamo sulla sinistra una stradella ripida, inizialmente su fondo di asfalto martoriato qua e là da buche e frane, che sale per due chilometri fino a una barriera, aperta solo negli orari di lavoro delle cave soprastanti (ma in bici si passa comunque). 

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(Galleria dei cavatori   foto di Pietro Ichino)

Qui sulla destra parte un sentiero che sale a Passo Croce; noi invece proseguiamo per la strada marmifera, che sale - ora meno ripidamente - dentro un bosco fitto portando dopo meno di un chilometro a un bivio: a sinistra si sale alla stupenda Cava di Cervaiole (m. 1050 s.l.m.), cui va imputato il grave demerito di essersi "mangiata" quasi interamente quello che un tempo era il Pizzo di Falcovaia, ma che resta uno dei punti panoramici pià belli sull'intera costa della Versilia e ben oltre, fino all'Elba a sinistra e Porto Venere e l'Appennino Ligure a destra (nelle giornate limpide da qui si vede distintamente il "dito" della Corsica). Per il Passo del Vestito, invece, al bivio si prende a destra. La marmifera sale, con fondo a tratti sconnesso, a tratti intagliato direttamente sul marmo bianco, verso il crinale che divide il versante versiliese dal versante nord del Monte Altissimo, valicandolo attraverso una antica galleria scavata dai cavatori. Quindi prosegue con pendenza molto dolce per un chilometro, sempre in mezzo ai castagni fino alla Cava del Fondone, che costituisce il punto più alto raggiunto in questa gita (m. 1250).

Questa Cava ha devastato l'intera parte alta della parete nord del Monte Altissimo, distruggendo il sentiero che da dove ora è il suo piazzale saliva al Passo del Vaso Tondo e da lì alla vetta per la cresta est. Un altro disastro naturalistico, nel cuore del cosiddetto Parco delle Apuane. Gli escursionisti che frequentano abitualmente queste montagne ormai ci hanno fatto - come si suol dire - il callo e considerano le cave come parte dell'ambiente naturale; ma appare folle che le autorità di governo della Toscana non si interroghino.

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(La Cava del Fondone    foto di Pietro Ichino)

Visitata la Cava, con il suo piazzale ingombro di grandi parallelepipedi di marmo bianchissimo, si torna indietro di qualche decina di metri per imboccare il ramo della marmifera che scende verso la Cava del Piastrone. Da qui in poi la strada - tutta agevolmente ciclabile, con qualche saliscendi -  corre fuori del bosco, presentando alcuni bellissimi tratti aerei con vista sulle Apuane meridionali e la valle di Arni. Passato il punto da cui si diparte sulla sinistra il sentiero 33 che porta al Passo degli Uncini e da lì alla vetta dell'Altissimo per la cresta ovest, la sterrata arriva a una cava dismessa molto antica e altamente suggestiva per le sue alte pareti verticali di marmo annerito dal tempo; e passa sopra un bellissimo ponte altrettanto antico, per poi superare una barriera e scendere con una grande curva all'imbocco orientale del tunnel del Passo del Vestito (m. 1000).

Qui, prima di attraversare la galleria, si può scendere di pochi metri verso Arni per dissetarsi e rifocillarsi al rifugio-ristorante Le Gobbie.

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(Verso Cava del Piastrone     foto di Pietro Ichino) 

Il tunnel del Vestito come quello del Cipollaio, è lungo circa un chilometro; ma a differenza di quello, non è illuminato. E quando ci si trova nella sua parte intermedia il buio è totale e spaventoso. Se non si è dotati di luci adeguate, conviene attendere all'imbocco la prima automobile che passa e chiedere a chi la guida la gentilezza di venirci dietro facendo luce e proteggendoci dagli altri autoveicoli che potrebbero sopraggiungere: in mezzo secolo di attraversamenti estivi di queste gallerie non mi è mai accaduto che a questa richiesta un autista abbia opposto un rifiuto.

Si sbuca così sul versante massese del valico, in una zona fascinosissima chiamata Pian della Fioba, con bella vista sulle Apuane settentrionali e sulle cave che sovrastano Massa e Carrara. Dopo tre chilometri si incontra una cappellina (con fontana) dedicata ai caduti della guerra partigiana, dove ha inizio un secondo sentiero che conduce alla cresta ovest dell'Altissimo e al Passo degli Uncini. Segue una discesa in picchiata verso i paesi di Antona e Altagnana, con attraversamento di piccole gallerie e una serie di tornanti con vedute vertiginose sul mare.

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(La discesa verso Antona   foto di Pietro Ichino)

Si arriva così a San Carlo Terme e poi a Massa. A chi deve tornare al Forte dei Marmi conviene seguire le indicazioni per la stazione ferroviaria, proseguire per poche centinaia di metri fino a una rotonda, passare sotto la ferrovia e proseguire su viale della Repubblica per un chilometro fino al primo semaforo; qui prendere a sinistra su via Romana e seguirla per tre chilometri fino a dove, svoltando a destra, si imbocca via Poveromo. Questa passa sopra l'autostrada e dopo altri tre chilometri raggiunge il lungomare. Se si prosegue verso sinistra si passa il fiume Cinquale, e da lì dopo altri quattro chilometri si arriva al pontile del Forte.

 

*PIETRO ICHINO (1949, amante non corrisposto degli scacchi, modesto giuslavorista e discusso politico italiano, è invece universalmente riconosciuto come conoscitore dei sentieri della Valdigne e delle Alpi Apuane, che percorre instancabilmente da oltre mezzo secolo a piedi, in bici, o a piedi con bici appresso, dandone conto puntualmente nel suo Gitario)


IL GIRO DEL CIPOLLAIO E DEL VESTITO, PASSANDO PER LA CAVA DEL FONDONE 

-Dislivello complessivo: circa m 1350 -Partenza dal livello del mare

Altezza massima sul livello del mare: m 1250 - Lunghezza: circa km 60

Su strada aperta al traffico ordinario: km 50 circa - Su marmifera in alta quota: km 10 circa


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